
LECCO – “E’ venerdì a Istanbul, eppure la città è deserta, le strade sono presidiate da numerosi poliziotti, le moschee sono poco frequentate, nonostante il giorno di preghiera, e per entrare al Gran Bazar, come in tanti altri posti, bisogna passare da uno scrupoloso controllo. Controllano tutto, le borse, i corpi, le tasche delle giacche e dei pantaloni, ad alcuni anche le scarpe. Nell’aria e negli occhi delle persone c’è qualcosa che fa percepire che qui non sarà più come prima, almeno per il momento”.

A condividere queste impressioni, direttamente da Istanbul, è la lecchese Maria Pia, che nella città turca si è dovuta recare per lavoro tra mercoledì 12 e venerdì 15 gennaio, ovveri nei giorni immediatamente successivi all’attacco terroristico avvenuto in piazza Sultanahmet, nel cuore della Istanbul turistica, costato la vita a dieci persone.

Pochi giorni, ha detto la lecchese, ma sufficienti per captare un cambiamento nella splendida città, meta gettonata da turisti di tutto il mondo: “Io e il mio collega abbiamo terminato il lavoro prima del previsto, e dovendo aspettare fino a sera per tornare in Italia abbiamo sfruttato la giornata per fare un giro in città” ha spiegato Maria Pia, che a Istanbul, come ha raccontato, era già stata meno di un anno fa, da turista.

“Desideravo andarci da anni – racconta – e non avevo dubbi, ne è valsa veramente l’attesa. Ero rimasta abbagliata dalla bellezza dei suoi monumenti, del suo ambiente, della sua gente. Mi aveva entusiasmato la multiculturalità, la convivenza pacifica tra etnie così diverse, la gentilezza delle persone. Nel complesso, una delle città più belle dove sono stata”.

L’atmosfera oggi, così come l’ha tratteggiata la lecchese, è molto cambiata e non può non lasciare l’amaro in bocca.
Di seguito riportiamo il racconto che Maria Pia ha voluto condividere:

“E’ venerdì a Istanbul, eppure la città è deserta, le strade sono presidiate da numerosi poliziotti, le moschee sono poco frequentate, nonostante il giorno di preghiera, e per entrare al bazar delle spezie, come in tanti altri posti, bisogna passare da uno scrupoloso controllo. Controllano tutto, le borse, i corpi, le tasche delle giacche e dei pantaloni, ad alcuni anche le scarpe. Niente a che vedere con la vivacità e la spensieratezza della prima volta che sono stata da queste parti. Nell’aria e negli occhi delle persone c’è qualcosa che fa percepire che qui non sarà più come prima, almeno per il momento”.

“Passeggiare per le strade di Istanbul oggi – venerdì (ndr)- è stato strano: la zona turistica della città, colpita dall’attentato, è irriconoscibile. Piazza Sultanahmet, che ricordo un brulichio di persone, è presidiata da macchine e agenti della Polizia. Pochi abitanti e pochi turisti per strada, si aggirano quasi furtivamente, nei loro occhi c’è spavento, atterrimento. Vedo la maestosa Moschea Blu e, poco distante, Aya Sofia, ma nessuna lunga coda per visitarla. Camminiamo, io e il mio collega, in silenzio. Quello che percepisco è molto diverso da quello che avevo provato la prima volta passeggiando qui, quando guardandomi intorno mi sembrava di respirare veramente la maestosa storia di questa città. Ora è un po’ come se tutto si fosse improvvisamente cancellato, lasciando solo un brutto ricordo”.

“E’ l’una, fuori dalla Moschea Blu c’è – stranamente – una folla: vengo a sapere poco dopo che si tratta della commemorazione pubblica per le vittime dell’attentato, a cui ha partecipato anche il presidente Erdogan. Sento il muezzin che canta, ma non ci avviciniamo, questa volta osserviamo da lontano. Fuori dai quartieri turistici la situazione sembra più normale: nonostante la presenza della polizia e i controlli costanti, per strada c’è più gente, forse qui quanto successo nel centro turistico è percepito solo come un eco…”
“Dopo aver mangiato un Fish Kebab ci sediamo in un bar per bere qualcosa. Il barista è giovane, iniziamo a parlare con lui. Ci racconta che l’attentatore è siriano – dicono – e di aver sentito che una ragazza, guida turistica, era sul luogo dell’attentato con un gruppo di 70 coreani – o cinesi, non ricorda – quando ha notato il kamikaze, facendo scappare tutti. ‘E’ l’Is’ ci dice. In turco ha un altro suono, non saprei scriverlo”.

“E’ triste che un luogo così bello, così come tanti altri luoghi nel mondo – non dimentico Parigi – sia stato colpito da qualcosa di così brutto e irrazionale. Penso che chiunque come me sia stato a Istanbul almeno una volta proverebbe sentimenti contrastanti nel vedere l’atmosfera surreale che si è creata in queste strade, tra queste persone. Quasi 15 milioni di abitanti non possono scomparire né sottrarsi alla vita di tutti i giorni comunque: come lontano dal centro turistico pian piano lo shock sta diminuendo, così spero che presto questa splendida città possa riprendersi dalla ferita e continuare ad entusiasmare, come ha sempre fatto, i suoi visitatori”.

Di seguito alcune immagini scattate da Maria Pia nella giornata di venerdì a Istanbul: