L’addio dei Ragni a Ratti: “E’ il momento di lasciarti andare dai tuoi vecchi amici”

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Giovanni Ratti Ragni di Lecco
(foto Ragni di Lecco)

Cordoglio per la morte del maglione rosso, era il più anziano del gruppo

“Ciao Giovanni, è stato bello e importante averti con noi per così tanto tempo”

LECCO – “Materiale, chiodi e moschettoni li facevo io, o meglio, i chiodi li facevo io, i moschettoni li faceva il mio principale perché lavoravo alla Bonaiti. Abbiamo cominciato nel ’40 ad arrampicare noi due (riferendosi a Luigi Castagna, ndr), davanti a noi c’era Vittorio Rota perché era più esperto. Io e Castagna abitavamo vicino, siamo andati all’asilo insieme, a scuola insieme, alla scuola serale insieme… Eravamo molto legati, quante volte siamo andati su e giù dal San Martino a far legna…”.

Frammenti di ricordi, le tracce di un passato che sembra lontanissimo nel tempo, le parole sono quelle del Ragno della Grignetta Giovanni Ratti raccolte nel prezioso film “Ieri, oggi, domani – I Ragni e l’arrampicata sulle Grigne” di Richard Felderer. Matteo Picardi e Gerardo Re Depaolini erano andati alla ricerca delle origini attraverso i racconti di Giovanni Ratti e Dino Piazza realizzando questo bel documento.

Con la morte di Giovanni Ratti all’età di 96 anni se ne va anche un pezzo della storia dell’alpinismo e della nostra città. Lucido fino alla fine, era una delle memorie storiche del gruppo che con le parole sapeva dipingere ritratti di amici alpinisti e luoghi che oggi restano solo nei ricordi di pochissimi o in qualche fotografia ingiallita dal tempo.

Con una semplicità disarmante raccontava pezzi di vita che oggi fatichiamo anche solo a immaginare. Giovanni Ratti faceva parte di un gruppetto di ragazzi che arrivavano da Rancio, lui in particolare era di Brogno, dove c’era la leggendaria “università” (per saperne di più chiedete ai vecchi). Ragazzi diventati grandi in fabbrica, la maggior parte erano tirabagia. E siccome di soldi non ce n’erano, fin da bambini imparavano ad andare in montagna, a far legna o fieno su e giù per i canali di un San Martino tanto famigliare.

Cippo Ragni Rancio
L’inaugurazione nel 2012 del cippo che ricorda i Ragni di Rancio. Giovanni Ratti secondo da destra

Tutto cominciò da lì, montagna e lavoro, lavoro e montagna. Era il 1946 quando il gruppo di Rancio entrò nelle file dei Ragni della Grignetta, insieme a Giovanni Ratti c’erano Duilio Berera, Antonio Castelnuovo (Nisa), Luigi Castagna, Giovanni Carcianiga (Stizza), Giuseppe Spreafico (Pepetto), Vittorio Rota (Balicio) e Carlo Mauri (Bigio).

“Ciao Giovanni, è stato bello e importante averti con noi per così tanto tempo – ricordano gli amici Ragni -. Adesso però è arrivato il momento di lasciarti andare dai tuoi vecchi amici. Di sicuro ti staranno aspettando attrezzati di tutto punto per andare a scalare. O forse no, forse sono lì con qualche cordaccia di canapa raccattata chissà dove e ai piedi ‘la cassette dei garofani’, quegli scarponacci che van bene solo per gli avvicinamenti e che, una volta sotto alla parete, te li devi cavare per salire “de ungia”. Proprio come si faceva allora. Con la stessa povertà nelle tasche e la stessa speranza infinita e irresistibile nel cuore”.

Proprio oggi, mentre il mondo dell’alpinismo ricordava la morte di un altro grande dell’alpinismo e dei Ragni di Rancio, Carlo Mauri, avvenuta il 31 maggio 1982, anche Giovanni Ratti si è spento portando con sé valori e ricordi di una stagione grandiosa  dell’alpinismo lecchese. I funerali saranno celebrati mercoledì 2 giugno alle ore 9.45 nel santuario di Santa Maria Gloriosa a Rancio Alto.

Giovanni Ratti

Dal libro “I Ragni di Lecco – Una storia per immagini”

“Quel pomeriggio trascorso a chiacchierare nella sua casa di Brogno, sotto alle rocce della Medale, è stato un viaggio a ritroso nel tempo.
Le sue parole sembravano raccontare di amici ancora vicini e di fatti accaduti solo il giorno prima. Non mi sarei stupito se, ad un certo punto, dal piccolo cortile fra le quattro case della frazione, fosse arrivato il richiamo del Bigio, del Nisa o del Castagna, che venivano a cercarlo per andare a scalare.
Anche io ero li con loro. Per qualche ora ho respirato l’aria elettrica che riempiva i polmoni dei figli di quell’Italia martoriata e stracciona ma invincibile, perché il baratro della guerra era alle spalle e davanti c’era solo l’orizzonte senza confini di una vita tutta da inventare: la più grande ed entusiasmante delle avventure.
Le vicende che riempiono queste pagine in fondo non sono altro che uno spicchio di quell’orizzonte, un capitolo di quell’avventura. Se, leggendole, qualcuno sentirà nell’aria la stessa elettricità, se gli verrà voglia di mettersi in viaggio, non importa verso quale meta, allora la mia fatica di narratore non sarà stata del tutto inutile”.