‘Tra zero e ottomila’, Hervé Barmasse fa sognare il Cenacolo

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LECCO – “In una scala numerica, se scalare un ottomila deve rappresentare la felicità, la quota zero è la difficoltà. In pratica, noi oscilliamo tra zero e ottomila, diamo i numeri alle emozioni. Quello che ho imparato, e quello che vorrei dire a voi stasera, è: siate felici, scrivete la vostra storia, che sia scalando un ottomila, o facendo una passeggiata nel bosco“.

La storia dell’alpinista valdostano Hervé Barmasse ha incantato 500 persone giovedì sera al Cenacolo Francescano, nella serata promossa dalla Scuola Nazionale di Scialpinismo del Cai di Lecco in occasione dei 50 anni di fondazione (1969-2019).

L’evento ha richiamato in città tantissimi appassionati di montagna, tant’è che, per motivi di sicurezza, l’accesso è stato limitato a poco più di 500 persone (capienza del Cenacolo). Alle nove, fuori dal teatro, un centinaio di persone hanno così atteso inutilmente di entrare per poter assistere alla serata. E’ stato lo stesso Barmasse, visibilmente dispiaciuto, a spiegare loro la situazione: “Purtroppo ci sono persone già sedute in corridoio, c’è un limite di capienza, non possiamo più fare entrare nessuno. Tornerò presto, ve lo prometto!”.

Mario Bonacina, fondatore della Scuola Nazionale di Scialpinismo Cai di Lecco

 

La serata si è aperta con l’omaggio a Mario Bonacina, 90 anni il prossimo anno, fondatore della Scuola Nazionale di Scialpinismo del Cai di Lecco. Emozionato Bonacina è salito sul palco per portare un saluto alla platea. La scuola, come ricordato, è nata 50 anni fa grazie ad un gruppo di alpinisti guidati da Riccardo Cassin: “Siamo partiti con 20 iscritti, ad oggi ogni corso ha una media di 50 iscritti” ha ricordato Bonacina insieme ad Ottavio Penati, istruttore. Per festeggiare il 50esimo si sta organizzando per marzo una gita davvero particolare: la traversata delle Orobie da Lecco all’Aprica. “E’ tutto work in progress – ha anticipato Stefano Bolis – confidiamo nel buon innevamento!”.

Sul palco è poi salito l’ospite e protagonista della serata. Classe 1977, originario di Valtournenche, Hervé Barmasse è nato con l’appellativo ‘il figlio del Cervino’, la montagna di casa. “Quando sono venuto al mondo, non avrei mai immaginato di diventare alpinista. E’ stato tutto merito di mio padre. Era il 21 dicembre, mia mamma aveva iniziato ad avere le doglie, ma mio papà, alpinista e Guida Alpina, aveva già preparato lo zaino e le aveva detto scherzosamente che lo stava facendo apposta, di partorire in quel momento. Nonostante stesse per diventare papà quindi era partito per la parete Ovest del Cervino. Quando sono nato in paese dicevano: ‘E’ nato il figlio del Cervino’ “.

Uno dei tanti, tantissimi aneddoti raccontati con trasporto durante la serata. Nato sciatore, “lo sci alpino è stato la mia vita per 16 anni, ho dovuto fermarmi a causa di un brutto incidente in pista”, Barmasse si è avvicinato all’alpinismo sempre grazie al padre. “Un giorno è venuto da me proponendomi di andare sul Cervino. Era febbraio, io gli avevo risposto ‘Ma papà, fa freddo!’, e lui ‘Con la neve è tutto più bello!’. L’ho seguito, il primo giorno me lo ricordo come una tortura. Poi siamo arrivati al rifugio, abbiamo mangiato e dormito, la mattina ci siamo svegliati e ho visto l’alba. Bella come solo un’alba invernale sa essere, con i colori che si sfumano e abbracciano le montagne. Lì mi è scattato qualcosa dentro. Faceva freddo, ma io sentivo caldo”.

E’ uno dei tanti momenti di felicità che l’alpinista ha vissuto in montagna: “Alpinismo, lo sappiamo, è trovare la propria strada. La montagna mi ha insegnato l’amore, la felicità, la passione, il rispetto. Ma anche la paura. Non il panico. Quello l’ho provato solo in ospedale, dove mi ero recato per un rigonfiamento sul collo che mi avevano detto poter essere un tumore. Fortunatamente si trattava solo di una ciste, ma in quei momenti ho capito che la corda della speranza è troppo sottile e non ci si può aggrappare più di troppo”.

Barmasse è attratto dalla montagna e spesso parte da solo per affrontare le pareti. Nel 2002 porta a termine la prima ascensione in solitaria e la terza ripetizione in assoluto della via Casarotto Grassi sulla parete sud del Cervino. L’alpinismo lo porta anche all’estero, in Patagonia, in Pakistan, dove scala alcune cime inviolate. Ma anche sulle montagna di casa, le Alpi, teatro del progetto Exploring the Alps che lo porta ad aprire tre vie nuove in un anno su Monte Bianco (sul pilastro di Sinistra del Brouillard con i fratelli Iker ed Eneko Pou), sul Monte Rosa (Punta Gnifetti, parete sud-est, con il padre Marco), e Cervino (Picco Muzio, in solitaria).

I problemi di salute (ernia del disco cervicale) costringono Barmasse a uno stop forzato seguito da una lunga riabilitazione: “Mesi difficili, che mi hanno messo a dura prova. Quando mi sono ripreso sono partito per la Patagonia d’inverno, un incanto unico, poi, tornato, ho progettato il concatenamento delle quattro creste sul Cervino, che ho completato nel marzo 2014 in 17 ore di scalata. Uno dei giorni più felici della mia vita”.

Con l’amico e presidente del Cai di Lecco Alberto Pirovano

 

Da queste esperienze nasce il libro “La montagna dentro”, che ‘costa’ all’alpinista quasi 5 mesi di lavoro e di lontananza dall’arrampicata: “Più che altro è stato un lungo percorso di analisi di me stesso, non pensavo avesse così tanto successo, davvero” ha detto. Poi, inaspettatamente, arrivano i complimenti di Reinold Messner: “Per me sono stati un nuovo punto di partenza, non un punto di arrivo. Ero carico di energie ma sono stato ancora fermato dall’ernia. L’ennesima operazione ha rivelato che nel collo avevo una scheggia di osso infilata in un nervo. Ero stato fortunato, la vita mi aveva dato una seconda occasione, e così ho iniziato a sognare gli 8 mila”.

Foto di gruppo con gli istruttori della Scuola

 

Nel 2017 Hervé Barmasse e l’amico David Gottler salgono in 13 ore e in stile alpino (senza corde fisse e ossigeno) la parete sud dello Shishapangma, in Tibet (8.027 metri), sfruttando l’unica finestra di bel tempo prevista. “A onor del vero – ha detto Barmasse – siamo arrivati a 3 metri dalla vetta a causa dell’instabilità del manto nevoso. Qualcuno mi ha detto che ho fallito, io ho risposto che se in montagna scegli di vivere, hai vinto” ha concluso Barmasse, accolto da uno scrosciante applauso.

La serata si è conclusa con i saluti del Presidente del Cai di Lecco e amico Alberto Pirovano: “”Grazie Hervé, perché hai saputo raccontarci non solo il grande alpinista che sei ma soprattutto la parte più intima e delicata di te”. Quindi una foto di gruppo insieme agli istruttori della Scuola di Scialpinismo.

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