L’addio al giovane Riccardo. Il dolore dei genitori e degli amici

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I funerali di Riccardo alla chiesa di Bevera

 

SIRTORI – “E’ successo in un giorno uguale agli altri, più bello di altri, con la gioia del Natale nel cuore, la compagnia delle persone amate, l’attesa per l’anno nuovo. E’ successo senza che vi siano stati segnali o avvertimenti, il cielo si è capovolto e ce lo siamo trovati sotto i piedi”.

Non sono parole di conforto quelle di don Marco Crippa, sa bene che è inconsolabile il dolore di papà Marco e mamma Roberta, il loro pianto per quel figlio morto a soli 15 anni per colpa di un malore improvviso, che ha spezzato la sua giovane esistenza e infranto la vita dei suoi cari. Riccardo Galbiati, di Sirone, è morto lunedì mattina in ospedale a Bergamo, dove era stato trasportato in elicottero dopo che un infarto ha fermato il suo cuore su una pista da sci all’Aprica.

Riccardo Galbiati
Riccardo Galbiati

“Una sciagura senza rimedio” ha spiegato il sacerdote, un dolore indefinibile quello dei suoi genitori, “nemmeno la lingua italiana ha saputo dargli un nome. Lo ha previsto per un figlio che perde un padre o una madre, lo chiamiamo orfano, per un marito o una moglie che perde il proprio compagno, li chiamiamo vedovi, ma non per un genitore che perde un figlio. Addolorati, come la Madonna e lei è l’unica che può comprendervi e abbracciarvi”.

Non c’è solo la sofferenza dei famigliari, ma anche quella degli amici e dei compagni di scuola di Riccardo, gli studenti dell’istituto alberghiero di Casargo, i suoi professori, accompagnati da don Bruno Maggioni. Lo hanno atteso sul sagrato della chiesa di Bevera, scelta per la cerimonia, in silenzio.

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“Dopo la morte di un figlio la vita può ricominciare solo dall’alto – ha proseguito don Marco – non dove la vita si è interrotta, dovete cercare in altri sentieri, solo così troverete la presenza che ora non avvertiamo più. La presenza avvertita oggi dalle persone che hanno ricevuto gli organi donati da lui donati. Riccardo è in cielo e questo ci consola, almeno sappiamo dove mirare il nostro sguardo per cercarlo. Lui non è dietro di noi, ci ha preceduti per un misterioso disegno che non comprendiamo. Ogni giorno della vita che ci rimane sarà carico di questo peso ma dobbiamo continuare, sapendo che ogni passo che compiamo sulla nostra strada è incontro a lui”.

Un ragazzo sempre col sorriso e giocoso, determinato e competitivo, lo ha ricordato un amico a conclusione della cerimonia. “Se dovessimo scegliere una parola per descrivere Riccardo è una sola: buono. Ti metteva sempre di buonumore. Quando abbiamo saputo quello che era successo non volevamo crederci. Non è così che doveva andare”.
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Le gare di scii, la sua amata Sardegna e la scuola, il Cfpa di Casargo dove studiava per diventare cuoco. “Vedere quel banco vuoto ci spezza il cuore – è intervenuto don Bruno, leggendo la lettera scritta da alunni e professori – te ne sei andato così, hai lasciato un grande vuoto dentro di noi, difficile non credere che sia uno dei tanti tuoi scherzi, ma purtroppo non è così. Ci manchi tanto Galbia, con il tuo essere sempre così solare. La tua bellissima risata, la sentiremo fin qua giù”.

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A lui, lo ha ricordato don Bruno, “che cantava ai fornelli facendosi richiamare dallo chef”, i ragazzi hanno voluto dedicare una canzone, che ha risuonato nella chiesa come in questi giorni nelle menti e nei loro cuori, ‘Un senso’ di Vasco Rossi, per una morte che non trova un perché agli occhi di tutte le persone che gli hanno voluto bene. “Se non ha un senso – ha concluso il sacerdote valsassinese recitandone il testo – domani arriverà”. L’applauso dei presenti, chiesto dal padre Marco, ha salutato per l’ultima volta il giovane Riccardo.