Qui Lecco Libera: ecco come valorizzare gli immobili comunali

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Qui Lecco Libera dopo aver partecipato lo scorso 7 luglio all’incontro promosso dall’Amministrazione Comunale per la presentazione del Piano delle alienazioni e valorizzazione dei beni immobili comunali, lunedì ha presentato in Comune le proprie osservazioni al Piano. Un documento corposo (consultabile alla fine dell’articolo) che si apre con due premesse e prosegue con la formulazione di tre proposte che riportiamo sinteticamente:

1) Creazione di un Fondo immobiliare chiuso a partecipazione collettiva pubblica e privata
1b) La Creazione di un’azienda speciale che si assuma il compito di gestire gli immobili

2) Istituzione dei BOC Buoni ordinari comunali, eventualmente anche a struttura a tasso negativo.

3) Strade alternative o complementari come i Fondi di garanzia a incentivo dove l’erogato è di solito il doppio di quello garantito appunto dal Fondo stesso. I certificati di deposito dedicati e l’acquisto di un posto indelebile sulla casa valorizzata, lungo il viale, dentro al città, attraverso la sottoscrizione libera di “offerte” o per la riduzione del tasso di interesse del titolo.

“In occasione dell’incontro del 7 luglio – spiega il portavode Paolo Trezzi – Diverse erano le realtà presenti, quelle che hanno locali del Comune in affitto, altre che lavorano con lo stesso e altre ancora che aspira(va)no ad aver una propria sede nei locali del Comune. Nella sostanza però il tutto si è rivelato più un tentativo di misurare il polso, per un’alienazione auspicata da parte del Comune con una mera ricerca di legittimazione. Se il Comune avesse idee diverse dall’alienazione o dismissione non si è ben colto. Tantopiù leggendo le successive dichiarazioni e notizie sulla stampa locale di ipotesi di cambiar sede del Palazzo comunale. L’Amministrazione ha deciso di trasferire in altra sede – in un’unica sede – gli uffici, le attività del Comune? Se ha deciso per il si, come sembra, il dovere di queste riunioni con le associazioni non si pone mica poi tanto. Come la si paga la sede nuova che soldi non ce ne sono nemmeno per gli autobus pubblici e la mensa scolastica? Che non ce ne sono nemmeno per salvare il simbolo turistico di Lecco quale è Villa Manzoni? E se devi pagare uno di questi nuovi palazzi vendendo/scambiando i beni comunali attuali poco o nulla resta. Nell’attesa che ce lo dicano se si deve vendere, se si è deciso di vendere, allora si venda alla città, ai cittadini: da qui siamo infatti partiti, come Qui Lecco Libera, sia verbalmente durante l’incontro di presentazione sia con queste nostre Osservazioni per dare il nostro contributo. Anche perché è quantomeno bizzarro valorizzare beni pubblici vendendoli”.

Ecco allora la proposta dell’associazione lecchese: “…perché non battere altre strade, complementari, da sperimentare come per esempio i percorsi degli ATU (ambiti di trasformazione urbana) nel Piano di Governo del Territorio in approvazione? Utilizzando la leva della compensazione ecologica preventiva, il privato fornisce i servizi e le opere di interesse pubblico (tra cui mettere a posto gli stabili dismessi del Comune) dopodiché realizza le opere approvate. Perché non creare un supporto finanziario per questi – e altri – beni dei Comune? Con un fondo immobiliare chiuso a lunga durata, a maggioranza comunale o un’Azienda Speciale? O un percorso di sostegno usufruendo dei più semplici Certificati di deposito dedicati usati anche da altri Enti? Prima di vendere ai privati non serve pensare di utilizzare gli spazi pubblici per appartamenti in Housing sociale, spazi ricreativi, musicali, teatrali di cultura per la città anche in vista del nuovo polo Universitario? Una cittadella dell’altra-economia? Una sede per l’Archivio storico di Stato, una Fondazione Comunale o Provinciale per i Beni Culturali? Ed altro ancora che potete trovare leggendo le nostre Osservazioni al Comune… Certo – conclude Trezzi – se poi la vendita è la priorità del Comune basta dirlo. Ma si venda alla città e non la Città. Seguendo il solco di quantificare i volumi e metri quadri come ricchezza sociale e non come merce in vendita al miglior offerente”.

QUI IL DOCUMENTO INTEGRALE