Galbiate. Addio Antonietta Serratoni: “Esempio di mitezza e rettitudine”

Tempo di lettura: 3 minuti

Insegnante con la passione per la politica, è stata anche assessore e vicesindaco

Nel novembre 2019 ricevette la civica benemerenza dal sindaco di Galbiate Montanelli

LECCO – “Alcuni amici, tra cui Cesare Perego che l’ebbe come Assessore in Comunità Montana, mi hanno chiesto di ricordare Antonietta Serratoni, scomparsa il 17 gennaio, che nel novembre 2019 ricevette dal sindaco Montanelli la civica benemerenza del Comune di Galbiate per l’attività di insegnante, vicepreside, assessore ai Servizi Sociali e vicesindaco, per l’impegno in parrocchia e nel Consiglio Pastorale, insieme al marito Attilio Spreafico, medico stimato e con la stessa passione per la politica, dalla DC al Partito Popolare, alla Margherita, oltre all’Associazione culturale I Popolari“.

A parlare è il sindaco di Valmadrera Antonio Rusconi che per tanti anni ha intrecciato il proprio cammino politico con quello di Antonietta Serratoni che è morta lunedì scorso all’età di 77 anni. Molte sono le iniziative che si legano al nome e all’attività di Antonietta Serratoni: “Mi piace ricordare il Centro Diurno ‘Le Querce di Mamre’, un bene sottratto alla malavita, inaugurato da Rita Borsellino, perché ben rappresentativa della sua attenzione per gli ultimi, per la ‘cura’, che lei e il marito avevano per le persone più fragili. Era la testimonianza di una fede non proclamata, ma vissuta, di una passione alta, disinteressata per la politica come servizio, lontana da machiavelliche convenienze, proprio per quell’idea che è dentro il tessuto e la storia del cattolicesimo democratico, per cui le persone non vivono e non muoiono invano”.

Una politica fondata sulla cultura, sulla competenza, lontana da qualsiasi eccesso: “Penso di non averla mai sentita parlare male di un avversario, con lo stile e la mitezza di chi cercava sempre di ricomporre. Apparteneva pertanto alla categoria di coloro che sono cercati dalla politica, che la vivono come un dovere e mai come una pretesa, con la convinzione che dovremmo recuperare tutti il monito che ‘vi crederanno per quello che siete nella vita, più che per quello che andate a dire per il nostro partito’ “.

“Rainer Maria Rilke ci ha lasciato questa preghiera: ‘A ciascuno, Signore, dona la sua propria morte, il morire che viene dalla sua vita nella quale trova amore, senso e anche pena’. Sì, perché gli ultimi anni, prima con la scomparsa del marito, poi con la sua lunga malattia è stata prova, inquietudine, sofferenza autentica.  Ci sarà tempo per ricordare e imitare il suo stile gentile, ma inflessibile sui valori: a me piace ricordarla in un momento di grande gioia, quando nel maggio  2003 una cinquantina di amministratori lecchesi furono ricevuti in udienza dal Papa Giovanni Paolo II e poi dal Presidente della Camera, Casini. Pe me e per tanti è stato un onore trascorrere oltre 25 anni di impegno politico, condividendo gli stessi valori. Chi, come Antonietta, ha avuto il dono grande della fede anche nella dura prova della malattia, ha creduto che possiamo vederla con occhi diversi e, se il ricordo significa riportare al cuore, accennare confusamente alla sua esperienza politica, ci insegna che dobbiamo rifuggire la cultura prevalente oggi che insegna la furba sollecitazione del consenso, per presentare ai cittadini i valori, lo stile, le priorità di un impegno vissuto. Con gratitudine e riconoscenza”.