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RUBRICA – Quando l’esigenza non è quella di progettare un nuovo sito Internet, un e-commerce o una campagna su social network ma è quella di fare branding (ovvero aumentare la riconoscibilità del proprio marchio e aiutarlo a differenziarsi), tutto sembra più nebuloso.
Vediamo perché.

Il concetto di rebranding è così intangibile che rende difficile avere chiaro, fin da subito, l’obiettivo e gli strumenti con cui agire. Il proverbio “il calzolaio va via con le scarpe rotte” ha del vero. Infatti, lavorare sul proprio brand è sempre molto delicato: non ci sono tanti spazi per sbagliare e la portata del progetto di comunicazione impatta direttamente sull’azienda, all’interno e all’esterno.

Questi punti di partenza possono magari spaventare, ma rappresentano anche l’opportunità di portare all’azienda un cambiamento importante nella propria comunicazione e di realizzare un progetto che lascerà il segno.

 

Farsi ri-conoscere 

Innanzitutto, occorre identificare i punti di forza della tua impresa: che cosa la rende unica? La qualità del prodotto? L’assistenza in post-vendita? Il supporto in pre-vendita? La dimensione? Qualche competenza specifica e verticale?

Logicamente le possibilità di risposta sono tantissime e variano da azienda ad azienda, per questo è fondamentale individuare i punti di forza con chiarezza e fermezza. Questi diventeranno i capisaldi di tutta la narrazione di brand e permeeranno ogni strumento di comunicazione di cui ti servirai. 

Di conseguenza, bisogna realizzare una nuova immagine di brand coordinata sia sugli strumenti tradizionali (biglietti da visita, carta intestata, etc.) sia digitali (mail, sito internet, social, etc.). Non per forza è necessario rifare ogni cosa da capo, ma potrebbe essere sufficiente adeguare graficamente quanto già realizzato.

L’importante è la coerenza visiva: non lasciare niente al caso perché il brand viene veicolato anche grazie all’attenzione al dettaglio.

Ricorda: la nuova immagine deve riuscire a mostrare l’azienda in modo allineato rispetto ai suoi punti di forza attuali.

 

Tra nuovi loghi e identità smarrite

Il rebranding può includere l’ideazione di un nuovo nome, una mission, una strategia di posizionamento sul mercato o l’adozione di un rinnovato design, ma, nella maggior parte dei casi, è il logo a subire la modifica principale (quando succede si parla di restyling del logo).

Vediamo qualche esempio di brand conosciutissimi che hanno affrontato questo tipo di cambiamento. 

Da marchi automobilistici che dichiarano ufficialmente la virata all’elettrico con un nuovo logo.

A Burger King che apre il 2021 con un’immagine un po’ più “yummy” e accattivante, che vuole raccontare anche la rinnovata attenzione verso la qualità dei suoi prodotti alimentari.

Oppure, ricordiamo il rebranding (iniziato dapprima della pandemia) dell’azienda più chiacchierata dell’anno, Pfizer, il cui nuovo logo segnala il processo di umanizzazione in atto e la volontà di ridurre la distanza tra le persone e la scienza.

Esistono, però, anche tanti errori da cui trarre insegnamento per evitare di sbagliare. 

Per esempio, è capitato al noto marchio alimentare Kraft che, osando un restyling eccessivo che snaturava l’immagine di brand a cui tutti eravamo abituati, è tornata di fretta sui suoi passi per riappropriarsi della sua identità smarrita.

Anche Mastercard ha pagato caro il suo rebranding del 2006: il pubblico è risultato confuso e disorientato dal cambiamento, così da costringere la multinazionale americana a fare marcia indietro, riprendendo in mano le tradizionali caratteristiche sferiche del brand.

Ricorda: cambiare di tanto il tuo logo richiede al pubblico uno sforzo di riconoscimento che non è sempre detto che sia disposto a fare.

 

Un fatto non raccontato è come se non fosse mai accaduto

Quando ti affidi a un’agenzia di professionisti per il rebranding della tua impresa, non è mai una questione solo di estetica. Il cambiamento porta con sé una nuova consapevolezza che va saputa comunicare al pubblico che vuoi intercettare. 

Una possibile strategia è quella di concentrarsi sulla realizzazione di un evento in un luogo rilevante, raccontando la storia del brand e il suo legame identitario con il territorio. Quindi “think global, do local.

Chi parla è l’azienda, che decide di presentarsi al territorio, ai cittadini, con un evento fisico nel quale parla non solo di se stessa, ma del vissuto collettivo, trattando temi di interesse sociale e di portata globale (es. ecosostenibilità, riscoperta dei rapporti umani, qualità dell’informazione, etc.).

Ovviamente ogni azienda è unica e ha la sua identità. Per questo le azioni di rebranding non possono mai essere uguali e necessitano di strategie di comunicazione pensate ad hoc. 

Un compendio di azioni che ha come obiettivo quello di creare un progetto unico, fortemente riconoscibile, che aiuterà a posizionare il brand e che le persone ricorderanno a lungo. 

Infine, ecco tre consigli che è bene sempre ricordare per fare rebranding:

  • partire dalla conoscenza del brand e di come appare agli occhi dei clienti;
  • meglio semplificare di complicare, senza mai perdere la propria identità;
  • il cambiamento deve essere motivato e comunicato.

Vuoi approfondire queste azioni? Appuntamento ai prossimi articoli di Alleanza Digitale a cura di Creeo Studio!