Il dolore di Osnago per la tragica morte di Franco e Rossana: “L’ha tenuta con sé e l’ha portata con sé”

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Un omicidio suicidio che ha sconvolto e addolorato la comunità di Osnago, dove padre e figlia erano molto conosciuti

Nelle prossime ore verrà eseguita l’autopsia per ricostruire quanto avvenuto: una tragedia che ha lasciato tutti senza parole

OSNAGO – “L’ha tenuta con sé per tutta la vita e l’ha portata con sé”. Sono parole cariche di dolore e cordoglio quelle pronunciate dal sindaco Paolo Brivio a poche ore dall’immane tragedia che ha colpito la comunità di Osnago.

Un paese attonito e sconvolto per il tragico omicidio – suicidio in cui hanno perso la vita Franco Iantorno, 80 anni e la figlia Rossana, 47 anni, affetta da una grave disabilità, uccisa proprio dal padre che tanto l’amava e che l’aveva sempre accudita con amore e attenzione.

A lanciare l’allarme, questa mattina, martedì, l’altro figlio Michele insieme alla donna delle pulizie che intorno alle 9 si era recata all’appartamento situato al piano terra dello stabile che si affaccia su Piazza della Pace per le pulizie. Immediatamente è scattata la chiamata ai soccorsi, con l’invio sul posto di ambulanza e automedica, ma purtroppo, per i due non c’era più niente da fare. Troppo profonde le ferite, provocate con un’arma da taglio, probabilmente un coltello, su entrambi i corpi. Solo l’autopsia, disposta dalla Procura, potrà però fare chiarezza sulla dinamica e sulle cause della morte. Non si esclude, ma è un’ipotesi che dovrà trovare conferma dagli esami tossicologici, che siano stati utilizzati anche farmaci per sedare la figlia.

 

Sul posto erano presenti i carabinieri con il comandante di stazione Edonio Pecoraro, il capitano della compagnia di Merate Domenico Cerminara e il tenente colonnello della compagnia di Lecco Teodoro Saggese. Presenti anche gli agenti della Polizia locale di Osnago -Lomagna. Intorno alle 12 è arrivato anche il procuratore Ezio Domenico Basso e poi il medico legale per la constatazione dei decessi. Sul posto anche il parroco don Alessandro Fusetti. 

Impossibile capire cosa abbia spinto Franco, volto noto del paese dove aveva lavorato come messo per 23 anni, dal 1970 al 1993 a servizio dell’amministrazione comunale, a compiere un gesto così efferato. “Viveva per sua figlia. Era una brava persona” le parole, commosse e affrante di chi lo conosceva e lo dipinge come un uomo umile, sempre pronto ad attaccare bottone con le persone e altrettanto pronto a parlare sempre della sua “Ros” con un amore sincero, profondo e genuino.

Era lui a portarla, fino a che vi era riuscito, al centro diurno disabili di via Fratelli Cernuschi a Merate, fermandosi anche qui a chiacchierare e a confrontarsi con gli educatori e il personale. Era sempre la figlia al centro dei suoi pensieri, dei suoi impegni e dei suoi affanni in una vita messa a dura prova dalla perdita, molti anni fa, dell’amata moglie.

Non una storia di abbandono e solitudine, ma una vicenda di fatica e sofferenza, di dolore e di tristezza, di domande, probabilmente senza risposta, su quello che viene sempre denominato il dopo di noi, ovvero il futuro dei figli disabili una volta morti i genitori.

“Sono tanti gli interrogativi che oggi ci poniamo tutti pur non volendo addentrarci nel territorio intimo e personale delle storie di ognuno” aggiunge il primo cittadino, sottolineando il legame profondo che univa padre e figlia. Una diade indissolubile, inseparabile fino all’ultimo. “Ha portato con sé la figlia che aveva sempre tenuto con sé”.

Ancora da fissare la data dei funerali che verranno celebrati solo dopo il nulla osta del magistrato, a seguito dell’autopsia.