Luca, fuggito con la famiglia dal Venezuela. “Là si muore”

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Luca di Grazia è tornato a Lecco dopo dieci in Venezuela
Luca di Grazia è tornato a Lecco dopo dieci in Venezuela, il paese sudamericano oggi è nel caos

 

LECCO – “Ancora non se ne parla abbastanza, il Venezuela sta morendo”. Lo sguardo perso nei ricordi, la voce sommessa per trattenere il dispiacere, le frasi interrotte da pause di silenzio che tanto dicono senza bisogno di parole: Luca Di Grazia conserva ancora nella mente le immagini di un paese distrutto dai disordini sociali, immerso da una povertà esplosa in un caos pericoloso, troppo, per restarci.

Per questo ha deciso di lasciare il Sud America insieme alla sua famiglia e fare ritorno a Lecco, la città dove è nato e dove molti lo conoscono: abitava sul viale Turati ed è stato titolare del Bolan Bar di Acquate, in via Renzo, chiuso una decina d’anni fa, prima della sua partenza, nell’agosto del 2006

“Volevamo cambiare vita, mia moglie Nadia è venezuelana e avevamo deciso di raggiungere la sua famiglia a Isla Margarita. Siamo partiti quando i nostri bimbi erano ancora piccoli,  3 anni il più piccolo Alessandro, 5 anni il più grande, Lorenzo. Lì abbiamo aperto prima un internet point, poi una pizzeria e negli ultimi cinque anni abbiamo gestito due agenzie di viaggio. Avevamo clienti europei che visitavano Caracas, facevamo escursioni con gli indigeni, li seguivo personalmente. Andava tutto a gonfie vele”.

Nelle foto, le proteste di piazza in Venezuela. Migliaia i manifestanti in strada

 

Erano gli anni di Chavez “comunque un regime, pur mascherato da democrazia. Però i soldi c’erano, il Venezuela esportava dal petrolio al cacao, era una nazione ricca e lo è ancora. Lo Stato formava delle cooperative dove molti lavoravano, col tempo ha però espropriato le aziende più grandi del Paese, messe in mano al ‘popolo venezuelano’, o meglio ai sostenitori politici per ottenere voti. Non sono però stati in grado di gestirle queste aziende che, una dopo l’altra, hanno chiuso. Il Venezuela ha iniziato a importare tutto, creando debiti enormi con Russia e Cina, finché non ci sono stati più dollari e oggi manca pure la farina. Le paninerie sfornano pane una volta al giorno, bisogna fare dieci ore di coda per averne un pò, l’ho sperimentato io stesso”.

“Maduro Asesino” la scritta proiettata su un palazzo a Caracas

 

Dopo la morte di Chavez la salita al potere di Maduro avrebbe solo peggiorato le cose: “I generali che ci sono ora sono tutti cubani, l’esercito che ha in mano in Paese è indottrinato da Cuba. Avevano tentato di invadere il Venezuela negli anni ’60 senza farcela militarmente, ci stanno riuscendo ora. Da due anni i venezuelani manifestano, nonostante qui non ne parli nessuno, perché non c’è mangiare né medicinali, gli ospedali sono fatiscenti a dire poco, devi comprarti tu siringhe e garze, se riesci a trovarle. I negozi sono gestiti dai cinesi ed anche loro se ne stanno andando. Esiste un mercato nero per il cibo, perché i negozianti sono obbligati a vendere a prezzi determinati dallo Stato, ma se facessero così chiuderebbero subito, allora vendono in nero, al triplo del prezzo e a chi se lo può permettere. Per il mangiare ora si fa come a Cuba, se sei iscritto al partito ti portano una borsa con un chilo di riso, latte, olio e farina, ma non basta, la gente muore di fame”.

La foto che ha fatto il giro del mondo, simbolo della protesta del popolo venezuelano

 

Anche Luca, con la sua attività turistica, ha subito il colpo della gravissima crisi: “Gli aerei non atterravano più, non Alitalia, Iberia, Europe, Canada, perché non vengono pagati dallo Stato venezuelano che ha 4 mila milioni di dollari di debito con tutte le aviolinee. Caracas in passato era lo snodo principale per i voli in Sudamerica, oggi c’è attiva solo una compagnia venezuelana, Conviasa, che consente il pagamento in bolivar anziché dollari e che in Europa decolla da Madrid. Ma non consiglio a nessuno di andare in Venezuela a fare la vacanze, è pericoloso, ti fanno fuori per un paio di scarpe, rischi il sequestro o la morte”.

Un giovane, accusato di rubare, aggredito dalla folla e giustiziato in strada, colpito in testa con un pezzo di legno. L’immagine è estratta da un video che mostra l’intera sequenza

 

Rischi troppo grandi, e non solo per i turisti: “La quotidianità era diventata portare i bambini a scuola, andare in ufficio e tornare a casa prima che calasse il buio. Non c’è la polizia e la guardia nazionale se ti ferma ti deruba di quello che hai; a me hanno rubato il cellulare durante un controllo. La gente si fa giustizia da sola in strada, è il far west. La mia casa ha una recinzione elettrica per non fare entrare nessuno, due pitbull in giardino e armi nel caso non tutto questo non bastasse. Una volta ho trovato dei pezzi di vestiti e del sangue sulla recinzione”.

La repressione dalle manifestazioni da parte della Guardia Nazionale

 

Peggio è andata ai suoceri: “ Erano soli quella volta, quando siamo rincasati erano feriti dalle botte ricevute dai ladri che erano riusciti ad entrare. La settimana prima che partissimo hanno ucciso il nostro vicino di casa, un altro vicino lo abbiamo trovato imbavagliato fuori dalla sua abitazione che chiedeva aiuto. Siamo partiti, soprattutto per i nostri figli , temevamo li rapissero per chiedere il riscatto, come successo a due loro compagni”.

Ad ottobre la famiglia è partita, lasciando la suocera che non aveva il passaporto in regola per poter lasciare il paese. Per qualche mese Luca e suoi hanno vissuto a Miami, poi, non ottenendo il visto dagli Stati Uniti, hanno fatto ritorno in Italia. A Lecco, Luca ha ritrovato l’amico di sempre, Orlando, con il quale oggi gestisce il bar ristorante del Camping Village Riviera di Garlate.

Luca, tornato nel lecchese, insieme all’amico Orlando al camping di Garlate di cui gestiscono il bar ristorante

 

“Clienti ce ne sono stati parecchi in questa primavera di sole.  C’è una bellissima terrazza esterna dove poter consumare pranzi, cene e ricevimenti. Abbiamo anche un chiosco sul lago che presto aprirà con aperitivi serali. Per ora siamo soddisfatti.  La vita va avanti insomma”. Anche i suoi figli hanno ripreso la loro vita qui, a scuola e nell’attività sportiva, entrambi a Mandello, Lorenzo nella società di calcio e Alessandro nella Canottieri Guzzi. “Il dispiacere grande – conclude Luca – è stato quello di lasciare quanto avevamo costruito in dieci anni di vita, e venire via così da un Paese che entrambi, io e mia moglie, amiamo immensamente”.