Qui Lecco Libera svela i retroscena “all’italiana” della LC-BG

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LECCO – I conti non tornano sulla Lecco Bergamo: un’opera che sarebbe dovuta costare alla collettività 93,7 milioni di euro, il cui importo è lievitato attualmente a 118 milioni, un cronoprogramma che avrebbe dovuto terminare nell’agosto del 2014 e che ora forse vedrà la fine lavori nel novembre del 2019.

Forse, perché se Salc, impresa del gruppo Salini che ha in capo l’appalto dei lavori, non dovesse accettare l’ultimo accordo proposto dalla Provincia (dovrà dare risposta entro l’1 giugno) si potrebbe giungere alla recessione del contratto,

Ma come si è arrivati a questo punto? “La sensazione è che non tutto sia chiaro alla cittadinanza. E’ importante conoscere tutte le tappe di questa vicenda per capire cosa sta accadendo in questi giorni” ha sottolineato Duccio Facchini, introducendo il suo intervento che ha aperto la serata promossa da Qui Lecco Libera alla Casa sul Pozzo di Chiuso, rione che ‘ospita’, suo malgrado vista la faccenda, il cantiere per l’imbocco del tunnel che collegherà Lecco alla zona del Lavello di Calolziocorte, consentendo così di traslare sulla galleria il traffico diretto verso Bergamo.

L’attacco del tunnel, si attende ancora l’inizio dello scavo.

 

“Più che di Lecco-Bergamo dovremmo parlare della Lecco-Calolzio” precisa Facchini ricostruendo, attraverso gli atti pubblici, le lettere tra enti e le comunicazioni dell’impresa, la storia di un’opera nata sulla carta nel 2001, con l’Accordo di Programma tra Provincia di Lecco, Comuni di Lecco,Calolziocorte, Vercurago per la definizione del tracciato di riqualificazione della Ss 639, diventata progetto preliminare nel 2004, progetto definitivo nel 2010 ed esecutivo nel 2012.

In quegli anni si delineano da subito i problemi che ancora oggi tormentano la realizzazione di questa infrastruttura, finanziata con 22 milioni di euro dalla Provincia ( i restanti 71 milioni sono stati coperti dal Ministero), anche se, fino alla stipula del mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti non era mai stato chiesto dagli amministratori di Villa Locatelli il parere di regolarità contabile, giunto solo in quell’occasione nel 2010 e dall’esito negativo in quanto la Provincia è in esercizio provvisorio e non può accollarsi spese in conto capitale che non siano somme urgenze, oltre all’impossibilità di rispettare il pareggio di bilancio e al possibile squilibrio finanziario in mancanza di ulteriori risorse da reperire attraverso alienazioni.

La lettera di Regione Lombardia alla Provincia

 

Già nel 2005 Regione Lombardia, a cui Villa Locatelli aveva sottoposto il progetto, sottolineava come nel progetto non fosse stata “specificata la destinazione prevista” per le terre da scavo del cantiere, per questo il Pirellone aveva chiesto “ulteriori chiarimenti in merito”.

Il ‘caso’ scoppierà nove anni dopo, con un comunicato dell’impresa Salini nel quale veniva denunciata una “situazione insostenibile per il proseguimento dell’appalto”; l’azienda presenterà 17 riserve per un valore di 34 milioni di euro, di cui solo 13 milioni per il cambio del sito per le terre di risulta, dall’ex cava Mossini alla Miniera di Rio Gambaione di Cassago. Si arriverà ad un accordo bonario per 6,5 milioni di euro e il taglio di alcune opere.

Nel frattempo il costo della galleria era già aumentato, per l’aggiunta di 6,9 milioni di euro di ulteriori costi legati all’incremento dell’Iva ad interventi per i sottoservizi, e l’opera ‘ridotta’: il progetto esecutivo presentato dalla Salini prevedeva infatti un piano economico di 107 milioni di euro, superiore allo stanziamento che la Provincia aveva previsto, si decide quindi produrre un nuovo progetto e ridurre di un metro la carreggiata stradale rispetto a quanto previsto in origine.

Il pubblico in sala, la maggior parte residenti di Chiuso

 

Lo stesso succede oggi per rientrare da quei 18 milioni, necessari al completamento dell’opera come sottolineato dal Rup in una lettera alla Provincia nel maggio del 2016, e dovuti in parte al già citato accordo bonario e a maggiori occorrenze finanziarie per 9 milioni di euro: si eliminano alcuni interventi in attesa di poterli coprire i finanziamenti che dovrebbero, condizionale d’obbligo, giungere dalla Regione e dal Ministero.

Eppure, nonostante la riduzione del piano dell’opera, con le risorse oggi disponibili, in mancanza ulteriori integrazioni , “è possibile scavare solo il 25% della galleria naturale”: lo scrive Angelo Valsecchi, dirigente del settore Lavori Pubblici della Provincia, all’allora consigliere Rocco Cardamone che chiedeva di “imprimere il giusto ritmo al cantiere”, visti i ritardi accumulati sull’opera e l’incalzare di “media” e “opposizioni”.

“Questo è il modo di realizzazione: nessuna progettualità, mancanza di respiro economico, stralcio delle opere previste” sottolinea il portavoce di Qui Lecco Libera.

La lettera di risposta del dirigente Valsecchi al consigliere Cardamone, nel maggio del 2016

 

Tagli che, ricorda Facchini, riguarderanno cose non certo di poco conto, come le pavimentazioni stradali, la segnaletica, le barriere di sicurezza e le opere di rifinitura che avrebbero dovuto rendere meno impattante il cantiere per la vita dei cittadini di Chiuso. E questi ultimi, non a caso, si arrabbiano:

“Ci hanno raccontato un sacco di bugie, ci davano impressione che sarebbe migliorato il quartiere, hanno distrutto un giardino pubblico che ci è costato tanti sacrifici, non abbiamo possibilità di parcheggio e disagi nei trasporti – si sfoga una residente – tante case sono a rischio e sono già emerse crepe nei muri”.

Anche il comitato di Chiuso è allo stesso modo preoccupato: “Cosa interessa a noi ora? Che l’opera sia a costo zero per noi abitanti – ha riferito uno degli esponenti del coordinamento di cittadini – la galleria passa 18 metri sotto le nostre abitazioni, se dovessimo avere danni chi pagherà? Noi non vogliamo metterci una lira e pretendiamo che quell’area sia ripristinata nel migliore dei modi. Hanno rovinato la vivibilità del nostro quartiere”.