Mornati e il doping: “Sono pulito, ma adesso ho il cuore infranto”

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Niccolò Mornati durante la conferenza stampa di giovedì 28 luglio nella sala del consiglio comunale di Mandello.
Niccolò Mornati durante la conferenza stampa di giovedì 28 luglio nella sala del consiglio comunale di Mandello.

 

MANDELLO – “Sono pulito e lo dimostrerò. Sono totalmente estraneo a questa vicenda e anche chi mi ha criticato e ingiustamente accusato dovrà ricredersi. Intanto, però, alla mia carriera sportiva hanno dato un colpo da ko. Impugneremo la sentenza, ma ormai…”.

Niccolò Mornati, campione di canottaggio cresciuto alla scuola remiera della gloriosa “Moto Guzzi” e oggi portacolori del Circolo Canottieri Aniene, parla del caso che lo ho visto al centro dell’attenzione dopo essere risultato positivo a un controllo antidoping cui era stato sottoposto a inizio aprile e dopo la squalifica a quattro anni che ne è seguita.

Niccolo-Mornati_Mandello_canottaggio_2016 (4)Nella conferenza stampa che si è tenuta giovedì 28 luglio nella sala del consiglio comunale di Mandello il vogatore ha spiegato che “è arrivato il momento di dare la mia versione dei fatti”. Al suo fianco il sindaco, Riccardo Fasoli.

“L’integrità morale, personale e sportiva di Niccolò non può e non deve essere messa in alcun modo in discussione – ha premesso il primo cittadino – Io ho creduto e credo in lui, perché lo conosco molto bene, perché con lui ho praticato il canottaggio e perché sono certo della sua onestà”.

“Tutto è iniziato il 6 aprile di quest’anno in occasione di un controllo antidoping a sorpresa mentre ero in ritiro a Piediluco – ha esordito Mornati – Ero sotto controllo medico e con me c’era anche il mio compagno di barca Vincenzo Capelli, con il quale avremmo dovuto partecipare alle Olimpiadi avendo già qualificato il nostro “due senza” proprio per i Giochi di Rio”.

“Oltre a me hanno controllato una quindicina di atleti – ha spiegato – ma io ero assolutamente tranquillo e infatti mi sono sottoposto a cuor leggero a quel controllo, come sempre. Invece 23 giorni dopo è scaturita la mia positività all’anastrozolo, una sostanza chimica inquadrabile nel gruppo dei farmaci ormonali, che tra l’altro non dà alcun beneficio alla performance di un atleta e anzi può danneggiarne l’attività”.

Ma dov’era contenuta quella sostanza? “Con ogni probabilità in uno degli integratori che assumevo, peraltro approvati dalla Federazione – ha aggiunto – anche se non è ancora da escludere possa esservi stata una contaminazione esterna. Mi hanno trovato 0,5 nanogrammi di quella sostanza e da lì la pubblica accusa ha chiesto per me due anni di squalifica, poi raddoppiati dal Tribunale nazionale antidoping”.

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“Adesso aspetto la motivazione della sentenza – ha osservato sempre il trentacinquenne vogatore, alle spalle già tre Olimpiadi – ma ho il cuore infranto e del resto quattro anni di squalifica annullano la vita di ogni atleta. Al di là di ciò fa male, anzi malissimo sapere che non è mai stata presa in considerazione la mia versione dei fatti e vedere che la tesi della difesa non è stata neppure valutata”.

Mornati ha poi detto di essere rimasto “sinceramente sorpreso” quando il direttore tecnico della Federazione italiana canottaggio, Giuseppe La Mura, ha parlato di sabotaggio e alla domanda su chi gli sia stato più vicino in questa brutta vicenda ha risposto, senza esitazione: “I miei familiari, mio fratello Carlo, che è capo delegazione ai Giochi di Rio 2016, la mia fidanzata Francesca, il presidente del Coni Giovanni Malagò e tutto il mio Circolo. Sì, la Canottieri Aniene si è stretta attorno a me e ciò ha reso un po’ più leggeri questi mesi di sofferenza”.

Poi un’amara considerazione: “Ho sempre messo il mio sangue e le mie urine a disposizione dell’Antidoping e adesso…”.

Niccolò Mornati è quindi tornato sulla pesante squalifica che lo ha condannato a restare quattro anni lontano dai campi di regata. “E’ una punizione ingiusta – ha ribadito – che tocca anche la mia famiglia e i valori che ho sempre espresso. Hanno prevalso il dogma e la sentenza di una macchina contro le mie dichiarazioni ed è assurdo che al centro del sistema giudiziario sportivo non vi siano l’atleta e le sue verità”.

“Stiamo diventando un popolo sempre più pronto a giudicare e sempre meno attento ad ascoltare – ha concluso il sindaco Fasoli – ma Niccolò deve sapere che siamo con lui”.

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