Inceneritore. “Nessuna conseguenza evidente sulla salute pubblica”

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VALMADRERA – Non ci sono evidenze che l’inceneritore di Valmadrera incida sulla salute dei cittadini: su 52 cause di rischio studiate, ben 51 avrebbero dato esito negativo, tranne una, relativa ai casi di tumore al fegato, che però sarebbe difficilmente imputabile alla presenza del forno brucia-rifiuti.

E’ quanto emerso dallo studio epidemiologico presentato martedì in Silea ai sindaci e consiglieri comunali del territorio da parte del comitato scientifico, che si è occupato del lavoro di analisi, presieduto dal primo cittadino di Valmadrera, Donatella Crippa.

Un’analisi che ha interessato la popolazione dei comuni di Valmadrera, Civate, Galbiate, Malgrate, Annone Brianza, Suello, iniziata nel maggio 2016 con la collaborazione dell’ATS, del Centro di Epidemiologia dell’Università di Torino e della società lecchese Tecno Habitat, necessitando quasi due anni per giungere a compimento.

“E’ il momento conclusivo – ha sottolineato Silvano Lopez, di ATS Brianza, intervenendo all’apertura della presentazione – ed è un momento importante. La tutela salute è uno dei nostri compiti principali, speriamo di averlo interpretato nel modo migliore”.

Lo studio ha utilizzato i dati Istat sulla mortalità, quelli di dimissione ospedaliera, del Registro Tumori per verificare l’incidenza tumorale, infine i certificati di assistenza al parto riportanti anomalie congenite nei neonati. Ben 100 mila persone è il campione di abitanti preso in esame (52 mila donne e 48 mila uomini) fruendo delle anagrafi storiche dei comuni nel periodo tra il 2003 e il 2015.

Dati sanitari e demografici combinati con la mappa delle ricadute prodotta da Tecno Habitat che ha delineato tre differenti aree di esposizione (alta, media e bassa) alle emissioni prodotte dall’inceneritore, utilizzando i monitoraggi della centralina Arpa a Valmadrera per i dati meteorologici tra il 2001 e il 2016, utilizzando il Pm10 come tracciante delle emissioni inquinanti.

Tutto questo per verificare se, nelle zone più esposte alle ricadute dei fumi, vi fosse una presenza evidente di patologie specifiche.

“L’indagine non ha rilevato alcuna rilevanza statistica – ha spiegato Cristiano Piccinelli dell’ateneo torinese – i risultati suggeriscono l’assenza di una relazione chiara e ben caratterizzabile tra residenza nelle aree oggetto di analisi e l’insorgenza di patologie correlabili”.

Solo l’insorgenza del tumore al fegato, in particolare nella zona di Valmadrera, è ritenuta dagli esperti un fattore da tenere in considerazione per ulteriori accertamenti che svolgerà ATS ma che non si ritiene sia dovuto a fattori ambientali. “Approfondiremo – ha assicurato Luca Cavalieri d’Oro di ATS – le cause più frequenti del tumore al fegato sono le epatiti virali che possono degenerare in cirrosi epatica e in cancro. Andremo ad analizzare i motivi di questa particolare evidenza”

Il sindaco Crippa di Valmadrera ha plaudito al significativo lavoro svolto: “Siamo stati tra i primi a sottoscrivere l’importanza di questo studio. La nostra amministrazione si era interessata quando ancora l’ATS era ASL e non era stata compiuta alcuna osservazione simile in quanto non vi erano criticità tali da farne supporre la necessità”.

Altri sindaci, come Paolo Lanfranchi di Dolzago, Efrem Brambilla di Santa Maria Hoé e Sergio Ravasi di Garbagnate Monastero hanno chiesto perché la mappatura prodotta da Tecno Habitat fosse diversa da quella elaborata nello studio autonomo promosso dal Coordinamento Rifiuti Zero (presentata lo scorso venerdì), che includeva anche la zona dell’oggionese tra quelle esposte alle ricadute delle emissioni,  quale avesse maggiore validità e se possibile integrare le due analisi.

Differenze che per il dott. Ennio Cadum, l’esperto consulente dello studio, dipendono dal periodo temporale e dal tracciante scelto. “Noi abbiamo deciso di prendere in esame le polveri, che sono maggiormente rappresentative dei contenuti pericolosi delle emissioni inquinanti, dei metalli per esempio e dei composti organici volatili – ha spiegato il dott. Cadum – L’ossido d’azoto, preso a riferimento nell’altro studio, è un gas ed ha maggiore capacità diffusiva”.

Inoltre, ha proseguito Cadum, l’indagine di Tecno Habitat ha tenuto conto di un periodo temporale più lungo, anziché di un unico anno come nello studio del comitato.