L’imam di Lecco: “L’Isis voleva reclutarmi, io ho denunciato tutto”

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Usama El Santawy , imam del centro culturale islamico di Lecco

 

LECCO – Gli era stato proposto di partecipare alla lotta dell’Isis, lui ha rispedito l’invito al mittente e ha denunciato il suo interlocutore alle forze dell’ordine, consentendo l’identificazione del presunto ‘reclutatore’ di terroristi: protagonista di questa vicenda è Usama El Santawy, imam del Centro culturale islamico di Lecco.

Una richiesta che al religioso era giunta l’estate scorsa attraverso la chat di Facebook. “Ho ricevuto messaggi da questa persona che non conoscevo, mi chiedeva di passare dalla loro parte. Io ho cercato di farlo ragionare da più punti di vista, sottolineando la sua ignoranza in materia di islam, facendogli capire i suoi errori, quando mi sono reso conto che poteva essere realmente un pericolo, ho sporto denuncia”.

Usama, che risiede a Cinisello dove guidava la locale comunità musulmana prima di ricoprire l’analogo ruolo a Lecco, si è recato alla Digos di Milano che sull’accaduto ha avviato le indagini riuscendo a dare nome (falso era quello utilizzato sul social network ) e volto all’emissario dello Stato Islamico: si tratta di un giovanissimo, un 21enne di origine marocchina, Monsef El Mkhayar, che da tempo avrebbe lasciato l’Italia per diventare un foreign fighters, almeno questa è l’accusa che gli viene rivolta nel processo che si è aperto a Milano nelle scorse settimane.

Entro marzo lo stesso Usama dovrebbe rendere le proprie dichiarazioni agli inquirenti. “Sono il primo a voler collaborare, ad aiutare quando c’è bisogno, a mettere una buona parola per unire e non per dividere – spiega l’imam lecchese – proprio a Lecco abbiamo lanciato condanne all’Isis che mai prima di noi in Italia nessuno aveva osato pronunciare”.

“Cani dell’inferno” è stato l’appellativo con il quale Usama e altri referenti del centro culturale islamico hanno utilizzato per definire i terroristi all’indomani degli attentati di Parigi.

Al centro Usama El Santawy, con lui don Adriano ex parroco di Chiuso e il sindaco Virginio Brivio durante un evento pubblico a Lecco

 

Queste persone, con il loro comportamento, gettano ombra su un’intera comunità” dice Usama che è consapevole della diffidenza e dei timori che il terrorismo provoca tra gli occidentali nei confronti dei musulmani. Sempre a Lecco è di questi giorni la polemica per la presenza di un locale di culto islamico a Pescarenico, situato in un ex magazzino.

“Sono certo che nelle moschee non sono tollerate parole che vadano oltre l’islam giusto ed equilibrato che noi portiamo avanti in Italia e che ci sforziamo di condividere con le persone. Tutti sono contrari all’ideologia propagata dall’Isis – continua l’imam – Il fatto che spesso i centri culturali islamici trovino spazio in sottoscala o scantinati è un problema che va affrontato, non è però legato alla sicurezza in termini di terrorismo ma alla dignità della persona. Non è giusto costringere nessuno a trovare la prima sistemazione che capita per adempiere ad un diritto fondamentale di qualsiasi uomo in tutto il mondo”.

“Quello che noi a Chiuso proponiamo come modello è tenere le porte del nostro centro sempre aperte. Abbiamo adottato l’italiano come lingua ufficiale, perché è anche una necessità dei nostri fedeli quella di parlare in italiano ma è anche un fattore di trasparenza verso tutti; ospitiamo sempre le visite delle scuole, i singoli cittadini possono venire, facciamo pranzi e cene insieme, momenti di condivisione, perché siamo cittadini lecchesi e vogliamo portare il bene alla città di Lecco, non essere isolati tantomeno essere un peso” prosegue Usama.

“Il tono di alcuni media e dei politici fa si che i timori nelle persone verso il musulmano sia molto ingrandito – conclude l’imam –  questo ci fa vivere tutti nella paura e nessuno vuole vivere così”