45enne in coma. ‘Quel medico va sospeso’

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    Alfredo Cortese

    Alfredo Cortese fino a martedì della settimana scorsa stava bene e viveva a Germanedo, oggi lotta tra la vita e la morte nel reparto di Rianimazione intensiva a Erba, ma la sua disavventura medica nasce a Lecco. Dove per due volte in pronto soccorso gli avrebbero fatto la diagnosi di una banale lombosciatalgia, ma dentro di lui già lavorava un killer, il batterio staphylococcus aureus che ha invaso il suo corpo e reso attualmente inservibili cuore, polmoni, reni e fegato.

    La sua triste vicenda è apparsa su Facebook, postata attraverso un dolorosissimo sfogo del fratello Domenico “Mimmo” Cortese, noto batterista lecchese, in cui chiede ai vertici dell’ospedale Manzoni di sospendere il medico, secondo lui maggiormente responsabile nel ritardo della c

    ura (vedi il testo in calce). Gli hanno risposto decine di persone, con grande solidarietà e anche all’ospedale Manzoni ieri mattina non si parlava d’altro.

    Massimo, fratello di Alfredo

    Rintracciato da LeccoNotizie, Mimmo è arrivato nella nostra redazione con il fratello Massimo (in foto qui a destra): insieme, ci hanno raccontato la loro storia.

    Alfredo Cortese ha raggiunto i suoi 45 anni da sanissimo uomo pacifico,  installatore di serramenti assieme ai fratelli. Non sposato, residente a Germanedo con genitori ultraottantenni ha un unico vezzo: i capelli stile rasta, ora tagliati nel reparto intensivo. E sono quelli secondo il fratello Mimmo ad aver ingenerato il pregiudizio su cui poi sarebbe corsa la presunta leggerezza nell’affrontare il suo caso.

    Dunque martedì 21 giugno l’insorgenza dei sintomi, con tappa obbligata dal medico di base il giorno seguente, mercoledì. Sono dolori alla schiena e sulle prime vengono scambiati per problemi di origine professionale. Ovvia la prescrizione di analgesici.  Ma la sofferenza non passa, anzi si acuisce nonostante il ricorso a medicinali più pesanti.

    Giovedì pomeriggio il primo ingresso al Pronto Soccorso di Lecco, i familiari riferiscono con febbre a 38,5, dolore acutissimo, una gamba e un braccio inservibili e impossibilità di camminare. All’accettazione (triage) gli assegnano un codice verde: caso “poco critico”. Dopo un po’ di ore viene visitato; servirebbe una Tac – avrebbero spiegato – ma manca il radiologo. Successivamente sarebbe stato dimesso – ci raccontano i fratelli – con diagnosi  di lomboscialtagia acuta e l’impegnativa per la tac in classe d’urgenza A. Scrive la sorella Roberta su Facebook: “Gli hanno fatto una flebo”.

    L’uomo si mette a letto, mentre la situazione si aggrava. Sabato quando Massimo passa a vederlo lo trova in un bagno di sudore, con difficoltà di respirazione e tormentato dai dolori ormai diffusi, ma lo sfortunato esprime la sua fiducia nei dottori: “Mi hanno visitato, se dicono che passa, passerà”. La famiglia Cortese è grata alla scienza medica perché lo scorso dicembre Mimmo, dopo 13 anni di traversie, è guarito con un trapianto di cuore, proprio qui a Lecco, ottimamente riuscito e quindi regna un clima di fiducia. A mezzanotte, però, Alfredo fa la sua seconda entrata al pronto soccorso, il codice assegnato è sempre verde “poco critico”. Dopo un po’ chiede un lettino: non ce la fa a stare seduto. Secondo i parenti gli viene concesso dopo 45 minuti. Fa sempre più fatica a respirare, a quanto pare una gamba è fredda, rossa e gonfia. “Abbiamo pure detto che negli ultimi giorni di febbre aveva aggiunto tre chili e mezzo al suo peso”.

    Alfredo corre sulla spiaggia, 2008

    Alle 2.30 del mattino, riferiscono Mimmo e Massimo, la dimissione, dopo una puntura di antidolorifico. La diagnosi non è cambiata.
    A visitarlo c’era il medico per il quale viene chiesto il provvedimento sospensivo. Al momento del commiato il dottore avrebbe: “Invitato Alfredo ad alzarsi dalla carozzina dove era seduto e anzi ad abituarsi a muoversi di più” racconta Massimo Cortese.

    Alfredo giunge a casa ma di lì la situazione non fa che peggiorare, ormai ha le sorelle (quattro) vicino, alle sette di sera viene riportato al pronto soccorso del Manzoni – questa volta in codice giallo cioè “mediamente critico”.  E viene risucchiato dal Pronto Soccorso: ormai la gravità del suo stato è lampante. “Se lo sono preso e per due ore non ci è stato detto niente, erano vaghi nelle risposte, non permettendoci di entrare” afferma ancora Massimo.

    Poi arriva Mimmo, carattere meno remissivo, spalanca le porte del P.S.: “Mi sento chiamare dalla stanza di rianimazione. E’ lui – mi ha visto. E’ ancorato alle macchine. E una pancia, una pancia spaventosamente gonfia. Ne ho visti morire in quella situazione di ritenzione idrica, nei miei anni di ricoveri per il cuore. I monitor suonano, mostrano tachicardia a 158, saturazione 56 (proporzione dell’ossigeno nel sangue) e pressione non ricordo se bassa a 70”.

    C’è un viavai di medici ora nella stanza di Alfredo ma i parenti vengono invitati a stare fuori. Tra gli specialisti chiamati al capezzale uno di Medicina generale che Mimmo ha conosciuto durante la propria malattia. I due si salutano cordialmente nella sala d’aspetto. “Mi ha chiesto di me ed era felice per la mia guarigione, non sapeva che ero lì per mio fratello”.

    Ed è – pare – questo medico a prendersi la responsabilità di rivelare come stanno le cose. E’ sempre Mimmo a raccontare: “Mi ha detto ‘sta male, male, male. Forse un batterio‘ “.

    Poi la decisione del ricovero in rianimazione, il reparto libero è a Erba. A questo punto anche Alfredo ha capito: “Gli tremava una mano prima che lo intubassero per portarlo via e mi ha detto spaventato ‘Sto morendo’ “.

    Ora sta lottando a Erba con valori stabilizzati ma sempre critici. “Sono degli angeli lì, lo scriva” dice ancora Mimmo, che nel frattempo ha postato su Facebook e consegnato a mezzogiorno la sua lettera di persona in segreteria del direttore generale dell’ospedale Manzoni Mauro Lovisari, oggi giovedì. Nel pomeriggio già la risposta scritta del direttore, che annuncia approfondimenti.

    Anche LeccoNotizie in mattinata aveva chiesto informazioni alla struttura. E sempre nel pomeriggio dall’ufficio stampa ci hanno detto: “Stiamo verificando, appena sappiamo qualcosa di certo vi informiamo”.

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    La lettera pubblicata su Facebook da Mimmo Cortese
    Alla CA: Direttore Generale
    Ospedale Alessandro Manzoni Lecco
    Dr. MAURO LOVISARI

    p.c. Direttore Sanitario
    Dr.ssa PATRIZIA MONTI

    Lecco 29 giugno2011

    OGGETTO: RICHIESTA SOSPENSIONE CAUTELATIVA IMMEDIATA SIG. omissis.

    Gent.mo Dr. Lovisari, mi creda che è con enorme dispiacere  che mi accingo a scrivere questa lettera.

    MI dispiace, perché come già avvenuto più volte con il compianto Direttore Generale Dr. Rotasperti, proprio in questi giorni avrei dovuto inoltrare presso i sui uffici, una richiesta di collaborazione per poter usufruire dell’Aula Magna dell’Ospedale per un importante evento.

    Mi dispiace, perché è grazie a medici competenti e scrupolosi che lavorano in  questo Ospedale se lo scorso 16 dicembre sono arrivato al trapianto di cuore che mi ha salvato la vita,  il merito è anche loro.

    Mi dispiace ma non posso barattare la mia vita con quella di mio fratello Cortese Alfredo.

    Le sue condizioni di salute sono  state definite disperate, Alfredo è tenuto in vita dai macchinari, i medici della Rianimazione dell’Ospedale di Erba ci hanno detto di aspettarci il peggio da un momento all’altro, le speranze sono ridotte a un lumicino, molto flebile hanno precisato.

    Mi dispiace,  ma questa denuncia non è solo dettata dalla rabbia o per il dolore che provo ogni volta che vedo mio fratello in quel letto della rianimazione ridotto in quel modo, mi creda è una pugnalata al cuore,  che mi spinge a farlo e che rafforza questa decisione  e di conseguenza di quanto sto scrivendo, mi è stata  trasmessa addirittura da medici che non vogliono sentirsi “colleghi” di chi non è degno di questa nobile professione.

    Medici che son rimasti di sasso nel leggere i referti e sentire quanto è successo, che mi hanno detto “vai avanti non fermarti”, come medico ti chiedo scusa per quanto hanno fatto a tuo fratello.

    Anche dal Mondo di Internet dove ormai come ben lei saprà le notizie corrono in tutto il mondo molto velocemente, da qui ho avuto conforto su quanto è accaduto e per quello che sto facendo, anche qui medici, pensi che hanno scritto anche  dall’America.

    Lei dirà che ho già condannato il Sig. omissis, scrivo e sottolineo signore perché non lo reputo degno di essere definito Medico, ma non sono io a condannarlo, non è nemmeno quello che ha fatto a mio fratello, ma lo condanna quello che non ha fatto, o forse meglio dire , quello che non ha voluto fare,  un semplice e banale prelievo del sangue che avrebbe permesso di capire che vi era in corso un’infezione da virus che si sarebbe  potuta fermare facilmente.

    Ma forse il cappellone rasta non era degno di certe attenzioni, nemmeno di un banalissimo prelievo del sangue, a quel cappellone che sa tanto di drogato al quale invece di dare parole di conforto è stato consigliato “Tagliati i capelli almeno perderai un chilo”  gli è stato suggerito con sadico sarcasmo.

    A lui che sofferente continuava a lamentare dolore, che chiedeva aiuto, non una parola di conforto, ma di tagliarsi i capelli!

    Mi dispiace per loro, ma quel cappellone rasta è un ragazzo che alle 5.30 del mattino si alza per andare a lavorare, sabato compreso,  non può stara a casa in malattia in mutua, per il mal di schiena, ma deve lavora comunque perché  lavora in proprio’ è un artigiano.

    Non mi dispiace, ma con questa lettera sono a chiederLe a nome di mio fratello Cortese Alfredo, a nome mio Domenico Cortese che scrive in prima persona assumendosi tutte le responsabilità del caso, a nome dei suoi genitori, dei fratelli e sorelle, di tutti gli amici, a nome di tutti quei medici che con sacrifici in alcuni casi anche personali, ogni giorno prestano la loro opera con professionalità e amore verso il paziente e grazie a Dio sono molti, per tutte queste persone Le chiedo nelle qualità delle Sue mansioni di Direttore Generale di sollevare dall’incarico e quindi la SOSPENSIONE CAUTELATIVA IMMEDIATA del sig. omissis.

    Mi dispiace Dr. Lovisari, mi creda che è con enorme dispiacere  che ho scritto questa lettera, dispiacere dato anche dalla stima che ho e che rinnovo per tutti quanti operano all’Ospedale Alessandro Manzoni, ma anche per questo persone che le chiedo quanto sopra.

    Mi dispiace anche dirle che per ottenere quanto è giusto non mi fermerò davanti a niente e nessuno e perseguirò questo risultato con qualunque mezzo a partire dalla  Magistratura competente, sappia che per portare a conoscenza di quanto accaduto non ho problemi e ne me ne faccio ad utilizzare i media sia TV  che  Giornali locali e nazionali, le anticipo che è anche mia intenzione organizzare con parenti, amici e tutti quanti vorranno partecipare,  proteste  in forma comunque sempre civile e rispettosa del luogo anche davanti all’Ospedale.

    Distinti saluti

    Domenico Cortese