La nostra ultima “chiacchierata” con il Dottor Cantù

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    LECCO – Dopo il tragico esito della vicenda che ha coinvolto Francesco Cantù, primario di Cardiologia dell’Ospedale Manzoni di Lecco, la redazione di Lecco Notizie desidera rendere omaggio al medico riproponendo di seguito la sua ultima intervista, rilasciata al giornale poco più di due mesi fa e pubblicata il 4 ottobre 2012. In quell’occasione il dottor Cantù ci aveva aperto le porte del suo reparto, accompagnandoci in un interessantissimo mini tour al termine del quale non ci aveva nascosto la sua passione per le scalate in alta quota…

     

    DAY HOSPITAL/3: LA CARDIOLOGIA AL MANZONI

    di Valentina Sala

    Dott.-Francesco-Cantu

    LECCO – Come ogni venerdì, prosegue il viaggio di Lecco Notizie alla scoperta dell’Azienda Ospedaliera lecchese. Dopo aver incontrato nelle scorse settimane i reparti di Otorinolaringoiatria e di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, quest’oggi conosciamo il dottor Francesco Cantù, dal mese di aprile primario di Cardiologia. Vincitore del concorso a soli quarant’anni, il Dottor Cantù ha già apportato all’interno del suo reparto notevoli novità.

    Il Manzoni, divenuto centro di riferimento a livello regionale per l’ablazione trans-catetere (in grado di bruciare le cellule che danno origine ad aritmia cardiaca e di cui il primario è esperto), oggi si propone a livello nazionale come polo all’avanguardia nell’utilizzo di questa metodologia anche sui bambini. A questo importante traguardo si aggiunge, poi, la realizzazione di un sofisticato apparecchio in grado di individuare il punto preciso in cui inserire un defibrillatore impiantabile. Una sorta di navigatore di alta precisione che tra circa un mese sarà commercializzato.

    Di questo e di molto altro ci parla il giovane primario, che per l’occasione ci accoglie nel suo studio di cui sin da subito ci colpisce una frase dell’alpinista Mark Twight appesa alla parete. Lasciamo per un attimo da parte questa curiosità e iniziamo con il conoscere meglio il reparto.

     

    Dottor Cantù, ci può presentare come funziona la Cardiologia e quali patologie può curare?

    “Il lavoro che quotidianamente svolgiamo – spiega – può essere suddiviso in tre grandi unità. Innanzitutto il Manzoni è l’Hub (ossia il centro, il fulcro) di riferimento per l’emergenza urgenza delle province di Lecco e di Sondrio. Questo significa che di fronte a problematiche come l’infarto miocardico o patologie intermedie come l’angina, i pazienti di questo territorio vengono immediatamente trasportati qui tramite autoambulanza o, più frequentemente, elisoccorso. L’emodinamica, composta da 5 cardiologi e guidata dal dottor Luigi Piatti, è infatti attrezzata per intervenire immediatamente tramite angioplastica, dilatando quindi il restringimento di un vaso sanguineo. Il paziente viene poi ricoverato per il proseguimento delle cure in Unità Coronarica, guidata dal dott. Andrea Farina, con cui lavorano altri 2 cardiologi”.

    Ma la vera novità riguarda non tanto gli interventi sulle coronarie, già consolidati al Manzoni, quanto quelli sul sistema elettrico…

    “Da aprile, mese in cui ho vinto il concorso per primario, ho potuto portare a Lecco la mia esperienza nel campo dell’ablazione trans-catetere. Si tratta di un metodo che consente di risolvere problematiche legate al sistema elettrico del cuore. Per farlo interveniamo direttamente su quelle cellule che sono responsabili di aritmia e le bruciamo. A questo proposito voglio anticipare che a partire dall’undici di ottobre inizieremo a intraprendere questa metodologia di intervento anche sui bambini”.

    Ablazione pediatrica che lei sperimenta già da qualche anno. Ci parla di Benedetta, la bambina più piccola mai curata con questo metodo?

    “Nel 2008 sono intervenuto su una bimba di 12 mesi che aveva trecento battiti al minuto. Bruciando il tessuto miocardico responsabile di questa aritmia è stato possibile guarire la piccola. Da quel momento sono coordinatore del Registro Pediatrico Europeo dell’Ablazione, che raccoglie dati sul successo di questa tecnica”.

    E se l’ablazione non fosse sufficiente?

    “Allora si deve procedere vicariando il sistema elettrico nativo del cuore, optando o per un pacemaker o per un defibrillatore impiantabile, ossia uno stimolatore cardiaco inserito nel corpo del paziente. Per riuscire a posizionare questo defibrillatore in modo preciso abbiamo creato un apposito sistema in collaborazione con Medtronic (chiamato Cardioguide), in sintesi un navigatore realizzato grazie alla sviluppata tecnologia israeliana e in grado di indicarci il punto giusto in cui impiantare il defibrillatore. Un team di quattro medici, guidati dal dottor Franco Ruffa, si occupa di questo tipo di intervento insieme a me”.

    Rimane, poi, l’equipe che interviene in caso di scompenso cardiaco, patologia più complessa…

    “In questo caso il problema è del muscolo cardiaco e per guarirlo si può provare con i farmaci, con dei tipi particolari di defibrillatore o, nei casi più gravi, con il trapianto, di cui non si occupa il Manzoni bensì l’ospedale di Bergamo. Ci sono, infine, altri quattro medici, guidati dalla dottoressa Antonia Selva, che si occupano del reparto di Cardiologia”.

    Può fornirci qualche dato sugli interventi effettuati annualmente?

    “Nel 2011 abbiamo affrontato un totale di 760 angioplastiche, di cui 202 per infarto. Per quanto riguarda l’attività di ablazione transcatetere e di impianto del pacemaker e del defibrillatore contiamo circa 500 interventi all’anno. Credo sia interessante notare che tra le cause d’infarto più frequenti spiccano il fumo, una dieta ricca di grassi, l’ipertensione e la predisposizione genetica. Se sulle ultime due cause la responsabilità non è dei pazienti, le prime due meritano un po’ più di attenzione in quanto sono dovute a cattive abitudini”.

    E, infine, ci è giunta voce che ogni mattina, intorno alle 7, si diletta con corse e nuotate…

    “In effetti – sorride – sono un appassionato di montagna. Mi piace andare a scalare e per questo motivo mi alleno ogni mattina, prima di venire al lavoro. È un modo per tenermi in forma e per riuscire ad affrontare spedizioni impegnative, anche ad alta quota”.