Don Virginio Colmegna a Mandello: “Dai migranti ho imparato molto”

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Don Virgilio - Teatro Mandello (1)

MANDELLO – Si è aperto con una provocazione positiva e si è chiuso con un messaggio di speranza e una sollecitazione all’ottimismo l’incontro organizzato venerdì 28 febbraio dal Comune e dalle Parrocchie di Mandello sul tema dei migranti e dell’integrazione nel segno dei diritti umani.

A parlare, al cinema teatro comunale, di un tema tanto attuale quanto impegnativo, considerato che al fenomeno dei migranti si accompagnano spesso veri e propri casi di emergenza umanitaria, è stato don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani” di Milano. Con lui Valentina Brinis, sociologa e ricercatrice.

Una provocazione e un messaggio di speranza, si è detto. La provocazione l’ha lanciata – dopo il saluto introduttivo del sindaco, Riccardo Mariani, e il suo richiamo a uno scenario sempre più attuale e all’esigenza di una forte riflessione civile – il vicario della parrocchia mandellese del “Sacro Cuore”. “Facciamo sempre più fatica a discutere dei problemi di tutti – ha detto don Andrea Del Giorgio – ma questo è un impegno che siamo tenuti ad assolvere e a portarci qui stasera è stato anche il Vangelo, che ci dice che Dio non fa preferenza di persone”. “E se mai dovesse scegliere – ha aggiunto – forse i prescelti non saremmo noi”.

Il messaggio di speranza l’ha lanciato don Virginio Colmegna. L’ex direttore della Caritas ambrosiana a conclusione dell’incontro ha affermato: “Il fenomeno migratorio fa cambiare anche noi, ma è indispensabile una grande capacità di riflessione. Io tuttavia non riesco a essere pessimista e a tutti voi dico che occorre avere speranza e dunque anche rischiare un po’”. “Bisogna poi saper sognare – ha aggiunto – e riscoprire il coraggio, oltre alla dignità di ogni persona. Confrontiamoci e collaboriamo, allora, perché soltanto così andremo incontro a un futuro di cui non aver paura”.

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In precedenza don Colmegna, sollecitato dalle domande della giornalista mandellese Chiara Zappa, aveva ricordato come il cardinale Carlo Maria Martini ebbe a dire che “l’accoglienza è una straordinaria opportunità culturale”. “Occorre guardare con obiettività alla situazione esistente – ha detto il sacerdote – e non dimenticare che i migranti sono donne e uomini né più né meno come noi e che vivono la nostra stessa esperienza. Ogni storia ha la propria dignità e esige rispetto e nostro dovere è dare un volto e un nome anche a chi non li ha. Io, guardando in faccia le persone e chiamandole per nome, ho imparato tantissimo”.

Don Virginio ha sollecitato ad abolire il termine “clandestino”. “Esiste invece il migrante – ha specificato – con o senza permesso di soggiorno. Nella nostra Casa quelli che non ce l’hanno sono addirittura il 40% e sono coloro i quali avendo perso il lavoro sono divenuti irregolari. Abbiamo anche una biblioteca molto frequentata e in questa struttura i bambini immigrati assieme alle loro fiabe hanno portato anche la loro cultura. E un volto diverso”.

Valentina Brinis, coautrice con Luigi Manconi del libro “Accogliamoli tutti”, ha evidenziato il concetto secondo cui “interi settori della nostra economia in questi anni sono stati sorretti dal lavoro degli stranieri” e ricordato che “le politiche dei respingimenti e della repressione sono contrarie alle esigenze appunto anche della nostra economia e della nostra stessa società”.

“Chi è privato di determinati diritti danneggia tutti noi”, ha detto, non prima di aver ricordato che “il sistema dei flussi d’ingresso si è dimostrato assolutamente fallimentare”. “Le buone prassi non mancano – ha aggiunto – ma spesso si fermano al livello locale e in ogni caso per dare risposte positive al problema dei migranti sono di aiuto anche iniziative quale quella del Comune di Mandello di conferire il prossimo 17 marzo le cittadinanze civiche “ius soli” a una trentina di stranieri nati in Italia e residenti in paese”.

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Accennando alla sua esperienza in un centro di accoglienza e al Cie (Centro di identificazione e espulsione) di Ponte Galeria, la sociologa ha spiegato che “entrare in contatto con gli immigrati vuol dire provare ad abbattere determinati luoghi comuni”, considerato che “in molti casi a prevalere è l’immaginario della paura”.

“Prendersi cura di chi è in difficoltà vuol dire portarsi dentro il senso della lotta contro l’ingiustizia – ha ammonito nel corso della serata don Virginio Colmegna – e accrescere il proprio patrimonio di esperienze e di attenzione”. E ancora: “Più smontiamo l’indifferenza e più produrremo benessere, pur con talune inevitabili difficoltà e con paure che sono certamente anche reali e che, in quanto tali, vanno affrontate”.

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