Crollo del ponte di Annone, al processo i racconti dei superstiti

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Il crollo del Ponte di Annone: era il 28 ottobre 2016

Le testimonianze del crollo raccontate dagli automobilisti sopravvissuti

“La notte è ancora difficile dormire”. Si torna in aula il 9 novembre

LECCO – “Alle volte di notte mi sveglio e rivivo quella scena tragica, riaddormentarsi spesso è impossibile, nonostante siano trascorsi quattro anni”. E’ la testimonianza che accomuna i superstiti al crollo del ponte di Annone il 28 ottobre 2016, parti civili nel processo in corso presso il Tribunale di Lecco.

Al banco dei testimoni, lunedì mattina, si sono alternati Roberto Colombo, Gaetano Femiano, Paolo Giacalone e Vasile Ciorei: tutti automobilisti che hanno vissuto sulla loro pelle il tragico crollo del cavalcavia di Annone nel quale ha perso la vita il civatese Claudio Bertini. I loro racconti hanno ripercorso quegli attimi concitati, surreali, “da film”, e le conseguenze che, purtroppo, hanno avuto sulle loro vite.

L’auto di Roberto Colombo schiacciata tra guard rail e il tir

Le testimonianze

Il primo a ricordare quanto accaduto è stato Roberto Colombo. Meccanico di professione, stava tornando a casa, a Cesana Brianza, a bordo della sua Fiat Punto rossa quando ha visto il cavalcavia crollare sulla statale proprio di fronte a lui. “Erano circa le 17.20 – ha raccontato – stavo viaggiando in direzione Milano in prima corsia quando, all’altezza del ponte di Annone, l’ho visto crollare. Ho frenato e, sterzando, sono finito con l’auto contro il guard rail impattando anche contro la cabina di guida del tir crollato insieme al ponte. Nell’urto mi sono sdraiato sul sedile del passeggero, d’istinto, forse è stato proprio questo a salvarmi la vita. Ricordo che dal finestrino vedevo l’autista del camion, gridava “aiuto, aiuto, tirami fuori!”. Sono uscito dal lato del passeggero, l’unico lato libero, quindi son salito sul camion e ho liberato l’autista che era rimasto bloccato dalla cintura di sicurezza. Poi sono rimasto li, disorientato. Ancora oggi – ha raccontato il teste – ho problemi ad addormentarmi, rivedo quella scena continuamente. Continuo a chiedermi come mai io sono vivo e il signor Bertini è morto. Per quanto riguarda i danni fisici, accuso dolori alla schiena da allora”.

“Scena surreale, da film”

E’ toccato poi al mandellese Gaetano Femiano ripercorrere quei drammatici minuti. Gaetano stava viaggiando con la moglie, la figlia e il cane di famiglia verso Annone Brianza per una lezione di agility. “Arrivato all’altezza del ponte ho iniziato ad attraversarlo, ho incrociato il tir e poco dopo ho sentito un rumore fortissimo, seguito dalle urla di mia moglie e di mia figlia: il cavalcavia stava crollando. A quel punto ho perso il controllo dell’auto, sentivo che stavamo precipitando. Quando ci siamo fermati ho subito cercato di capire come stessero mia moglie e mia figlia, sono uscito dall’auto e ho visto che la parte anteriore era completamente distrutta mentre quella posteriore era praticamente appoggiata al ponte. Ricordo che mi cadevano addosso polvere e detriti”.

L’auto su cui viaggiava la famiglia di Mandello

Gaetano aiuta prima la moglie, dolorante alla schiena, ad uscire dall’abitacolo, poi la figlia allora 12enne e infine il cane che viaggiava nel trasportino rigido omologato. “Eravamo a circa due metri di altezza da terra, ricordo di avere visto il cantoniere dell’Anas non distante da noi, continuava a camminare avanti e indietro con le mani nei capelli. Era disperato. L’ho chiamato per farmi aiutare a portare giù la mia famiglia, una volta a terra abbiamo atteso l’arrivo dell’ambulanza. Intorno a noi una scena assurda, che pensavo di potere vedere solo nei film. Eravamo dal lato del ponte verso Milano, guardando ciò che rimaneva del cavalcavia ho visto l’auto del signor Bertini completamente schiacciata dal crollo”.

Le conseguenze dell’incidente per la famiglia Femiano si fanno sentire ancora oggi: “Mia moglie ha subito un intervento chirurgico di 10 ore durante il quale le sono state inseriti una placca e sei viti a sostegno della colonna vertebrale. Fatica a stare seduta, fatica a camminare, non riesce più ad allacciarsi le scarpe da sola, lo faccio io per lei. Mia figlia oggi ha 16 anni ed è costretta a vedere sua madre in queste condizioni. E’ stata seguita da uno specialista ma il trauma è ancora forte” ha raccontato Gaetano.

L’auto di Paolo Giacalone in bilico sui resti del ponte crollato

A bordo della sua auto Paolo Giacalone ha frenato pochi metri prima che il cavalcavia cedesse, portandosi dietro il tir e l’automobile di Gaetano Femiano. “Stavo andando in ufficio a Lecco e dovevo immettermi in ss36 da Cesana – ha raccontato – arrivato al ponte di Annone ho visto il tir che veniva verso di me, poi a distanza di 4 metri è scomparso dalla mia vista. Il cavalcavia è ceduto dov’ero con la mia auto che è rimasta praticamente in bilico su ciò che rimaneva del ponte. Non l’ho realizzato subito, ci ho messo un bel po’ a prendere consapevolezza di cosa fosse appena successo e quando me ne sono reso conto la mia auto era inclinata in avanti, le ruote anteriori nel vuoto. A quel punto sapevo di dover scappare ma temevo che uno spostamento di peso avrebbe fatto inclinare ulteriormente l’auto in avanti. Alla fine ho preso coraggio, ho aperto la portiera, ho appoggiato un piede sull’asfalto e sono corso via”. Anche il sonno di Paolo è stato turbato per diversi mesi: “Facevo fatica a prendere sonno o mi svegliavo con la scena negli occhi. Adesso va un po’ meglio ma ogni tanto l’incubo ritorna. Ricordo che subito dopo l’incidente ho voluto rimettermi alla guida, per evitare che il trauma subito mi facesse smettere di guidare. All’inizio avevo paura di fare incidenti in continuazione, per non parlare di quando mi capitava di passare sotto un ponte. L’istino ancora oggi è quello di accelerare, per andare il più veloce possibile”.

L’autista del tir

L’ultimo testimone ascoltato è stato Vasile Ciolei, l’autista rumeno del tir di proprietà della Nicoli Trasporti Spa di Bergamo sotto il quale il cavalcavia si è sbriciolato, crollando sulla Statale 36. Ciolei stava tornando da Ravenna, come raccontato al giudice, dopo aver caricato il camion: un percorso conosciuto e fatto numerose volte, “un giorno sì e uno no” dal 5 settembre di quell’anno.

Il tir guidato da Vasile Ciolei

“Ho cominciato a fare la tratta Cesana Brianza-Ravenna all’inizio di settembre 2016, il percorso era sempre lo stesso. Quel giorno però quando sono passato sul cavalcavia è crollato. Il camion si è ribaltato su un fianco, mi è rimasto un braccio schiacciato e la cintura mi bloccava la gola. Mi ha aiutato ad uscire dalla cabina il signor Colombo, per fortuna, mi ha salvato la vita. Ho riportato una ferita ad un braccio e alla testa, che ho picchiato sul volante durante la caduta, e la compressione di quattro vertebre. Oggi non posso più fare il camionista, non riesco a stare seduto così tante ore al giorno. Dormire è difficile, mi sveglio ancora sognando di cadere, urlo e mia moglie si spaventa per me“.

Secondo quanto testimoniato dall’autista del mezzo pesante, l’azienda aveva consegnato, come tutte le volte, la documentazione per il viaggio contenente anche le autorizzazioni a fare il percorso stabilito tra Cesana e Ravenna e ritorno. “Essendo un carico pesante potevo solo fare le strade statali – ha precisato l’autista – sui cavalcavia andavo a 10-20 km/h. Per quel viaggio non era prevista la scorta, non serviva, così mi è stato detto. Prima di arrivare al cavalcavia di Annone ne avevo superati altri lungo la strada, l’ultimo è crollato”. Impossibile procedere sulla mezzadria, “la strada era a doppio senso di marcia, io viaggiavo nella mia corsia e dall’altra parte c’era un’auto (quella del sig. Femiano, ndr) che viaggiava nella sua” ha ricordato l’autista. Nessun cartello indicante qualche divieto: “Non c’era nulla che indicasse la velocità o il peso massimo – ha detto Ciolei, concludendo – non dimenticherò mai quanto accaduto, è impossibile”.