Mandello. Santuario Madonna del fiume, l’organo sarà restaurato

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Il Santuario della Beata Vergine del fiume, a Mandello.

 

MANDELLO – Sul territorio lariano il Santuario della Beata vergine del Fiume a Mandello è certamente una tra le chiese più belle dell’intero patrimonio artistico. Questo gioiello del primo barocco, edificato in soli tre anni nel periodo dell’immediata controriforma, è da sempre al centro della pietà popolare mandellese.

Ma i nostri avi non si accontentarono di portare a termine la sua costruzione in un tempo così breve: grazie al concreto e cospicuo aiuto della famiglia milanese degli Airoldi, allora molto presente nei confronti di Mandello, lo dotarono da subito delle preziosissime decorazioni e rifiniture (ad opera dei maestri più abili) che tutti possono ancora ammirare nella loro eccezionale integrità.

Piace ricordare che la famiglia Airoldi era allora insediata a Mandello, da un paio di secoli, nella proprietà ora Falck e altri. Con l’arciprete del tempo, promosse la costruzione della “Madonna del fiume” su una parte della loro proprietà. La chiesa fu poi sempre di patronato Airoldi, anche quando la famiglia spostò i suoi maggiori interessi a Milano e a Palermo.

Nei documenti relativi al Santuario emerge la volontà di dotare la chiesa di un organo fin dai primi momenti della sua apertura al culto. È del 1650, infatti, il primo documento che attesta la presenza di uno strumento utilizzato per il servizio divino. Si tratta di un fatto piuttosto inusuale considerato che, per evidenti ragioni economiche, difficilmente una chiesa nuova veniva dotata di un organo negli anni immediatamente successivi alla sua costruzione.

A questo proposito non è difficile osservare come chiese istituzionalmente più importanti (non va dimenticato che non si tratta di una chiesa parrocchiale) abbiano dovuto attendere secoli prima di vedersi completate con la dotazione di uno strumento di prestigio.

Chiunque abbia avuto la fortuna di varcare la porta d’ingresso di questo bellissimo Santuario non ha potuto fare a meno di notare, nell’altissima balconata sopra il portale d’ingresso, una schiera di canne, incorniciate da una splendida cassa lignea dorata, perfettamente contestualizzate con lo stile della chiesa.

Si tratta di ciò che rimane dell’antico strumento di cui si è detto, attribuibile alla scuola dell’organaro Carlo Prati, il quale – dalla seconda metà del Seicento in poi – visse il suo momento di massima celebrità.

Le ultime testimonianze riguardo l’organo in funzione risalgono agli anni Cinquanta del XX secolo. Successivamente, dopo oltre trent’anni di inutilizzo, si perde ogni traccia di questo prezioso strumento. Si sa che all’inizio degli anni Ottanta, con la chiesa utilizzata soprattutto per la celebrazione dei matrimoni, si decise di sopperire alla mancanza di uno strumento acquistando un manufatto elettronico.

Nell’agosto 2016, grazie all’interessamento di alcuni esperti e appassionati i quali hanno dato vita a un comitato ad hoc intitolato ai musicisti mandellesi Anselmo Zucchi e Giuseppe Scanagatta, è stato riunito l’antico materiale sparso in diversi luoghi.

In questa fase è stato fondamentale il contributo di un mandellese, il quale – nonostante voglia mantenere l’anonimato – ha avuto l’intelligenza, la lungimiranza e la cura di preservare la maggior parte dei componenti dalla distruzione. E’ soltanto grazie al suo intervento che è ora possibile parlare di un vero e proprio restauro storico filologico.

Per seguire le tanto affascinanti quanto complesse operazioni di restauro è stato creato un comitato di volontari i quali, nella consapevolezza di amministrare un bene appartenente alla collettività, potranno iniziare la fase relativa allo studio del materiale ritrovato grazie a uno stanziamento della Fondazione della Provincia di Lecco, che comunque, affinché lo stanziamento stesso possa divenire concreto, necessiterà del contributo dei cittadini.

Il progetto si presenta alquanto laborioso e si articola in più fasi di cui la prima si basa sullo studio preliminare del materiale disponibile al fine di procedere successivamente alla fase di restauro vero e proprio. Vista l’eccezionalità del “pezzo”, il restauro potrà costituire l’occasione di scambi culturali con Conservatori e scuole di musica.

Il quadro si fa ancora più interessante se, estendendo lo sguardo al territorio nazionale, ci si rende conto che non esistono quasi più organi del Seicento. Appare evidente come Mandello (che con gli strumenti storici presenti a Olcio e a Crebbio è già sede di master class internazionali grazie alla collaborazione della Scuola di musica “San Lorenzo” con organisti di chiara fama) potrebbe divenire ulteriormente terra privilegiata in questo settore culturale in continua crescita.

Quello che alla maggior parte delle persone può sembrare un sogno ambizioso ha invece già destato l’interesse delle principali istituzioni europee, che vedrebbero proprio in Mandello il luogo ideale per approfondire la prassi esecutiva su strumenti storici italiani e nel contempo godersi le bellezze del Lago di Como.

Entusiasta del progetto il sindaco di Mandello, Riccardo Fasoli, che spiega: “L’idea del recupero del vecchio organo nasce dal desiderio di ridare vita a un patrimonio culturale che garantirà lustro al nostro paese e di cui tutti potranno beneficiare, anche oltre i confini del territorio lariano e la volontà di restaurarlo fedelmente secondo il modello del tempo lo renderà ancora più prezioso”.