Leggermente. Teatro della Società strapieno per Mauro Corona

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LECCO – Teatro della Società di Lecco pieno per lo scrittore Mauro Corona, giunto come sempre dalla sua Erto (Pordenone), scarponi ai piedi e bandana in testa. Sul palco con lui la giornalista Anna Masciadri.
Corona avrebbe dovuto presentare la fiaba natalizia “Una lacrima color turchese” (Mondadori) e in un certo qual modo lo ha fatto, ma il suo intervento ha spaziato toccando i più svariati argomenti, dalla politica, all’etica, all’educazione, all”importanza della lettura passando ovviamente dalle sue montagne.

Un dialogo diretto, schietto, trasparente quello con il pubblico lecchese come del resto è lo stesso Corona, che non si sottrae, quando ritiene necessario, a muovere aspre critiche nei confronti di politici, personaggi di spicco e miscredenti, come quelli a cui fa riferimento anche nella sua favola: “quelli che la domenica vanno a messa, fanno segni di croce e onorano le feste comandate e non sanno cosa sono le tolleranza, la carità e il perdono. Che sono razzisti, xenofobi e falsi”.

Schiettezza che non manca anche quando, appena accomodato sul palco, non trova sul tavolo un buon bicchiere di vino (richiesta poi esaudita) immancabile suo buon compagno per quella che sarà una chiacchierata, durante la quale Corono ha modo anche di dispensare perle di saggezza, attingendo e facendo riferimento anche a numerosi autori da Jorge Luis Borges a Fernando Pessoa, passando per Yoshua Kobler e molti altri, incarnando come non mai l’antico adagio: “Contadino, scarpe grosse e cervello fino”.

L’esordio di Corona sul palco lecchese è avvenuto con un complimento al presidente dei Ragni di Lecco, Fabio Palma: “Ho letto di recente – ha dichiarato – un’intervista al presidente dei Ragni e sono rimasto colpito positivamente dalle sue dichiarazioni schiette e chiare. E’ difficile, oggi, trovare qualcuno che parla in quel modo”.

 

 

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Poi un primo accenno alla favola “Una lacrima color turchese” con la quale Corona dice di aver voluto mettere in risalto l’ipocrisia della gente: “Mi ci metto anch’io tra questi”, ha tenuto a precisare. E sul tema dell’ipocrisia, Corona ha scoccato vere e proprie frecce (non frecciate) a una schiera di politici che promettono e non mantengono. “In val Cellina – ha spiegato – c’è una frazione dove i morti li devono portare giù con la slitta. Servirebbe una strada. Io l’ho detto a molti politici, ma nessuno fa nulla. Sapete perchè? Perchè siamo  in poche anime e non pesiamo sul piatto della bilancia degli elettori. Però si gettano soldi in opere assurde, come il Ponte di Messina, il Mose e la Tav”.

Corona, che invita i politici a prendere 3mila euro al mese e non un euro in più, “non ve l’ha ordinato il dottore di fare politica, siate lì per amministrare la cosa pubblica non per arricchirvi”, punta però il dito anche contro gli elettori: “E’ colpa anche nostra se certi personaggi sono al governo e ci rendono la vita usurante. Per cambiare bisogna cambiare le regole, altrimenti tutto resta com’è”. E quando gli si chiede se andrà a votare lui non ha dubbi: “Vado solo per il sindaco del mio paese e basta. Per il resto è inutile, se non si cambiano le regole. Servirebbe una rivoluzione, ma come disse Oscar Wilde, gli italiani sono un popolo intelligente e pigro. Per fare la rivoluzione in Italia dovrebbero vietare il calcio e la Ferrari”.

 

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Eppure per Corona una via d’uscita ci sarebbe, utopica certo, ma ci sarebbe. “Dovremmo tornare tutti a coltivare la terra. Il bisogno primario dell’uomo è il cibo. Quindi, una volta risolto il problema della fame e quel po’ di necessario che serve per vivere, avremmo del tempo libero per noi senza grosse esigenze e metteremmo in scacco il sistema. Ma per far questo è necessario eliminare il superfluo. Ed è quello che sto cercando di fare io: essenzializzarmi. Ormai siamo diventati eroinomani di oggetti. Sta a noi limitare i danni”.

E poi un accenno al tempo che va, che fugge e che non torna: “Io ho 65 anni, so che non ho molto tempo davanti a me e cerco di usare al meglio il mo tempo. Ricordatevi, come ha detto Umberto Saba che ‘la vita si scrive in brutta copia’. Non c’è tempo per correggerla”; e un accenno anche all’amore che “deve essere come una fisarmonica: per suonare deve allontanarsi e avvicinarsi. Se la lasciate sempre vicina non suonerà mai”…