Dal Belgio alla Turchia in bici, l’avventura di Mattia e Alberto

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Alberto Varni e Mattia Biffi in Belgio, prima della partenza della 4^ TCR Belgio-Turchia

 

LECCO – Dal Belgio alla Turchia in bicicletta, un percorso di 3.700 km (50 mila metri positivi di dislivello) attraverso 16 paesi: è la Transcontinental race, randonnée estrema giunta alla sua 4^ edizione e che quest’anno ha visto al via, lo scorso 29 luglio dal mitico muro di Grammont in Belgio, ben 300 corridori.

Tra di loro due lecchesi, il 30enne Mattia Biffi e il 50enne Alberto Varni, che insieme hanno corso – ma soprattutto vissuto – questa splendida gara.

 

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I due lecchesi con il sindaco di Geraardsbergen, paese da dov’è partita la Transcontinental Race 2016 lo scorso 29 luglio

 

Rientrati domenica, un mese dopo la partenza dal Belgio, i due lecchesi del team “Pedale Lecchese” raccontano con entusiasmo vivo l’esperienza della Transcontinental race appena conclusa. Per entrambi non è la prima volta come spiegato: “Avevamo partecipato due anni fa, ma non in coppia – ha spiegato Alberto – ai tempi si poteva correre solo singoli. Il primo anno della Tcr gli iscritti erano 30, quando abbiamo partecipato due anni fa eravamo in 100, quest’anno al via c’erano 300 persone. Hanno inserito dall’anno scorso l’iscrizione in coppie, io e Mattia ci siamo così presentati insieme, con un unico obiettivo: raggiungere il traguardo nel mese di tempo a disposizione, vivendo a pieno il viaggio e ogni suo risvolto”.

 

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Poche e semplici le regole della gara, nel più classico senso della randonnée: arrivare al traguardo nel tempo massimo (un mese dalla partenza), da soli, in bici, senza assistenza, passando attraverso i diversi check point allestiti lungo il percorso, per il resto liberamente percorribile con l’aiuto di navigatori o, come nel caso dei due lecchesi, con una semplice e tradizionale carta geografica.

Partiti dal Belgio i ciclisti hanno attraversato Francia, Svizzera, Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia, Montenegro, Kosovo, Macedonia, un tratto di Serbia e Grecia, per approdare a Canakkale, città turca sullo stretto di Dardanelli, traguardo dell’edizione 2016.

 

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Come spiegato il percorso individuale dei partecipanti viene “controllato” da appositi gps consegnati all’inizio della gara: “Si tratta di gps molto sensibili, simili a quelli che si utilizzano per i carcerati, rilevano persino gli spostamenti a piedi. Con questi gli organizzatori verificano che tutti i check point vengano raggiunti e che nessuno faccia il ‘furbo’ percorrendo tratti in macchina o attraverso altra assistenza” hanno spiegato i lecchesi.

 

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Tra le Alpi Svizzere, vista sull’Eiger

 

“La premessa d’obbligo è che noi l’abbiamo presa anche e soprattutto come vacanza – ha detto Mattia, meccanico, che la Transcontinental race se l’è regalata per il 30esimo compleanno – e così l’abbiamo vissuta: fermandoci spesso, visitando luoghi, conoscendo persone, facendo festa. Al via ci sono tanti atleti, tanti professionisti, che corrono per migliorare il proprio tempo, tanti altri partono carichi e dopo pochi km si ritirano perché stanchi. Noi l’abbiamo presa non come gara ma come esperienza di vita, e siamo tornati con un bagaglio importante”.

 

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Panorami del Montenegro

 

“Sono partito dal Belgio con 300 km di allenamento e una bici neanche troppo nuova– ha detto Alberto – ma sono arrivato a Canakkale, come avevo promesso all’organizzatore, nostro amico: loro soprattutto ci tengono molto che chi parte arrivi fino alla fine, non importa con che tempo. Poi certo i mostri non mancano, l’esempio è il primo di quest’anno, Kristof Allegaert, che ha chiuso la Tcr in 8 giorni e 15 ore”. Come specificato, la classifica a fine gara è ufficiosa e per i vincitori non c’è premio: l’importante è partire e arrivare al traguardo, entro il mese di tempo stabilito.

 

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Lungo il loro viaggio Alberto e Mattia hanno così visto e conosciuti luoghi e persone, che rimarranno nel cuore: “E’ incredibile come le persone ti accolgano – ha commentato Mattia – dal Belgio ai Balcani la sensazione è stata la medesima, di disponibilità e accoglienza genuina: persone disponibili ad indicarti la strada, a darti da bere, a offrirti un bicchiere di vino, qualcosa da mangiare, ad ospitarti a dormire. E’ la parte migliore del viaggio, quella che ti rimane dentro e che ti porti ovunque”.

 

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Non sono mancate le fatiche, naturalmente: “Il percorso è di 3.700 km, il dislivello da superare è di oltre 50 mila, di cui la maggior parte tra le Alpi e le Dolomiti – ha detto Alberto – le salite spezzano, vanno affrontate con la testa oltre che col corpo. Poi c’è da dire che soprattutto in Dolomiti ci sono state delle tappe fuori programma presso amici alpinisti…dopo una giornata particolarmente impegnativa, dal punto di vista del bere e del mangiare, siamo finiti a dormire sotto quello che sembrava essere un monumento dei caduti, in zona Trieste. Al mattino ci siamo svegliati e c’era un signore che annaffiava…eravamo nel giardino di casa sua! In Montenegro invece abbiamo dormito in una casa in costruzione, ci hanno svegliato i muratori, temevamo il rimprovero invece loro erano entusiasti, ci hanno offerto la colazione”.

 

14_SLOVENIA_i paesaggi cambiano

 

 

Sfatato il mito dei Balcani “pericolosi” e “inospitali”: “Tanti dei partecipanti, soprattutto, spiace dirlo, italiani, fanno passare la sensazione del pericolo e che la Tcr sia qualcosa di infattibile: non è vero. Certo le accortezze vanno prese, ma tutto il mondo è paese, se arrivi col sorriso ti restituiscono il sorriso” hanno commentato Mattia e Alberto.

 

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Al confine turco

 

Indimenticabile dunque l’arrivo a Canakkale, in compagnia di una determinata e forte ragazza taiwanese, Min, che si è aggregata ai due lecchesi per gli ultimi 4 giorni: “All’arrivo foto e mail per gli organizzatori, una foto davanti al cavallo di Troia – non quello vero, quello del film con Brad Pitt – e, naturalmente, un salto dal barbiere…vuoi non farti la barba, in Turchia, dopo un mese di bicicletta?” hanno concluso sorridendo.

 

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Del Pedale Lecchese ricordiamo anche altri due atleti che hanno disputato delle randonnée estreme: Colombo Silvano (Trans am Bike: cost to cost degli USA); Valsecchi Isidoro (1001 miglia)

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