Non prende la pensione perchè l’Inps non gli stampa un bollettino: “Vergognoso”

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LECCO – E’ arrabbiato, arrabbiatissimo, ma dalla sua bocca non esce un insulto, bollando la spiacevole vicenda che è costretto a vivere come “vergognosa” aggiungendo “è la solita storia all’Italiana, dove nessuno sa darti risposte e lo scarica barile è all’ordine del giorno”.

Lui è Pasquale Ruberto, classe 1959, lecchese, 40 anni di contributi, o meglio: 39 anni, dieci mesi e 51 settimane. Il mese e la settimana che gli mancano vorrebbe versarli, come ha già fatto da sei mesi a questa parte quando, conclusa la mobilità, ha iniziato a pagare i contributi volontari per raggiungere “la data di maturazione del requisito” per andare in pensione. Peccato che l’Inps non gli stampi il bollettino, senza il quale Ruberto non può versare gli ultimi contributi. Risultato, la pensione, che avrebbe dovuto percepire dal primo di febbraio, non arriva.

“Sono stato più di 20 volte agli uffici di Lecco dell’Insp, facendo presente la cosa, ma niente da fare – racconta – Il bollettino che a me serve per versare gli ultimi contributi non l’hanno. Dicono che a Lecco non possono stamparlo e che la colpa è di Roma. Quando martedì scorso mi sono presentato per l’ennesima volta presso gli uffici di via Igualada insieme a mio genero, mi hanno persino consegnato un documento sul quale risulta che al momento ‘non sono presenti pagamenti da effettuare’. Siamo all’assurdo. E’ una situazione disarmante”.

Impotente davanti a questa beffa burocratica, o presunta tale, Ruberto ha deciso di rendere pubblica la sua vicenda: “E’ giusto che la gente sappia cosa succede quando si finisce nel ginepraio della burocrazia. Un mese di ritardo nel percepire la pensione, forse due o forse tre staremo a vedere, per alcune persone possono non essere un problema, per me invece lo sono. E poi è ne faccio anche una questione di principio, ho lavorato 40 anni, ho pagato quello che dovevo sempre e regolarmente e adesso ecco il trattamento che mi viene riservato”.

Nel settembre del 2015, Ruberto, a causa di un problema cardiaco, è costretto ad interrompere il rapporto di lavoro con l’azienda per la quale era alle dipendenza da pochi anni. Gli viene riconosciuta un’invalidità e successivamente la mobilità. Mobilità che termina, per calcoli errati, sette mesi prima del primo febbraio 2017, giorno in cui Ruberto avrebbe dovuto iniziare a percepire la pensione. Decide così di versare per sette mesi i contributi volontari. Lo fa con sacrificio e centellinando i suoi risparmi, senza immaginare però di dover fare i conti con la mala burocrazia.

“Non credo di essere l’unico in questa situazione e mi auguro che denunciando quanto mi sta accadendo escano allo scoperto tutte quelle persone che, come me, sono vittime di un sistema che troppo spesso anziché aiutare i cittadini li danneggia e li penalizza rendendogli la vita ancor più difficile di quella che è. Otterrò poco, forse niente, dopo aver raccontato la mia vicenda, ma stare in silenzio accettando quello che ritengo un sopruso per me è ancor più inaccettabile”.

E intanto la folta barba bianca di Ruberto sta crescendo a dismisura: “E’ un segno di protesta – ci confessa – Ho deciso di non tagliarla più finché non si sarà risolto questo problema”.