Cosa fa una città? Lecco si interroga su identità e futuro

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LECCO – Un capoluogo di provincia trasformato, diverso rispetto al suo passato industriale, che ora si interroga su quel che sarà il suo futuro, sulle occasioni per un nuovo cambiamento: Lecco riflette sulla sua identità e lo fa giovedì sera in un auditorium colmo di gente, quello della Casa dell’Economia, sintomo della sensibilità dei lecchesi sul tema proposto.

L’incontro è organizzato dalla chiesa ambrosiana, dalla Basilica di San Nicolò in collaborazione con il Comune e la Camera di Commercio; “cosa fa una città?” è la domanda posta alle diverse anime cittadine, imprenditori, professionisti e amministratori, al mondo cattolico e universitario, in un confronto di idee su una comunità che guarda al suo divenire.

 

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Saranno le famiglie la base da cui ripartire? Oppure le nuove generazioni, o le fasce più deboli, i poveri e i migranti? Oppure ancora le sue bellezze paesaggistiche e naturali? Il filmato che apre l’incontro, lancia la riflessione. Modera Riccardo Bonacina, direttore di Vita.

“La città siamo tutti noi, ed anche chi non vi abita e la frequenta – sottolinea mons. Maurizio Rolla, intervenendo per primo tra i relatori – e vi deve essere dialogo, perché il dialogo generale le condizioni, mette in moto processi. Lecco è come il ferro, è difficile da lavorare ma quando si scalda può fare tutto”.

La metafora evoca la tradizione manifatturiera cittadina che in anni recenti ha lasciato spazio ad altri settori dell’economia, in primis quello dei servizi. “Abbiamo detto addio alle grandi fabbriche, alla fiumana delle tute blu, abbiamo perso tanti posti di lavori negli ultimi anni, ma è sbagliato pensare che Lecco abbia perso anche la sua industriosità – spiega l’imprenditore Plinio Agostoni – sono diminuite le aziende manifatturiere ma il numero delle attività è aumentato rispetto agli anni ’80. Lecco cambia perché resiste, resiste perché cambia, così come hanno saputo fare tante delle sue imprese”.

 

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Il sindaco Brivio, alle sue spalle monsignor. Rolla e Daniele Riva, presidente della Camera di Commercio

 

Una città che ha “il saper fare nel suo DNA”, ricorda il presidente dell’ente camerale, Daniele Riva, “ma che deve anche saper essere, saper divenire – per l’architetto Giulio Ceppi che esorta ad abbandonare la malinconia verso ciò che è stato – qui c’è anche tanta conoscenza, non solo memoria. Lavoriamo sulla nostra area vasta, sulle relazioni, perché una città è il luogo di scambio per eccellenza. Il turismo? – prosegue l’architetto – oggi i nostri competitor sono i paesi vicini come Varenna, creiamo con loro continuità e reciprocità”.

Il futuro è anche novità, “oggi cosa c’è di nuovo in città? – pone la domanda Mauro Gattinoni, direttore di Api Lecco – i giovani del Politecnico lo sono, quella potrebbe diventare la più grande industria di futuro”. Non può che esserne d’accordo il prorettore Marco Bocciolone: “il nuovo saremo in grado di capirlo solo se avremo persone preparate per coglierlo”.

 

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Da sinistra: don Filippo Dotti, Luisa Minoli (Nostra Famiglia), Mauro Gattinoni (API) e Riccardo Bonacina

 

“Sobrietà” dovrà essere la parola d’ordine per il docente universitario Silvano Petrosino, “perché il grandi palazzi e il lusso sono come gli idoli, dopo una prima scintilla di stupore lasciano solo insoddisfazione” e quindi bisogna richiamarsi a valori di umanità, “una città a cui dare noi stessi per il bene comune”, dice Luisa Minoli, presidente de La Nostra Famiglia.

 

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Plinio Agostoni (Icam), il prorettore Marco Bocciolone, l’architetto Giulio Ceppi, il prof. Silvano Petrosino

 

La trasformazione è già in atto, “dobbiamo riscoprire il nostro passato ma essere disponibili alle nuove sfide, partendo dai quartieri, dal mondo dell’associazionismo, dalle contraddizioni che possono essere foriere di occasioni di crescita” afferma il sindaco Brivio. “La serietà è nel carattere dei lecchesi, dalle generazioni precedenti alle nuove – ricorda don Filippo Dotti – e questo può aiutarci a guardare verso l’infinito. Perché allora non sono stati invitati anche i giovani a parlare con noi ?”.

Letture e musica aiutano la riflessione: Luca Radaelli legge il primo capitolo dei Promessi Sposi, risploverando nelle menti di tutti quanto sia bella la descrizione che il Manzoni fa della nostra terra, mentre alle note della chitarra di Davide Van De Sfroos, dopo lo scambio di pensieri con Aldo Bonomi, il compito di chiudere la serata all’auditorium.

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