OGGIONO – Lui risiede ad Oggiono, ma produce olio extravergine di oliva in Sicilia prendendosi cura direttamente del suo oliveto e del suo prodotto. Lo fa da pendolare su lungo raggio. Da 7 anni su e giù per lo stivale. “Una vita” se si pensa ad un lavoro dietro ad una scrivania, poco tempo se si esordisce da neofiti nel vasto mondo dell’agricoltura e degli oli in particolare.
Eppure Gianfranco Tuoro, classe 1981, lo scorso maggio, con il suo Sciavuru d’Aliva (Profumo d’oliva) ha ottenuto il massimo riconoscimento: la Gold Medal (medaglia d’oro) alla prima edizione del concorso “Domina International Olive Oil Contest – D-IOOC”, che si è tenuto a Palermo, sotto la regia di Antonio Giuseppe Lauro, Capo Panel e assaggiatore professionista di olio extravergine di oliva di fama internazionale. Non solo, il suo olio è finito anche sulla guida Slow Food dei migliori oli extravergini 2016.
Coraggio, grinta e determinazione. Di aggettivi per Gianfranco ne potremmo aggiungere tanti altri. In cuor suo lui lo sa, ma non lo da a vedere. Voce chiara e sguardo sereno anche quando ritorna col suo racconto all’estate del 2002, quando, in seguito ad un incidente motociclistico, è stato costretto su una sedia a rotelle. “Chiusa la mia carriera da chef, dopo la scuola alberghiera e 7 anni passati in giro per l’Europa tra Francia e Inghilterra, la vita l’ho dovuta ripensare tutta. E l’ho voluto fare partendo dal fatto che il lavoro d’ufficio non era cosa per me”.
Per un primo periodo torna a vivere con la famiglia a Valgreghentino, ma l’abitazione multipiano non lo facilita così decide di trasferirsi a Castelvetrano in Sicilia, paese natio della madre, presso l’abitazione di uno zio. “Qui, ho avuto modo di pensare e riflettere. Poi, nel 2009, l’idea: compro un oliveto e produco olio”.
Ed è così che Gianfranco, in barba alla sua situazione, con coraggio e un pizzico di incoscienza, nel 2009 investe i suoi risparmi in due ettari e mezzo di terreno con 600 ulivi. Pur non avendo la benché minima esperienza nel settore si mette in gioco. Niente scrivanie, niente uffici, ma un trattore da modificare così da poterlo usare nell’uliveto. Per Gianfranco la nuova sfida è iniziata e già nell’autunno dello stesso anno imbottiglia il suo primo olio.
Crea nome ed etichetta, intanto capisce che deve colmare un ampio gap nozionistico e pratico. Gianfranco studia, si informa, si applica arrivando a capire da subito che, nonostante le potenzialità del prodotto agricolo, la produzione massiva di olive, portata alle cooperative, com’è in uso fare in quelle terre, è fallimentare. “Lo è da anni – puntualizza – tuttavia c’è perseveranza nel proseguire in questo modo. Io ho deciso di prendere un’altra strada”.
Nei primi 2 – 3 anni incontra non poche difficoltà. Tenta la vendita partecipando ad alcuni mercatini e promuovendo il suo prodotto con il volantinaggio. Nulla da fare. “Non capivo dove sbagliavo. Poi mi sono reso conto che era il mio target l’anello debole”.
Nel frattempo, prestando attenzione ai processi di raccolta e molitura, Gianfranco incrementa la qualità del suo olio rigorosamente extravergine, mono varietale, prodotto esclusivamente da olive di qualità Nocellara del Belice “così chiamate – spiega – perché grandi come una noce”.
Gianfranco decide così di puntare in alto. “Per differenziarmi e dare valore aggiunto al mio prodotto mi sono rivolto a chi aveva gli strumenti per capirlo. Ho agganciato alcuni promotori e dei ristoratori che lavoravano e lavorano con l’olio, uno su tutti Tano Simonato del ristorante milanese ‘Tano Passami l’olio’, 1 stella Michelin, il quale devo ringraziare per avermi dato fiducia sin dall’inizio”. Sciavuru d’Aliva in appena tre anni entra nel circolo virtuoso degli oli di alta qualità.
Oggi, viene utilizzato in alcuni dei migliori ristoranti italiani ed ha varcato i confini nazionali finendo a Vienna in Austria, in Svizzera e da qualche mese persino in Giappone.
Da poco, Gianfranco ha acquistato mezzo ettaro in più, portandoli a 3 e producendo dai 1800 ai 2mila litri di olio all’anno. “Dipende dall’annata – spiega – le variabili sono tante ed il meteo incide parecchio”.
Ma come si fa a riconoscere un olio extravergine buono? Alla domanda Gianfranco non si risparmia nella risposta: “Partiamo da una prima considerazione. L’oliva, una volta raccolta, va al frantoio e viene molita. Non c’è, o almeno non ci dovrebbe essere, nessun altro tipo di passaggio. Meno tempo passa dalla raccolta alla molitura meglio è. Nel mio caso, la raccolta viene fatta a mano, per evitare di danneggiare le olive e innescare un processo di fermentazione che andrebbe ad alterare negativamente il sapore dell’olio. Mentre la molitura la effettuo al massimo quattro ore dopo la raccolta. E’ chiaro che il sapore all’olio lo da l’oliva, la quale a sua volta ha caratteristiche differenti da un anno all’altro, determinate dal meteo. Il mio è un olio mono varietale, ossia prodotto da sole olive del tipo Nocellara del Belice, ma ci sono oli, definiti in gergo ‘blend’, che vengono prodotti miscelando diversi tipi di oli. Curiosità, in Italia, grazie alla sua conformità e ai suoi diversi microclimi, abbiamo 530 tipi di olive differenti circa la metà del patrimonio genetico mondiale: un’unicità!”.
Tornado alla bontà dell’olio, Gianfranco prosegue: “La maggior parte degli oli vengono prodotti come ‘blend’ e la grande distribuzione negli ultimi 40 anni ha standardizzato i gusti, con sapori blandi così da piacere a più persone. Com’è possibile questo? L’assaggiatore assaggia diversi oli e mischiandoli crea il gusto. Prendendo materie prime provenienti da varie parti si da vita ad un olio che avrà lo stesso gusto oggi, domani, fra un anno, fra venti”.
E mentre la grande distribuzione standardizza i gusti, Gianfranco sta cercando di fare l’esatto contrario tracciando una nuova frontiera del gusto ma anche una nuova filosofia volta ad educare i palati dei suoi clienti. “Io propongo un olio mono varietale, cercando di ottenere il meglio dal prodotto che mi da la terra anno per anno. Lo ritengo un modo più sfizioso di lavorare, ma anche più educativo per il cliente. Oltre a vendere un prodotto buono vorrei che la gente capisca che non è possibile uniformare il gusto dell’olio extravergine d’oliva e che proprio in questo sta il bello del mio lavoro e la bontà del mio prodotto”.
Una filosofia che Gianfranco sta portando avanti con non poca fatica, ma che sta iniziando a dare i suoi frutti, non ultimo il riconoscimento al “Domina International Olive Oil Contest – D-IOOC”.
Un olio, lo Sciavuru d’Aliva, classificato come un extravergine fruttato medio. “Le Nocellara del Belice è una delle poche specie di olive a doppia attitudine: da mensa (da mangiare, ndr) e da olio. Altre sono ad esempio l’ascolana, l’oliva di Gaeta, la Taggiasca, ma sono davvero poche. Dalla Nocellara si ottiene un olio fruttato medio, le altre due classificazioni sono fruttato leggero e fruttato intenso. Classificazione che è data da due percezioni: quella olfattiva e quella gustativa. Un buon olio deve avere un profumo fresco che ricordi quello del prato, dell’orto. All’assaggio deve essere amaro e piccante; una piccantezza che si deve sentire in gola e non sulla lingua come accade con il peperoncino. Molti lo credono un difetto, perché la standardizzazione ha portato ad avere un olio neutro, in realtà la piccantezza è un valore aggiunto dell’extravergine per via dell’alto contenuto di polifenoli (antiossidanti)”.
E arriviamo così al prezzo e ad un’altra lezione sul mondo dell’olio. “Si tenga presente: un olio, che si possa chiamare tale, a bocca di frantoio, ovvero acquistato direttamente al frantoio, in una regione come la Puglia che è tra le più produttive al mondo, costa tra i 5 e i 6 euro al litro. Pensare di acquistare un buon olio a meno di quel prezzo è impossibile, anche perché poi vanno aggiunti i costi di imbottigliamento, etichettatura e trasporto. Il mio olio lo vendo a 60 euro la latta da 5 litri (12 euro al litro), 15 euro la bottiglia da 0.75 e 12 euro il mezzo litro“. Ordinabile da tutti, aggiungiamo noi, direttamente dal sito internet www.sciavurudaliva.it o dalla pagina Facebook – cell 328-8713101.
E per quanto riguarda il futuro? Gianfranco ride e chiosa: “Di idee ce ne sono sempre. Vedremo se riuscirò a realizzarle. Sicuramente tra le tante non c’è quella di trasferirmi al sud. Preferisco continuare con il mio sali e scendi. Lo faccio circa tre volte all’anno, in primavera e poi in autunno per la raccolta e la molitura. Ho scelto di tenere il mio oliveto in regime di biologico e le piante non hanno bisogno di grandi cure. Per il momento la sto rischiando, ma va bene così”.
Verrebbe da dire tutto liscio come l’olio… Gianfranco sorride ed anche se non è vero che va tutto liscio come l’olio, lui, gli ingranaggi della vita, li ha saputi oliare ben bene così da non sentirla più stridere. Chapeau!