L’addio al volontario del Soccorso Alpino Giovanni Giarletta: “Ti ricorderemo sempre”

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LECCO – “Potrei raccontarvi tante cose su Charly, tanti aneddoti. Ma non è questo il contesto. Basti dire, intanto, che eravamo molto affiatati, e anche un po’ pazzerelli, lo ammetto”. Giuseppe Rocchi, capostazione della Stazione delle Grigne del Soccorso Alpino, non nasconde l’emozione nelle parole, ma si trattiene. E’ suo l’ultimo ricordo di Giovanni “Charly” Giarletta, il volontario del Soccorso Alpino travolto e ucciso da una valanga in Grignetta lo scorso venerdì pomeriggio insieme al collega Ezio Artusi.

Rocchi sale per ultimo sull’altare della Basilica di San Nicolò, gremita di gente, centinaia e centinaia di persone, per l’addio a Giovanni, Charly, com’era più conosciuto. In prima fila ci sono i genitori del giovane alpinista, 38 anni lo scorso gennaio: la mamma Carmela, il papà Antonio, noto avvocato penalista, il fratello Marco. Poco dietro gli altri parenti e, composta, la fidanzata Francesca. Accanto le autorità civili e militari, il Prefetto Liliana Baccari, il Comandante della Guardia di Finanza di Lecco Massimo Dell’Anna, l’assessore comunale Anna Mazzoleni,  in rappresentanza del Comune di Lecco, il sindaco di Introbio (paese natale di Ezio Artusi) Adriano Airoldi.

E poi tanti, tantissimi volontari del Soccorso Alpino, in uniforme. Amici, colleghi, compagni di tante missioni di salvataggio, ma anche di tante avventure. Tutti stretti in un silenzio composto. Lo sguardo di alcuni è fisso sulla bara, coperta dal drappo del Soccorso Alpino. Ci sono anche una corda da arrampicata, e il suo casco arancione. Una scena che si ripete a distanza di solo un giorno: ieri, domenica, il Soccorso Alpino lecchese si era riunito a Introbio, per l’ultimo saluto a Ezio Artusi.

Appoggiata all’altare c’è una bella foto del Cerro Torre, l’ultima, sognata, e da pochissimo conquistata, impresa di Giovanni Giarletta. Il pensiero non può non correre a solo una settimana fa, quando il Charly e il Panza, Manuele Penzeri, guida alpina e soccorritore a sua volta, avevano fatto il loro rientro dalla Patagonia dove avevano scalato insieme all’amico varesino Tommaso Lamantia il mitico Cerro Torre lungo la via dei Ragni. Solo una settimana fa il clima in casa del Soccorso Alpino lecchese era di festa. Solo una settimana fa gli stessi occhi brillavano durante l’ennesimo brindisi ai due volontari che erano tornati dall’impresa. Oggi gli occhi brillano, ma per un altro motivo.

“Mi sento coinvolto in prima persona – ha detto il prevosto di Lecco Mons. Franco Cecchin durante l’omelia – venerdì quando ho saputo cos’era successo ho pianto. Per Cahrly, e per Ezio. La presenza di voi tutti dimostra che il difficile momento che stiamo vivendo oggi è un momento di consegna. Charly, con la passione della montagna – ha proseguito il prete – avevi appena scalato il Cerro Torre. Tutti facciamo fatica, abbiamo il magone grosso. Ti ricordiamo riservato, arguto, di poche parole. Non ne hai mai detta una in più. In compenso, facevi tanto, soprattutto per gli altri. Il primo pensiero, erano loro. Poi c’era la montagna. Il mio non vuole essere un elogio, ma un riconoscimento. Dicci da lassù come continuare a trasmettere la tua passione per gli altri”.

Prima di Rocchi a salire sull’altera al termine del rito funebre è stato Calumer, Giovanni Orlandi, storico volontario del Soccorso Alpino e presidente del Cai di Ballabio. Legge la preghiera all’alpinista, sul finale la voce trema. “Charly, oltre che essere un amico, era una persona solare. Aveva tutto. E c’era sempre, dava, pur di dare agli altri. Lo ricordo in molte occasioni. Ciao Charly”.

Tocca quindi al capostazione Rocchi ricordare l’amico Giovanni: “Eccomi qua, mi hanno detto che dovevo pensarci io, sono il capo… che dire. Sono già state dette tante belle cose, io avrei tanti ricordi e aneddoti, ma non mi sembra il contesto. Intanto, eravamo molto affiatati, e anche un po’ pazzerelli lo ammetto”.

Aveva dentro un fuoco per la montagna, era spesso in giro, e io, da buon pensionato, lo seguivo. Alle volte mi faceva anche un po’ incazzare. L’ho visto entrare nel Soccorso Alpino giovanissimo: quando è arrivato e mi ha mostrato il curriculum ho pensato ‘questo è uno che va!’. Da allora non ha mai mancato una chiamata. Lui c’era sempre. Per questo suo impegno, poco prima di Natale, durante l’assemblea del Soccorso, tutti avevano concordato nel votarlo vice capostazione. Lui continuava a chiedermi se eravamo sicuri. Era così, la sua forza era proprio l’umiltà, Io gli avevo detto ‘stai tranquillo, un paio di anni sotto l’ala del Rocchi e poi il capo della stazione sarai tu’. E poi…”.

Rocchi si ferma, sta un attimo in silenzio, e riprende: “Va bene, un aneddoto. Qualche tempo fa eravamo sulla bastionata (del Resegone, ndr) io e lui in settimana. Stavamo parlando dello Zio Enri e guardando in su mi dice: ‘Dovremmo dedicargli una bella via, l’ho già vista’ e io ‘Ma stai buono, che devi andare in Patagonia!’. Gliel’avevo detto anche prima che andasse in Grigna. Ma lui aveva un fuoco dentro, doveva andare. E ora io non ho più voglia di fare niente, è stata una mazzata troppo forte. Ciao Charly, ti ricorderò per sempre”.

Al termine della messa viene intonato il Signore delle Cime, gli amici del Soccorso si caricano sulle spalle la bara del loro amico e collega, dietro seguono diversi gagliardetti tra i quali: Croce Rossa, Croce San Nicolò, Cai Calolzio, Cai Lecco, Ragni e Soccorso Valsassina. Il corteo si incammina fuori dalla chiesa, e prosegue fino al cimitero monumentale di Lecco. In silenzio, è il momento dell’ultimo, corale e affiatato saluto.