La storia di Valentino: muratore di professione, ballerino ottocentesco per passione

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Valentino Benedetti in abito da ballo

 

LECCO – Indossare il proprio prezioso abito, lasciarsi guidare dalla musica e ritrovarsi nel giro di pochi passi direttamente nell’Ottocento, l’epoca del Risorgimento Italiano. A raccontarci quella che da semplice hobby è diventata una vera e propria passione, la danza ottocentesca, è Valentino Benedetti, lecchese originario di Cortenova in Valsassina.

27 anni, di professione muratore (sì, anche i muratori possono essere ottimi ballerini!) Valentino ha scoperto questo tipo di danza 7 anni fa e all’inizio di aprile, dopo anni di studio e sacrifici, si è diplomato insegnante di danza ottocentesca. Una storia, come spesso accade, nata per gioco: “Volete la verità?” ci racconta sorridendo “avevo una ragazza, 7 anni fa, che si era iscritta a questo corso di danza. Mi continuava a chiedere di accompagnarla e provare, ma io ero più che scettico: avevo 20 anni ai tempi, e non avevo mai mosso un passo di danza, cosa avrei dovuto fare a un corso di danza ottocentesca? Poi ho ceduto e come si usa dire…ci son cascato con tutte le scarpe!”.

La curiosità ha presto dissolto il disinteresse e accostato Valentino allo studio costante della disciplina : “Di natura sono uno molto preciso e quando mi incuriosisco o qualcosa mi piace ci metto tutto me stesso per farlo bene. Dopo le prime lezioni mi sono appassionato, appena potevo provavo i passi imparati a lezione, anche al lavoro, non senza commenti da parte dei colleghi: ‘Non sei normale tu! E in parte li capivo, non è certo comune vedere un muratore provare il valzer o la mazurka …“.

Lo stesso impegno nell’imparare la danza Valentino lo ha messo nella ricerca e, soprattutto, nella realizzazione dell’abito: “I nostri non sono costumi, ma veri e propri abiti da cerimonia – ha spiegato – c’è uno studio per la loro realizzazione, il mio è durato ben 4 anni. Ho scelto una divisa della Regia Marina di Savoia, ovviamente di originali non ce n’erano più in circolazione e ho dovuto crearne una nuova. Ho studiato tutto nei minimi dettagli con l’aiuto di una sarta. E’ stato un lavoraccio, basti pensare che solo la giacca ha 30 bottoni, ne ho trovati due originali, per gli altri 28 ho fatto i calchi di gesso, fuso stagno e piombo e ottenuto i bottoni. Il resto ve lo risparmio! Però, oggi, quando vedono il mio costume mi fanno tutti i complimenti. Una volta ho incontrato degli Ammiragli della Marina Militare Italiana, sono rimasti stupiti quando gli ho detto che non indossavo una divisa originale ma una copia!”.

Valentino durante un Gran Ballo

 

Da Lecco, dove ha mosso i suoi primissimi passi di danza (presso il Circolo Promessi Sposi), Valentino si è ‘trasferito’ fino a Stezzano (Bergamo) per ballare: qui si reca da anni due volte alla settimana per le lezioni. Nei fine settimana si svolgono poi le esibizioni e i cosiddetti Gran Balli, promossi dalla Federazione Nazionale Società di Danza di cui Valerio fa parte: “Questa è la parte migliore – ci racconta – ballerini di ogni provenienza si ritrovano e ballano le stesse danze, come avveniva un tempo nelle corti europee. I maestri di ballo giravano le corti insegnando ai nobili la danza, così che in tutti i paesi si conoscessero gli stessi passi da utilizzare poi nelle occasioni di festa. Insomma, anche oggi come allora la danza è un linguaggio universale. Ricordo che ad uno dei primi Gran Balli, a cui ho partecipato, mi è capitata una compagna russa, non ci capivamo a parole ma abbiamo ballato insieme perfettamente perchè conoscevamo i passi”.

La danza ottocentesca ha permesso a Valentino di visitare diversi luoghi di solito interdetti ai visitatori: “Per i Gran Balli scegliamo sempre ambienti a tema, come le sale degli antichi palazzi. Ho ballato a Palazzo Reale a Milano e a Villa Reale a Monza, ma anche in altre città italiane come Bologna e Napoli… E’ un altro aspetto bellissimo di questo tipo di danza, ti permette di calarti proprio nell’epoca e nel personaggio: quando indosso la divisa divento un’altra persona, la gente quasi non mi riconosce”.

Valentino mostra soddisfatto il suo diploma in danza ottocentesca. A lato gli insegnanti Simonetta Balsamo e Fabio Mollica

 

Lo scorso 2 aprile a Modena Valentino ha potuto sostenere l’esame da insegnante e si è diplomato: “Per questo traguardo vorrei davvero ringraziare di cuore i miei insegnanti, Fabio Mollica, presidente della Federazione, e Simonetta Balsamo, vice presidente. Grazie al loro supporto sono arrivato dove sono e anche se il mio lavoro continua ad essere quello del muratore la danza ottocentesca rimane la mia passione che ora ho anche la possibilità di condividere con gli altri, insegnando”.

Un passo non facile come ammesso da Valentino, ma che merita un tentativo: “E’ certamente una danza di nicchia, che non può prendere piede come l’hip hop o lo zumba, ma avere un corso tutto mio non mi dispiacerebbe e infatti ho già organizzato una prova a Erba, presso il Parco Giochi Malini in via delle Grigne 10 il prossimo settembre – ci ha anticipato – se avrò almeno 8 interessati (questo il numero minimo di ballerini per effettuare quadriglie e contraddanze, ndr) potrei pensare di far partire un corso di danza ottocentesca tutto mio”.

Nel frattempo chi fosse interessato a vedere un’esibizione può segnarsi sul calendario due date, quella del 3 giugno a Galbiate nell’ambito dell’evento “4 lati di cielo” e il 22 luglio a Varenna, dove Valentino e altri compagni di ballo si esibiranno accompagnati dalla musica del Corpo Musicale Giovanni Brivio di Rancio.

Prima di lasciare Valentino non potevamo non chiedergli quale fosse il suo ballo preferito: “Bè le danze scozzesi sono divertenti, dinamiche… ma in realtà quello che in assoluto preferisco è il Valzer – ci confessa – mi piace il ritmo, il contatto visivo con la dama. Sapevate che un tempo era obbligatorio guardarsi negli occhi durante le danze? Era considerato bon ton. I ballerini di Valzer lo fanno ancora e in effetti mentre li guardi capisci cosa provano, riescono a trasmettertelo. Ed è quello che spero di trasmettere io, quando la musica attacca…”.