Sequestrata in Mali nel 2008, Anna Anghileri: “La paura non andrà mai via”

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Al centro Anna Anghileri (Les Cultures)

La cooperante lecchese racconta quando i miliziani hanno bloccato il suo gruppo in mezzo al deserto in Africa

E su Silvia Romano dice: “La gente che la attacca non può capire cosa ha passato”

LECCO – In questi giorni di incredibili polemiche sul caso del rientro in Italia di Silvia Romano, innescate dalla sua conversione all’Islam, il pensiero di alcuni a Lecco è tornato ai fatti accaduti una decina di anni fa ad una spedizione lecchese di Les Cultures in Africa.

Era il 2008 e Anna Anghileri, allora presidente dell’associazione, insieme a Daniele Scaramelli e altri tre volontari, stava attraversando il deserto in Mali quando sono stati fermati e trattenuti per diverse ore da un gruppo di miliziani legati ad Al Qaeda.

“Si trattava di una missione di cooperazione internazionale portata avanti da Les Cultures con alcune associazioni locali sia in Mali che in Niger – ricorda Anna Anghileri – In quel caso facevamo ritorno dopo aver trascorso alcuni giorni nel piccolo villaggio di Araouane, a 250 chilometri di Timbuktu, dove avevamo costruito una scuola e realizzato altri progetti utili alla vita degli abitanti”.

Il villaggio di Araouane

La delegazione, accompagnata da alcuni referenti delle associazioni del luogo, si stava spostando verso la città di Timbuktu. “Dopo circa un’ora di viaggio siamo stati raggiunti e fermati da pick up con a bordo una quindicina di uomini armati di kalashnikov – racconta Anna – ci hanno fatto immediatamente scendere e messi faccia a terra, coprendo le donne con delle coperte. Subito hanno insistito che avremmo dovuto convertici all’Islam, dicevano che non era vero che eravamo in Africa per aiutare la gente ma per diffondere il cristianesimo”.

Facevano segno di tagliarci la gola

Attimi drammatici che Anna ricorda ancora con tanta angoscia: “Ci minacciavano indicandoci con un gesto che ci avrebbero tagliato la gola. E’ stato tremendo. Il pensiero è stato che, a quel punto, se dovevamo davvero morire, avrei sperato piuttosto che ci sparassero, per soffrire il meno possibile”.

La fortuna del gruppo è stata quella di avere una copia del Corano nello zaino di uno dei collaboratori locali, il quale ha dialogato con i guerriglieri convincendoli a lasciarli andare. “Gli diceva che era musulmano e che se ci avessero ucciso avrebbero fatto del male quindi anche ai loro fratelli. Alla fine, dopo mezza giornata nelle loro mani, si sono decisi a lasciarci andare”.

“Avviene tutto così rapidamente che non te ne rendi conto, sai solo che devi tenere a freno la lingua, non devi dire niente, non fare gesti strani. Speri che se ti uccidano lo facciano velocemente. In quel momento hai l’adrenalina addosso, la paura viene dopo, quando tutto finisce e temi possa accadere di nuovo. Le otto ore trascorse per raggiungere Timbuktu sono state terribili. Avevamo il terrore potessero fermarci ancora prima che riuscissimo a metterci in salvo. Non è successo. Una volta raggiunta la città abbiamo contattato la Farnesina”.

Faresti di tutto per salvarti la vita

“Chi non ha vissuto un’esperienza simile non può sapere cosa si prova, per questo sono stranita da tutte le polemiche nate intorno al caso di Silvia Romano. Quando sei in quelle situazioni faresti di tutto per salvarti la vita. Figuriamoci questa giovane rimasta tutto quel tempo con i suoi sequestratori”.

Anna Anghileri, a seguito di quei fatti, non è più tornata in quelle zone. “Anche perché sono diventate troppo pericolose. I progetti i Les Cultures proseguono grazie alle associazioni locali”.

“E’ sbagliato però pensare che non sia opportuno dare il proprio aiuto lontani dal proprio paese. Noi abbiamo fatto tanto in Africa ma ci siamo sempre mossi in modo organizzato e a gruppi di più persone. Una ragazza di 23 anni lasciata sola in un villaggio… io personalmente non l’avrei fatto. La nostra sfortuna è stata imbatterci in questo gruppo di guerriglieri che dall’Algeria probabilmente si stava spostando verso la Mauritania. E’ un film terribile che a volte torna davanti agli occhi. E’ una paura che purtroppo non ti lascia neanche a distanza di anni, se prima non avevo nessun problema ad uscire di casa sola la sera, oggi non lo faccio più, neanche qui a Lecco”.