Football clan: perchè il calcio è lo sport più amato dalle mafie

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LECCO – Peccato per la poca gente e decisamente una pessima figura per la città di Lecco quando ieri sera, a palazzo Falck, nessun rappresentante istituzionale si è degnato, quanto meno, di dare il benvenuto a Raffaele Cantone, magistrato napoletano, noto per essere riuscito a ottenere la condanna all’ergastolo dei più importanti capi dei casalesi quali Francesco Schiavone (“Sandokan”), Francesco Bidognetti (“Cicciotto ‘e Mezzanott”), Walter Schiavone (“Walterino”), Augusto La Torre, Mario Esposito e molti altri.

Cantone ha svolto anche indagini sulle infiltrazioni dei clan casertani all’estero e ancora ha curato il filone di indagini che hanno riguardato gli investimenti del gruppo Zagaria in Parma e Milano facendo condannare per associazione camorristica un importante immobiliarista di Parma. Dal 1999 vive tutelato e dal 2003 è scortato in quanto gli investigatori hanno scoperto un progetto di un attentato nei suoi confronti organizzato dai Casalesi.

Attualmente lavora all’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione e ieri sera ha fatto capolino a Lecco per presentare, all’interno della rassegna Leggermente targata Confcommercio, il suo libro scritto a quattro mani con il giornalista Gianluca di Feo: “Football Clan”. Ad intervistarlo il giornalista del Giornale di Lecco Marco Milani.

Un libro da leggere tutto d’un fiato, che con eleganza punta il dito contro lo sport più amato dagli italiani, facendo emergere come i rapporti tra malavita organizzata e calcio siano sempre più stretti.

“L’idea del libro è nata dopo una riflessione sulle mafie – ha spiegato Cantone – Mafie che sono altro rispetto alla società civile, ma che stringono rapporti con quella parte grigia della società civile”.

Il motivo per cui le mafie sono interessate al mondo del calcio fa leva su tre “ingredienti”, come lo stesso magistrato li ha definiti: “Il potere, perchè grazie al calcio si creano rapporti d’affari ed è un vero e proprio ascensore sociale; la fama, che va distinta dal potere ed è quella che dà visibilità, infine  il denaro, che nel calcio circola in modo significativo ancor più da quando ci sono le scommesse”.
Argomento quest’ultimo che si lega a doppio filo alla nota questione delle sale da gioco che da tempo sta animando Lecco. Una parentesi, quella del gioco d’azzardo, che il magistrato non ha tralasciato, spiegando come “soprattutto il poker on line liberalizzato per raccogliere i fondi con cui realizzare la new town dell’Aquila, oggi è diventato uno dei mali peggiori della società perchè sta mettendo in ginocchio numerose famiglie che si rovinano all’interno delle mura domestiche senza nemmeno dover uscire di casa. Giochi che con la legge finanziaria di Mario Monti anzichè subire delle restrizioni come sembrava che fosse hanno avuto invece ulteriori agevolazioni”.

Tornando al calcio, nel libro “Footbal Clan” si palesa come lo sport più famoso del mondo sia ormai diventato un enorme strumento di potere. “Ad utilizzarlo in questo senso – ha spiegato l’autore del libro – fu per la prima volta la dittatura argentina ai mondiali del 1978, che furono una vera e propria kermesse del regime. Tutto si svolse regolarmente, ma la situazione, il clima hanno condizionato ogni cosa e non da ultimo la finale, vinta ovviamente dai padroni di casa, con gli olandesi che al termine della partita se ne guardarono bene dallo stare in campo, guadagnando velocemente gli spogliatoi. Fu il segnale che il calcio era diventato uno strumento di potere planetario”.

Pur partendo dai mondiali del 1978, le storie raccontate nel libro sono storie legate al calcio che conta, ma anche al calcio minore, dove la mafia si muove meglio, dove è più facile comprare le partite e fare scommesse guadagnando ingenti somme di denaro: “Luigino Giuliano, che fu negli anni ’80 fu l’inventore del calcio scommesse clandestino, arrivava a guadagnare due miliardi di lire al mese, molto di più di quanto rendesse lo spaccio di droga – ha evidenziato Cantone – E oggi il mondo delle scommesse rischia di far scomparire il calcio, com’è stato per la boxe negli Stati Uniti e l’ippica in Italia”.

Nel libro vi è inoltre un capitolo dedicato a Diego Armando Maradona, il campione, l’idolo, che ha mostrato agli occhi del mondo come la criminalità organizzata fosse così legata al calcio; ma prima di lui lo dimostrò un altro giocatore, Juary, in forza all’Avellino, che nel 1980 si recò in tribunale al processo che vedeva imputato Raffaele Cutolo, capo della Nuova Camorra Organizzata, al quale consegnò una medaglia d’oro con dedica: “A Raffaele Cutolo dall’Avellino calcio”. Gesto che Juary giustificò dicendo che l’iniziativa non era sua ma del consiglio di amministrazione della società.

Anche gli idoli di oggi, tuttavia, si sono visti accanto a personaggi scomodi, come per esempio la recente visita di Mario Balotelli a Scampia o lo amicizie dell’ex capitano della nazionale di calcio Fabio Cannavaro.

Nel libro si racconta anche di discutibili avventure imprenditoriali come quella tentata da Giorgione Chinaglia per riprendersi la Lazio, o le assurde scalate alla Roma e al Bologna tentate da pseudo cordate di imprenditori.

E ancora, si narra delle infiltrazioni mafiose nel calcio giovanile senza tralasciare il tifo organizzato: “Che il più delle volte è la manovalanza delle mafie – ha spiegato Cantone – e che all’occorrenza opera anche all’esterno dello stadio. Senza dimenticare i rapporti delle tifoserie con le società che molto spesso ne condizionano l’operato”.

Nel libro non viene risparmiata nemmeno la giustizia sportiva che Cantone definisce: “poco seria, poco credibile e poco autorevole, ma che tuttavia incide su un mondo dove circolano tantissimi soldi ed è incapace di gestire situazioni in cui la criminalità organizzata è presente”.

Per il magistrato Cantone si dovrebbe stendere un decalogo con cui contrastare tutto questo, come per esempio: “impedire le scommesse nel calcio minore, istituire una forza di polizia specializzata, dare vita a una giustizia sportiva più seria e professionale... anche se – ha poi aggiunto – ciò che si dovrebbe fare non verrà fatto”.

Conclusione amara quindi? Non  proprio: “Nonostante tutto questo – ha chiosato Cantone – ritengo che il calcio resta ancora un grande strumento per sognare, soprattutto per i giovani del sud“.