Abusi su minori anche a Lecco: un progetto per “armare” i nostri figli

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LECCO – Un cancro che non risparmia il territorio lecchese, quello degli abusi sui minori: tra i 30 e i 40 casi l’anno quelli trattati da Asl Lecco, secondo quanto riferito ieri dalla dott.sa Margherita Pozza (Servizio Famiglia Infanzia ed Età evolutiva) che ieri ha coordinato il convegno “Sguardo d’Infanzia” incentrato in particolare sulla prevenzione della violenza e del modo in cui poter affrontare con il bambino un tema così delicato.

All’appuntamento, promosso da Asl insieme alla cooperativa “Specchio Magico” e il Ministero delle Pari Opportunità (in collaborazione con Provincia, Ufficio Scolastico Provinciale e il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci del Territorio) sono intervenuti il direttore sociale di Asl Lecco, Massimo Giupponi, l’assessore provinciale Antonio Conrater, il sindaco Guido Agostoni e la prof.sa Miriam Cornara; davanti a loro, in una gremita sala Ticozzi, una platea di professori, insegnanti e di volontari di enti  e cooperative sociali.

Sappiamo che  il 70-80% degli abusi accadano all’interno della famiglia – ha spiegato la dott.sa Pozza – a carico solitamente di figure maschili che possono essere il padre del minore, il compagno della madre oppure ancora parenti molto stretti come zii e nonni; più rari sono invece i casi di abuso extra famigliare ma in entrambe le situazioni è necessario attuare un intervento di supporto che non coinvolge solo il bambino ma che si estende alla madre e alle persone vicine alla vittima”.

Entrambi i casi provocano effetti devastanti nel piccolo, ma ben più gravi si rivelano gli episodi compiuti tra le mura domestiche: “Il bambino in questo caso ha subito un lungo percorso nel quale è stato oggetto prima di attenzione consuete d’affetto che sono poi diventate qualcosa di diverso fino all’abuso – ha proseguito la dott.sa Pozza – non c’è un momento focale ma è tutto un divenire in un lungo periodo di confusione nel quale la vittima non sa cosa gli sta capitando; paradossalmente è meno dannoso l’abuso da parte di un soggetto estraneo, che si pone come nemico esterno contro il quale l’intera famiglia si allea; c’è invece il positivo e negativo che si fondono nel famigliare fin a farlo divenire quello che i giornali definiscono un mostro”.

Di qui l’importanza di un incontro che ha visto tra i protagonisti il dott. Alberto Pellai, esperto di prevenzione in età evolutiva, insieme a Rocco Briganti, presidente della onlus “Specchio Magico” e fautore del progetto “Porcospini” di prevenzione degli abusi.

Si tratta di un progetto di prevenzione primaria che lavora sul supporto al bambino, donandogli una serie di competenze, una sorta di cassetta degli attrezzi basata su quelli che sono gli aspetti tipici dell’adescamento – ha spiegato il dott. Briganti –  si lavora potenziando quelle che si definiscono le “life skills”: l’obbiettivo è quello di rendere il bambino meno fragile e più capace di auto-protezione, anche perché la prima vittimizzazione è imprevedibile e non preventivabile. Può succedere in contesti dove l’attenzione della famiglia o della scuola o di qualsiasi agenzia educativa, nella quale è inserito il bambino, non può non essere sufficiente”.

Il progetto, partito nel 2008  e con il contributo del Lions Club Val San Martino, prevende cinque incontri da due ore improntati su temi chiave (sull’autostima, sulla consapevolezza, sulla capacità di dire dei no, di chiedere aiuto e di indentificare gli adulti di riferimento) e svolti all’interno di diverse scuole elementari del territorio calolziese e olginatese, nel meratese ed e anche nell’erbe. Target di riferimento sono gli alunni di  quarta elementare, definiti in un’età di mezzo rispetto alle consapevolezze affettivo-sessuali. Fin ora sono state coinvolte 100 classi ed oltre due mila bambini.

“E’ un tema che evidentemente spaventa le famiglie e gli stessi genitori a margine degli incontri si fermano a parlare con gli operatori, spiegando anche le loro situazioni familiari.  Per questo abbiamo creato un format apposito in cui  i genitori che all’interno della mattinata di formazione svolgono le stesse attività dei figli;  ciò funziona molto bene, perché i genitori vedono, capiscono  il dietro le quinte del progetto e vivono in prima persona gli imbarazzi, le difficoltà e le ambivalenze del compromissorio della vita adulta”.