Intervista a Ricky Buscaglia: il telecronista di Mediaset si racconta e pronostica

Tempo di lettura: 7 minuti

LECCO – E’ cresciuto a pane calcio come tanti ragazzini tra gli Anni ’70 e ’80 quando “al pallone” si giocava ancora per strada e, gli oratori sempre aperti, diventavano l’arena di “partitone” 20 contro 20. Poi alla passione del calcio si è affiancata quella per la radio, “contaminato” dal papà, di professione giornalista radiofonico per la radio svizzera italiana.
E’ così che Ricky Buscaglia, al secolo Riccardo, lecchese, classe 1973, con una laurea in Scienze Politiche in tasca, ha deciso di unire le due passioni facendo del suo sogno – diventare un radiocronista sportivo – la sua professione. Oggi, felicissimo papà di un figlio di appena 6 mesi, è un affermato giornalista sportivo ed una delle ben note voci di Mediaset, azienda per cui lavora da oltre 11 anni.

ricky_buscaglia-6
Ricky Buscaglia

 

“Fare il telecronista, anzi a dire il vero il radiocronista – racconta – era il mio sogno sin da piccolo quando, affascinato, ascoltavo ‘Il calcio minuto per minuto’, rapito dalle voci dei vari Ciotti, Ameri e di tutta quella generazione di fenomeni radiofonici che ci hanno tirato grandi. Oggi, posso dire di aver coronato quel sogno”.

Tutto comincia negli Anni ’90, quando Ricky muove i primi passi da giornalista presso la radio lecchese Rete 104. Qui fa di tutto, dal radio giornale, all’animatore, al giornalista sportivo seguendo in particolar modo la Calcio Lecco per la quale nasce un amore intramontabile. Poi approda alla Provincia di Lecco e per un certo periodo collabora anche come corrispondente per alcune radio toscane, che si affidano alle sue telecronache quando le varie formazioni approdano al Rigamonti Ceppi per affrontare i blucelesti.

ricky_buscaglia_monica_bertini_sorteggi_champions
Ricky Buscaglia e Monica Bertini ai sorteggi di Champions League

 

Si arriva così al 2003 con Buscaglia che decide di mettersi in gioco su un panorama giornalistico più ampio, e si candida per entrare nel team di giornalisti del neonato canale web RossoAlice TV. Mossa azzeccata. Lavora sodo per tre anni, fino al 2006, quando alla sua porta, bussa Mediaset che da poco ha acquistato i diritti per il Campionato di calcio di Serie A e poi della Champions League ed Europa League. Da allora di anni ne sono passati undici e Ricky Buscaglia è diventato uno dei giornalisti di punta e una della voci più note di Diretta PremiumUEFA Champions League.

Una passione, un lavoro che non si esaurisce tuttavia nelle sole telecronache, come spiega lui stesso: “Ogni tanto c’è qualcuno che mi chiede: ‘Ma durante la settimana, quando non ci sono partire, che fai?’. Beh, intanto c’è un Tg sportivo da mandare avanti. Da fare ce n’è parecchio: interviste, servizi da preparare, ultime news, approfondimenti e tanto altro. Formalmente si lavora 6 giorni su 7, ma in realtà non smettiamo mai. A volte anche un’ora in piscina per una nuotata basta per farti perdere una notizia importante. Bisogna sempre avere le antenne dritte ed essere sul pezzo”.

ricky_buscaglia_gruppo_diretta-premium_pierluigi_pardo
Buscaglia con il gruppo di Diretta Premium capitanato da Pierluigi Pardo

 

Pendolare per scelta, Ricky  fa spola tra Lecco, dove abita con la famiglia, e Milano dove lavora, poi a volte capita di dover “volare” allo stadio: “Fare le telecronache in certi stadi è emozionante, soprattutto in Champions League o Europa League. All’estero si respira un’atmosfera diversa, la rivalità c’è, ma è meno marcata, e a differenza di certe partite del campionato italiano, come per esempio i principali derby, si vive un clima più disteso. I tifosi si mischiano fra loro e il pubblico viene allo stadio per godersi lo spettacolo del gioco del calcio. Bellissimo”.

Tante esperienze, tante partite, ma qual è lo stadio che più ti ha colpito? “Il Da Luz di Lisbona in Portogallo, dove due anni fa si è giocata la finale di Champions, quello mi ha impressionato. Mentre, lo stadio in cui un giorno vorrei fare una telecronaca, ogni telecronista ne ha uno preferito – confessa – è l’Anfield di Liverpool dove vorrei sentire i tifosi cantare ‘You’ll Never Walk Alone’ “.

Entrando nel merito della Champions l’occasione è troppo ghiotta per non chiedere un pronostico: “Non c’è dubbio che le favorite, sulla carta, sono il Bayern Monaco, Manchester City e Barcellona, aggiungerei anche il Borussia Dortmund che a me piace molto. Poi c’è il Real Madrid sul quale incombe la scarogna di chi ha vinto il titolo l’anno precedente. Per quanto riguarda le italiane, bisogna capire come va il sorteggio agli ottavi. E’ chiaro che la Juve ha più chance del Napoli di arrivare in fondo”.

ricky_buscaglia_sandro_sabatini_youpremium
Ricky con Sandro Sabatini negli studi di You Premium

 

Per quanto riguarda il campionato di serie A, Buscaglia non ha dubbi: “Vincerà ancora la Juve. I bianconeri sono troppo forti. Al di là della recente sconfitta con l’Inter la squadra di Allegri sa il fatto suo mentre è evidente che tutte le antagoniste si sono indebolite. L’unica formazione che può tenere testa ai bianconeri è il Napoli. I partenopei giocano bene ma devono trovare il modo di assorbire i 36 gol che ha lasciato sul piatto Higuain, tuttavia, a mio avviso, non hanno la solidità e la maturità della Juve. Dal terzo posto in giù vale tutto perché vedo squadre molto equilibrate”.

Insomma dominio Juve che sembra intramontabile… “Il segreto sta in due fattori: proprietà, che di fatto è sempre la stessa, e programmazione. La Juve dopo essere stata in B ha capito che doveva lavorare sul lungo periodo e lo ha fatto partendo dallo stadio dove, persino Gigi Buffon all’esordio nella nuova struttura contro il Parma, al termine del primo tempo ha confessato al collega Gianni Balzarini a bordo campo: ‘Ho il mal di testa, questi urlano troppo’. A dimostrazione di come lo stadio sia stato realizzato per diventare un vero e proprio fortino. Poi, col tempo, hanno iniziato ad alzare l’asticella, non tanto quella degli obiettivi ma quella dello spessore della squadra, fino ad arrivare ad avere un appeal europeo e l’attuale formazione. Su questa strada sta lavorando il Napoli, staremo a vedere cosa succede”.

ricky_buscaglia_empoli_fiorentina_massimo_paganin
In tribuna stampa allo stadio Castellani di Empoli per la telecronaca di Empoli – Fiorentina insieme al collega Massimo Paganin

 

Lontano dalle analisi, il tuo cuore per chi batte? “Per nessuno, non sarebbe professionale e poi posso dire che col tempo la parte del tifoso è venuta meno. Anche se, a dire il vero, devo fare un’eccezione, anzi tre: il mio cuore è bluceleste ma c’è spazio anche per l’Olimpia Milano di basket e l’Hockey Lugano”. 

Cuore addolorato quindi, almeno per la parte lecchese: “Non c’è dubbio, sarà un anno di sofferenze. Un anno in cui dovremo sopravvivere. Vista la situazione per il Lecco è impossibile ipotizzare un campionato come quello dello scorso anno. Magari a gennaio dovrebbe esserci più chiarezza da parte della società e degli stessi valori in campo, ma non aspettiamoci grandi cose. E’ un peccato, perché il girone in cui si trova il Lecco non è difficile, ma questa estate la situazione è stata gestita malissimo e ora si è costretti a tirare a campare”.

ricky_buscaglia_selfie_udine_pinelli_felipe-anderson_massaro_radice
Selfie pre partita allo stadio Friuli di Udine insieme a (da sinistra): Pinelli, Felipe Anderson, Massaro e Radice

 

Prima di salutare Ricky gli chiediamo una valutazione sul calcio italiano, che vede sempre più stranieri in campo e sempre meno italiani, tra i quali, non vi è nemmeno l’ombra di un fuori classe o presunto tale.
“E’ un problema che stiamo vivendo e dietro al quale non c’è un solo motivo. Uno dei principali potrebbe essere un ‘semplice’ buco generazionale. E’ già capitato. L’Italia, a Messico ’86, non aveva giovani interessanti, l’unico fu Nando De Napoli. Si è dovuto aspettare la Nazionale di Vicini con i vari Mancini e Vialli per vedere in campo veri talenti. Un altro aspetto riguarda il calcio giovanile italiano che è tutto da ripensare. La maggior parte degli allenatori italiani, che militano nella massima serie, sono favorevoli all’introduzione delle Squadre B, come si fa in Francia e soprattutto in Spagna. Il Barcellona B, per esempio, è composto da giovani che provengono dalle ‘Cantera’ del Barca, ovvero dalle giovanili, con l’aggiunta di qualche fuori quota. Attualmente questa formazione milita nella Segunda División, la serie B spagnola, ma è partita dalle categorie inferiori. Una formazione fatta di giovani di 18 e 19 anni che imparano sulla propria pelle cosa significa giocare in categoria e non nella Primavera. E’ così che si formano e si preparano per la prima squadra dove all’occorrenza vengono convocati e se si rivelano ancora ‘acerbi’ tornano con la Squadra B. Ma i motivi non si esauriscono qui, c’è anche un cambiamento culturale e sociale in atto, nell’era di internet sempre meno ragazzi giocano come facevamo noi una volta e i fantasisti non sbocciano, se a questo aggiungiamo che a tarpare le ali ci si mettono mister e società ai quali manca il coraggio di buttare nella mischia giovani e giovanissimi, è chiaro che è sempre più difficile pensare di coltivare giovani talenti. Basti pensare che di tutti i giocatori in campo nella finale Primavera dello scorso anno, che ha visto di fronte Roma e Juventus, uno solo quest’anno ha esordito in serie A: Lirola del Sassuolo, che tra l’altro ha passaporto spagnolo”.