Il centro civico di Acquate porta il nome delle sorelle partigiane

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Renato Corbetta e Giancarla Pessina svelano la targa in memoria delle sorelle Villa apposta all’ingresso del centro polifunzionale e auditorium di via U. Foscolo

 

LECCO – La loro storia di coraggio e altruismo sarà ricordata ogni volta che verrà nominato l’auditorium recentemente inaugurato in via Ugo Foscolo: quella che oggi è la nuova casa del teatro e delle associazioni da venerdì porta il nome di Angela, Carlotta, Caterina ed Erminia Villa, le partigiane simbolo della resistenza lecchese all’occupazione nazifascista.

La targhetta in loro memoria è stata svelata nel pomeriggio di venerdì, alla presenza del sindaco Virginio Brivio, del prefetto Liliana Baccari,  di don Carlo Gerosa, dei rappresentanti delle forze dell’ordine e delle associazioni che hanno trovato posto all’interno del centro polifunzionale. Una celebrazione animata dai canti del Coro Alpino.

Sono stati la presidentessa onoraria dell’Anpi di Lecco, Giancarla Pessina, e il 96enne Renato Corbetta, cugino delle sorelle Villa e volto noto in città per il suo impegno sociale e politico, a sollevare, con emozione evidente sui loro volti, il tricolore che velava il cartello commemorativo.

 

“Abbiamo atteso che questo centro diventasse vivo dell’associazionismo cittadino per donargli una memoria da preservare – ha sottolineato il sindaco Brivio – Queste donne nel momento della resistenza, in maniera non violenta, sono state punto di riferimento dei partigiani e tutte quelle persone che cercavano giustizia, lo hanno fatto a loro pericolo, rischiando e dimostrando che nella quotidianità certi gesti possono fare la differenza e che in alcuni momenti bisogna decidere con chiarezza da che parte stare”.

Non poteva essere che Acquate, il rione dove la famiglia Villa risiedeva, il luogo scelto per rendere omaggio al ricordo di queste quattro valorose donne. Le sorelle Villa abitavano al Garabuso, e nella loro casa, accolsero prigionieri stranieri in cerca di una via di fuga verso la Svizzera,  in stretta collaborazione con il Comitato antifascista lecchese, sorto dopo l’8 settembre 1943: partigiani, ebrei, ufficiali dell’organizzazione clandestina americana dell’O.S.S. (Office of Strategic Services).

 

Nel marzo 1944 salvarono la vita a Luis Biagioni, Emanuele Carioni e Pietro Briacca, paracadutisti italo-americani che, dopo essere atterrati in Valle Imagna, raggiunsero a piedi la casa delle sorelle Villa, situata alle pendici dei Piani d’Erna e del Resegone. Il 19 maggio 1944, a seguito di delazione, le quattro donne furono arrestate.

Angela, crocerossina volontaria all’Ospedale militare di Lecco, venne trasferita al carcere milanese di San Vittore, dove rimase per ventun giorni. Fu rilasciata su richiesta dell’Ospedale stesso. Le sorelle Carlotta, Rina ed Erminia furono invece fatte salire su un treno, in stazione a Lecco e mandate a Fossoli, al campo si smistamento dei deportati destinati ai Lager tedeschi.

 

 

Durante il viaggio in treno, Rina riuscì a scappare nei pressi di Verona, Erminia alla stazione di Dolo, in provincia di Venezia. Entrambe raggiunsero poi Milano dove continuarono la loro attività antifascista. Carlotta invece fu deportata nel campo di sterminio di Ravensbruck, da cui fece ritorno a Lecco il 30 agosto 1945. Una storia ripercorsa venerdì attraverso le parole di Patrizia Milani dell’Anpi di Lecco e dagli attori della compagnia di Teatro Invito

“Le mie ziette, così le chiamavo e sono felice di averle conosciute tutte quando erano ancora in vita” ha raccontato Stefano Corbetta, figlio di Renato, presente anch’esso alle celebrazioni.

Stefano Corbetta, magistrato, figlio di Renato Corbetta

 

“Sono convinto che i destini dei popoli, delle famiglie e delle singole persone sia legato da un filo rosso che dà continuità alla storia. La mia famiglia era imparentata con i Torri Tarelli, che combatterono l’esercito austriaco e alcuni di loro si unirono all’impresa di Garibaldi. Questo spirito, presente prima ancora dall’unità d’Italia, ha animato anni dopo le mie zie, ed oggi lo seguo io stesso nel mio lavoro da magistrato, nel difedere i principi di quella costituzione nata dal loro sacrificio. Chi non conosce il passato – ha concluso Corbetta – corre il rischio di ripeterlo”.