Aggressione in stazione, 24enne assolto per gravi problemi mentali

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Manaf Abuel Cocobissi, scortato dalla Polizia penitenziaria al Tribunale di Lecco

Manaf Abuel Cocobissi assolto per vizio totale di mente

La famiglia ha chiesto scusa alle due donne aggredite dal giovane

LECCO – Un disagio psichico troppo grave: si è concluso con l’assoluzione per vizio totale di mente il processo a carico di Manaf Abuel Cocobissi, classe 1995 e originario del Togo ma in Italia fin da giovanissimo con la famiglia, responsabile del pestaggio avvenuto lo scorso 10 settembre nel sottopasso della stazione ferroviaria di Lecco.

Il giudice Manzi ha pronunciato la sentenza intorno a mezzogiorno di venerdì al Palazzo di Giustizia davanti al ragazzo, che ha assistito all’udienza scortato dalla polizia, e alle due donne vittime dell’aggressione.

La scena dell’aggressione nel sottopasso della stazione di Lecco

Il magistrato, alla luce della condizione psichiatrica del 24enne (riscontrata da tempo), lo ha assolto ma ha previsto nei suoi confronti una misura di sicurezza di due anni, durante i quali il ragazzo dovrà essere ospitato e seguito in una struttura idonea.

Una disposizione che attende di essere applicata, in quanto per ora non vi sarebbero disponibilità di posti, e il giovane dovrà restare per il momento in carcere a Como, penitenziario fornito di un presidio psichiatrico.

I familiari: “Avevamo avvisato delle sue condizioni aggravate”

In tribunale, Manaf ha avuto modo di rivedere per qualche minuto la madre e la sorella, accompagnate dall’avvocato Giulia Angeleri, le quali hanno voluto porgere le proprie scuse alle due donne, di 18 e 55 anni, colpite dall’attacco del ragazzo.

Mamma e sorella di Manaf incontrano le due donne vittime dell’aggressione

“Quindici giorni prima di quanto successo avevamo avvisato il Cps che le condizioni di Manaf si erano aggravate – racconta il cognato del giovane, Antonio Ciancola – la cosa più brutta è stata sentirsi dire che non c’erano né posti né risorse per poter dare un sostegno a Manaf ”.

Il disagio di cui soffre il ragazzo è noto da anni e in passato, a seguito di altri problemi giudiziari, era stato affidato a delle comunità del territorio ma poi, al termine del periodo stabilito, il 24enne doveva tornare in famiglia.

“Non è un problema che riguarda solo Manaf – prosegue Ciancola – ma tutte le persone che soffrono un problema come il suo. Queste lacune diventano un problema sociale, non solo per la famiglia del paziente, ma anche per altre persone che ci vanno di mezzo, come è successo a queste due donne. Si insiste sulla sicurezza della stazione, ma nessuno sta affrontando il problema reale di quello che è accaduto”.