Dal buio al ritorno sul ring: intervista al pugile Luca Marasco

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luca marasco

CALOLZIO – Dopo quattro anni lontano dai riflettori, il campione di boxe Luca Marasco è pronto a tornare sul ring. Il trentunenne pugile calolziese ha deciso di lasciarsi alle spalle il periodo nero trascorso dopo la sconfitta in occasione della gara per il titolo intercontinentale e da alcuni mesi si sta allenando duramente alla palestra “6.24” di Bergamo, seguito da Ottavio Caloi e David Arsuffi, per tornare a far brillare il proprio nome nella boxe agonistica.

Il suo prossimo incontro è previsto per i primi di maggio e in attesa di vederlo sul ring Marasco ci racconta la sua storia in questa intervista.

-Come è iniziata la tua carriera nel pugilato?

“Ho iniziato a fare pugilato quando avevo 13 anni, prima praticavo il Karate, da dilettante ho fatto un centinaio di incontri, di cui 30 con la Nazionale. Negli anni ho concorso per il titolo di campione italiano, per i campionati mondiali ed europei e ho vinto medaglie in diversi tornei internazionali. A fine 2007 sono passato nei professionisti dove ho fatto 18 incontri, di cui i primi 16 vinti, ho vinto 4 titoli italiani, la Coppa Italia e un’Intercontinentale, poi nel il 18 agosto del 2011 ho perso il titolo intercontinentale a Ibf e ho interrotto”.

-Perché hai deciso di lasciare la box nonostante tutti i successi che avevi ottenuto?

“In quel momento non avevo la testa a posto, non ero abbastanza forte caratterialmente, ero troppo distratto dal mondo che mi circondava e, purtroppo, non ero seguito bene, non tanto per quanto riguarda il fattore tecnico pugilistico, ma per tutto il resto, ad esempio la dieta da seguire ed evitare i problemi di peso che mi perseguitavano. Io sono alto 1.67 e per mantenere la mia categoria (i pesi leggeri) devo tenermi sui 60 kg, su questo aspetto non ero seguito nel modo giusto, facevo diete drastiche, in cui perdevo fino a 10 kg in un mese e, come si dice, ‘il sacco vuoto non sta in piedi’, difatti i risultati negativi sono iniziati ad arrivare sul ring. Dopo aver perso contro Emiliano Marsili il titolo italiano mi sono scoraggiato, tutta la cerchia di persone che avevo intorno è sparita, nessuno mi ha spronato ad allenarmi e l’anno dopo mi hanno mandato sul ring per combattere per il titolo intercontinentale, sono 12 riprese e io ero insicuro su tutto, non ero allenato e ho perso. Da lì è stata una caduta libera, ho schifato questo sport, ho iniziato a bere e a spendere soldi in discoteca: ho iniziato a vivere una vita che per me era inutile, stavo sprecando il mio talento”.

-Che cosa ti ha spinto a prendere la decisione di tornare sul ring dopo quattro anni?

“Ho iniziato a lavorare come metronotte, ma mentre guardavo i match alla tv sentivo di stare male: sapevo di far parte di quella cerchia e di esserne all’altezza. Ho visto Marsili combattere per il titolo mondiale, io sapevo quanto valevo come pugile, ma stavo facendo tutt’altro e mi sono detto che dovevo darmi una svegliata. Un giorno ho incontrato un ragazzo e sono andato con lui a fare un giro alla palestra di Bergamo, mi sono sentito subito a mio agio, era il mio ambiente, così ci sono andato altre volte, ho conosciuto la mia attuale compagna, anche lei fa pugilato e ho iniziato ad allenarmi con lei. Ci sono stati un insieme di segnali che mi hanno fatto capire quale doveva essere il mio obiettivo, si sono aperte più porte insieme. Ora voglio tornare a combattere e punto a più di un titolo italiano perché sento che questo è il mio momento”.

-Che percorso hai iniziato a seguire nel momento in cui hai deciso di scendere di nuovo in campo?

“Sono entrato in palestra quattro mesi fa e pesavo 86 kg, ora sono già a 69 kg e per combattere devo scendere almeno a 65 kg. Perdere peso è il primo passo da fare, ma bisogna compierlo nel modo giusto, una dieta sbagliata non ti permette di stabilizzarti su un peso preciso. Questo aspetto era quello che mi preoccupava di più, il passato caratterizzato da diete drastiche e sbagliate mi aveva traumatizzato, ora, con la dieta giusta non sto subendo stress psicologico. Nei primi mesi di questo nuovo percorso mangiavo uno yoghurt al mattino con un frutto o cereali, pasta in bianco o riso a mezzogiorno, frutta al pomeriggio e carne o pesce a cena, mentre ora ho cambiato: al mattino bevo acqua tiepida con limone, zenzero e miele, alle 10:00 mangio pasta con pesce, a mezzogiorno verdure crude, al pomeriggio yoghurt e per cena o passato di verdura oppure carne. Pian piano devo calibrarla, perché perdendo kg il corpo diventa più sensibile, mi sta seguendo la mia fidanzata in e mi sento tranquillo. Quando arriverò a 65 kg, infine, mi affiancherà un nutrizionista che lavora per la mia palestra. Si mangia troppo spesso per puro piacere, ma bisogna iniziare a capire che il cibo è un carburante per il corpo che serve per raggiungere i proprio obiettivi, in questo modo la mente si libera dell’ossessione per il cibo fine a se stesso e diventa un aiuto. Oltre all’aspetto del cibo, poi, bisogna considerare anche il ritmo sonno veglia che deve essere regolare”.

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Come è la tua giornata tipo adesso?

“Mi sveglio alle 6:30, alle 7:30 vado a correre, nel solo mese di gennaio ho fatto 165 km, poi vado in palestra e lavoro fino alle 12:00. Pranzo e mi riposo a casa fino alle 17:00, quando torno ad allenarmi fino alle 20:00. Esco dalla palestra e ripasso gli allenamenti con la mia ragazza a casa. Alle 23:30 dormo e il giorno dopo si riparte. Tengo questo ritmo tutta settimana, mentre nel weekend continuo col lavoro notturno di metronotte, al momento non ho smesso di fare questo lavoro anche se non è nei miei piani futuri”.

-Quali sono le altre caratteristiche che si devono avere per salire sul ring col piede giusto?

“Per chi fa pesi in palestra è importante avere forza massimale, mentre nel pugilato si deve lavorare per ottenere la forza esplosiva, poi servono tanta agilità e la capacità di guardare negli occhi l’avversario. La testa resta la cosa più importante, parte tutto da lì perché se in testa hai 50 e nel corpo 100 sul ring otterrai solo 50, mentre se, viceversa, nella testa hai 100 e nel corpo solo 50 sul ring riesci a ottenere lo stesso 100. Serve strategia mentale, soprattutto nei professionisti dove in un incontro ci sono tante riprese”.

-Quali sono le tue prerogative?

“Nella boxe i colpi partono dalle gambe, mentre il braccio è lo strumento per tirare i colpi: io di gambe sono sinistro, mentre il mio braccio forte è il destro e questo mi permette di cambiare velocemente le guardie. Le arti marziali che ho fatto da bambino, invece, mi hanno aiutato nella coordinazione motoria, aspetto fondamentale perché il pugilato è proprio uno sport di coordinazione motoria”.

-Cosa pensi gli istanti immediatamente prima dell’inizio di un match?

“Tutti i pugili si preoccupano dell’avversario nei primi match della loro carriera, ma il segreto è non preoccuparsi mai dell’avversario. Certo a grandi livelli è giusto studiare le caratteristiche di chi incontrerai, guardare qualche sua gara, ma principalmente si deve restare concentrati su stessi. I giorni prima di un match mi rilasso, suono il pianoforte che è una mia passione, e penso a salire sul ring con il giusto ‘bagaglio’ che mi sono preparato lavorando in palestra. All’avversario devi pensare alla fine del match, per portargli rispetto: è con lui che hai fatto la tua prestazione, nel momento in cui esci vincitore è grazie a lui che ha combattuto con te, questa è una cosa da non dimenticare”.

-c’è un pugile a cui ti ispiri?

“Mi piace ispirarmi a Yuriorkis Gamboa, mi rivedo un po’ in lui, e ultimamente sto seguendo il ragazzo portoricano che ha vinto l’oro a Londra, mi piacciono i pugili latini, hanno il ritmo nel sangue e nella box è molto importante avere ritmo”.

-Cosa ti aspetti dal tuo prossimo incontro? Hai paura di perdere?

“La paura c’è in tutti i pugili, è quella di non sbagliare e ti permette di fare le cose nel modo giusto, ma la cosa più importante è che ora ho fame, quella che avevo perso nell’ultimo periodo. Ciò che porta un pugile ad essere un vincitore è la fame che ha, la motivazione. Sul ring salgono tre persone: l’atleta, l’uomo e il pugile. Si lavora prima di tutto in palestra, è lì che si soffre per farsi il bagaglio da portate sul ring e importante è l’allenamento ‘fuori dal ring’, quello nella vita di tutti i giorni. Prima ero troppo debole e cedevo ai vizi, agli aperitivi al bar, mentre ora sono forte: potrei stare in mezzo ai lupi, ma non diventerei un lupo perché adesso ho un obiettivo. Non so che risultato avrà il match, non lo posso sapere, ma sono sicuro che farò bene e chiuderò la bocca ai tanti che hanno parlato male di me, a tutte quelle persone che hanno detto la loro quando ho iniziato a perdere e che ancora adesso mi consigliano di rinunciare e non tornare sul ring”.