@1 Lecchesi nel Mondo. Matteo, l’Australia e l’Eldorado che non c’è

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Lavoro, stage, tirocini e non solo… sono sempre di più i giovani lecchesi che cercano “fortuna” lontano dall’Italia. Qualcuno lo fa per scelta, altri quasi per forza non trovando, purtroppo, opportunità concrete in Italia. Con il racconto di Matteo Aondio, partito 9 mesi fa per l’Australia, vogliamo iniziare ad aprire una finestra sui “lecchesi nel mondo” dando spazio a tutti i giovani (e meno giovani) che sono all’estero di raccontare la propria esperienza.
Siamo sicuri di poter ospitare storie curiose, interessanti e persino straordinarie. Ma questo spazio sarà anche un “balcone” privilegiato dal quale tutti i giovani lecchesi potranno osservare un po’ più da vicino il mondo attraverso i racconti dei compaesani all’estero, diventando nel contempo un’opportunità per attingere informazioni, consigli e utili contatti prima di fare le valigie o, magari, cambiare idea e restare nel Bel Paese.
E allora, cominciamo da Meolbourne e dall’esperienza di Matteo…

(Per inviare i vostri racconti scrivere a redazione@lecconotizie.com)

 

MELBOURNE – Non so che idea abbiano a casa dell’Australia, credo putroppo in tanti ancora immaginino questo Paese come l’Eldorado dove fioccano i posti di lavoro, i soldi e tutto quando di bello e piacevole possa esistere. Si crede forse che siamo qui a divertirci tra mare, surf e bella vita ma non è proprio così. La realtà dei fatti è tutt’altro che rosea e basta informarsi un po’ per capire quanta fatica stiano facendo i giovani italiani e non quaggiù. L’Australia è diventata l’ultima spiaggia per la mia generazione ma le possibilità di stare qui e rifarsi una vita da capo come cittadini australiani, sono obiettivamente molto scarse. E quindi perchè venire qui?

Evito di continuare il preambolo che rischierebbe di essere già un articolo a se stante e cerco di andare al dunque un po’ alla svelta (forse, eheheheh…).

Ho scelto di venire in Australia ad agosto dello scorso anno, dopo che avevo passato gli altri mesi del 2012 nella vana ricerca di un lavoro qualificato nel mio campo di studi (turismo). Nonostante avessi come bagaglio due lauree nel settore e altrettante esperienze di studio/lavoro all’estero, nessuno sembrava essere minimamente interessato nel darmi un’opportunità. In quel periodo avevo anche provato a partecipare ad alcuni concorsi per borse di studio internazionali, soprattutto uno riguardante l’Indonesia (dove ero già stato nel 2010) nel quale confidavo molto, ma senza risultati.

Verso maggio ho cominciato ad informarmi su quali potessero essere i paesi con più opportunità di lavoro. Tra il ventaglio dei papabili ero giunto al ballottaggio Australia/Canada. Dal momento che per il primo il visto di lavoro era di un anno con possibilità di estensione, mentre per il secondo solo di sei mesi, scelsi di concentrare le mie ricerche sul paese dei canguri. Tra le cose che feci a quel tempo, la più importante fu quella di scrivere ad un ragazzo di Castello con il quale avevo diversi amici in comune, per chiedere un parere sulla situazione da lui che ci viveva ormai da quasi due anni. La risposta fu positiva con qualche riserva (“i lavori ci sono ma bisogna adattarsi” x esempio, …) e mi fu consigliato di venire verso l’inizio della primavera (settembre/ottobre). Qualche tempo dopo, ad agosto, presi la decisione definitiva e prenotai il volo di sola andata nella prima data utile dopo l’unico evento un po’ di rilievo nel mio scialbo 2012, ossia il matrimonio di mio cugino Luigi.

Ed eccomi al 26 settembre catapultato in una nuova realtà , in una nuvolosa mattinata di Sydney, cominciare il mio anno australiano, totalmente allo scuro di cosa mi stesse aspettando. Il piano era di passare giusto i primi giorni a casa di Daniele (il ragazzo di Castello) e una volta sistematomi con il lavoro, muovermi altrove. Il piano, i piani, progetti… non qui in Australia (dopo mi spiegherò). Giusto il tempo di godermi un po’ Sydney e poi subito sotto alla ricerca di un lavoro. Il primo dopo due settimane, per caso, come distributore di volantini a 15$/h. Accetto subito visto che nel frattempo le spese erano già diventate insostenibili visto il costo della vita australiana (circa una volta e mezzo quello che abbiamo in Lombardia). Fortunatamente il lavoro non era una fregatura (e ce ne sono qui…) e riesco a guadagnarmi i primi dollari. Peccato sia durato solo 6/7 giorni ma la fortuna volle che il mio capo gestisse altri business e quindi mi diede altro lavoro da fare, un giorno come kitchen hand in una fabbrica di alimenti e un altro come ragazzo delle pulizie. Altro colpo di “fortuna” e ne trovo un altro dopo poco e vicino casa (sono ancora da Daniele, come coinquilino però…). Devo distribuire business cards promozionali in luoghi affollati di gente. Lavoro tranquillo che poi si era allargato alla creazione di materiale pubblicitario e web per il business del ragazzo neozelandese x cui lavoravo. Tutto procedeva per il meglio finchè al momento dell’ultimo pagamento (300$ circa), lui disse che non poteva permetterselo in quel momento e in fiducia gli diedi tempo visti i buoni rapporti che avevamo fino a quel momento. Purtroppo quei soldi non li ho ancora visti dopo sette mesi… prima grossa fregatura australiana. Tra l’altro quella cifra era circa il mio budget settimanale (affitto, cibo, trasporti,…) e il mio conto in banca ricominciava a scendere. Niente drammi e subito sotto alla ricerca di altro da fare.

Parentesi: nel frattempo io stavo continuando a cercare lavori nel mio campo, il turismo, ma senza risultati. Anzi pian piano informandomi meglio mi resi conto che forse non li avrei mai trovati… questione di visto (breve), esperienze e altro ancora. Pazienza…

Poco dopo ebbi contemporaneamente ben due proposte di lavoro legate ad annunci a cui avevo risposto, uno come kitchen hand in un hotel e l’altro come aiutante presso un autolavaggio. Senza dubitarne affatto, li accettai entrambi. Per due mesi circa, da metà novembre a metà gennaio sono stati le mie fonti di reddito, non senza fatiche nel far combinare gli orari dei due. Nel primo facevo lo “sguattero” nella cucina di un hotel di una famosa catena internazionale, la paga era minima e gli orari ancora peggio (16/2 del mattino). Però lo staff era gentile e il lavoro non eccessivamente faticoso. Tutt’altro discorso per l’altro, al car wash. Lavoro ripetitivo anche fino a 9h al giorno (tempo e umore del capo permettendo, spesso lavoravo solo 4h…) con solo 15min di pausa, continue lamentele e pressioni dal capo e dai colleghi (indiani). Uniche note positive erano la paga e un contratto regolare.

Nel frattempo ecco arrivate le feste natalizie, tanto lavoro ma anche tanti momenti da ricordare. La routine quotidiana venne rotta dalla visita di un amico di Daniele, Francesco (da Lecco), che era venuto a trovarlo per due settimane. Tutti insieme siamo abbiamo passato un torrida vigilia di Natale (37°) presso i parenti italo-australiani di Daniele mentre il giorno dopo si scatenò il diluvio su una Sydney completamente deserta (impressionante, strade vuote….). Capodanno ad assistere ai fuochi d’artificio in un parco vicino all’Opera House nel quale campeggiavamo dalle 11 del mattino con altre 7/8 mila persone e poi ancora qualche serata fino alla partenza di Francesco.

E poi forse, dal quel momento in avanti, il “giocattolino” Sydney ha cominciato a rompersi. Ho lasciato il lavoro in hotel visto il calo di ore che mi venivano assegnate e mi ero concentrato sul carwash. Poco dopo però ebbi da ridire prima con un collega (che mi trattava male) e poi con il capo visti i continui ritardi e problemi nel pagamento dello stipendio. Lasciai anche quello. Ero stufo di fare lo schiavo di questo e di quell’altro da mesi ormai, senza un lavoro fisso e sempre con l’ansia di fare quadrare i conti, senza potermi godere appieno nè il tempo libero nè l’Australia in sè.

Era da un po’ che mi domandavo se fosse quella la vita che mi immaginavo, se ne valesse veramente la pena. Ogni piano o progetto, vivendo nella precarietà, non stava in piedi. Solo sacrifici fini a se stessi (giusto i soldi per vivere…). Non ero venuto fino qui a farmi prendere in giro o ad annoiarmi a morte. Tanto valeva restarmene a casa allora.

Però da un po’ di tempo, nella mia mente “irrequieta”, mi era solleticata l’idea di provare la classica esperienza dei viaggiatori in Australia, i famigerati 88 giorni/3 mesi in farm per ottenere il l’estensione del visto. Non avevo niente da perdere e avevo bisogno di cambiare aria. Mi sono buttato allora a capofitto nella ricerca di informazioni e lavoro, ma il fatto che non avessi un mezzo di trasporto mio, mi precludeva la maggior parte delle opportunità. E allora cosa ho fatto? Bonifico dall’Italia attingendo dai miei risparmi di una vita e ho comprato (siamo a metà febbraio) una macchina usata in un rivenditore vicino casa. Ora serviva il lavoro che ancora faticavo a trovare (troppo gente in giro per le campagne).

E’ già marzo quando la pazienza finisce (e anche i soldi quasi…). Trovo via internet un compagno di viaggio interessato alle farm e la sera stessa che decidiamo di partire verso sud e il Victoria, troviamo un contatto e un probabile lavoro come raccoglitori di limoni lungo la strada. Una volta sul posto ci accorgiamo che si trattava invece di una farm di arance ma comunque il lavoro c’era. La paga non era oraria ma a cottimo per 28$ a bin (un grosso cesto per la raccolta della frutta). Il giorno dopo cominciamo e formiamo un team di raccolta con altri backpackers inglesi. Non ci volle molto per capire che ci voleva un’eternità a riempire i bin (400/500 kg l’uno), il lavoro era faticoso e sotto un sole cocente. Continuamo ancora per un paio di giorni e poi decidiamo di cercare un altro lavoro visto che eravamo riusciti a racimolare poco meno di 150$ in tre giorni…

Nel frattempo avevo conosciuto nella farm una coppia di fidanzati di Savona grazie ai quali ci eravamo procurati un altro lavoro lì vicino presso una farm di zucchine (gestita da indiani) dove loro avevano già lavorato a gennaio. Era disponibile anche l’alloggo il cui costo sarebbe stato decurtato dalla paga, un container molto molto spartano… Il lavoro in sè consisteva nel raccogliere quotidianamente le zucchine e saltuariamente affiancato dal packing (confezionamento) pomeridiano ed altri piccoli lavori agricoli. Paga misera (13$/h) ma non eravano nella posizione economica per poter rifiutare. Lì ci sono rimasto per ben 5 settimane, tra alti e bassi dovuti per lo più al poco lavoro (non era pesante) e al troppo tempo libero. La farm non era lontanissima da Griffith (NSW), ma comunque in mezzo al nulla e senza aver disponibilità di connessione a internet. Per fortuna la compagnia di backpackers era buona per non dire ottima, e abbiamo passato dei bei momenti insieme, soprattutto il giorno di Pasqua.

Poi però il “team” si sfaldò un po’ per problemi economici sui pagamenti del farmer e un po’ anche per volontà di alcuni di cambiare aria. Ammetto che gli ultimi 10 giorni furono trai più noiosi dovuti principalmente all’arrivo di un gruppo di francesi, del tutto fuorchè simpatici. Eccoci arrivati a metà aprile quando lascio la farm e mi dirigo per una breva vacanza vicino Wollongong (2h a sud di Sydney) insieme agli amici di Savona. Progettiamo qui di viaggiare un pochino in direzione di Melbourne lungo la Princess Highway, la strada costiera dai panorami mozzafiato, per poi cercare lì in zona altri lavori. Durante il viaggio scrivo ad un contatto che avevo per chiederle informazioni. Trai numeri di telefono ricevuti e le chiamate effettuate, salta fuori un possibile lavoro di 3 settimane come raccoglitore di mele. Cambiamo allora programma e ci dirigiamo in giornata verso Silvan, in Yarra Valley. Un viaggio lungo dieci ore…

Qui comincia l’ultimo capitolo delle mie esperienze in farm, tutt’ora in corso. Tramite il padrone di casa che lavora per un’agenzia interinale riusciamo a trovare una serie di lavori saltuari. Come dicevo ho cominciato con le mele, poi ho lavorato per un famoso vivaio di piante (“pulivo” dalle foglie le piante destinate alla vendita) per due settiamane e altrettante (ancora in corso) come manutentore nei vigneti locali (rimozione di piante e preparazioni delle viti per la prossima stagione).

Ecco qui il resoconto dei miei quasi nove mesi australiani. Non ho la più pallida idea di come si evolverà il mio futuro qui. Da una parte avrei voglia di cambiare aria e lavoro, visto che sono cento giorni che lavoro in farm e all’aria aperta. Qui è autunno, fa freddo e piove spesso e sono abbastanza stufo. Dall’altra però, viste le esperienze maturate finora, non posso permettermi di lasciare il lavoro e vagare a zonzo senza idee e in altro posto in cui ricominciare. E’ costosa la vita qui come ho già detto, e visto che in questi mesi sono finalmente riuscito ad accomulare denaro, sarebbe da stupidi sperperare il frutto delle mie fatiche. Se estendere il visto oppure no, non ci ho ancora pensato…

Questa è la mia storia, fatta di alti e bassi, così come quella di molti altri qui. Qualcuno è stato bravo e fortunato e ha trovato il lavoro che cercava. Tanti altri però, specialmente da gennaio in poi, stanno penando e non poco in giro per l’Australia. La crisi è arrivata in parte anche qui e c’è troppa manodopera stagionale rispetto ai lavori disponibili.

Finisco dicendo che non mi sento di consigliare spassionatamente ai ragazzi di venire qui alla spera in Dio. Bisogna pensarci, informarsi ed essere pronti a tutto. Senza lavoro qui, si sperperano centinaia di dollari la settimana col rischio di trovarsi sia col conto corrente australiano che con quello italiano pericolosamente in calo. Con il visto vancaza-lavoro le probabilità di lavori qualificati non sono tante, salvo nella ristorazione (come cuochi) e in qualche altro settore specifico. Se sei alla prima esperienza dopo le superiori o già un lavoratore quasi trentenne, qui si parte dallo stesso punto… da zero. A tutti quelli che volessero partire auguro un grosso in bocca lupo, sperando anche nella buona sorte. Per ora è tutto da qui.
Ciao a tutti da Melbourne,
Matteo