Il grande dispiegamento di forze dell’ordine ha contenuto la manifestazione antifascista diretta allo stadio
L’Anpi sceglie di restare in Largo Montenero: “Restiamo qua per un presidio che non cada in infruttuose provocazioni”
LECCO – Un grande dispiegamento delle forze dell’ordine in assetto antisommossa ha fatto in modo che una parte del presidio antifascista non si sia incontrato con la fiaccolata in memoria dei repubblichini fucilati il 28 aprile del 1945 organizzata davanti alla lapide nei pressi dello stadio. Tutto è cominciato in Largo Montenero quando, durante il presidio organizzato dall’Anpi Lecco, dopo il discorso del presidente Enrico Avagnina, una parte degli intervenuti si è staccata muovendosi lungo corso Matteotti in direzione dello stadio dove era in programma la fiaccolata.
Presidio dell’Anpi che aveva ricevuto anche il saluto del sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, della vice Simona Piazza e di altri assessori e consiglieri di maggioranza che, pochi minuti più tardi, avrebbero preso parte ai lavori del consiglio comunale.
“Il presidio dell’Anpi rimarrà stabile in questo luogo della resistenza – aveva sottolineato Avagnina – ma condanniamo, come abbiamo sempre fatto, quelle manifestazioni come la fiaccolata che si dovrà svolgere oggi, nei pressi dello stadio di Lecco. manifestazioni che nascondendosi dietro alle motivazioni per lutto, diventano occasioni per lugubri scenari del ventennio fascista. Occasioni per rancorose gestualità fasciste condannabili come apologia di reato. Come presidente dell’associazione Anpi provinciale mi prendo la responsabilità della decisione di rimanere qua, per un presidio che non cada in infruttuose provocazioni. Prendo questa decisione non con l’autorevolezza dei presidenti che mi hanno preceduto, protagonisti della resistenza, ma prendo questa decisione sulla base dell’esperienza accumulata nell’Anpi in anni in cui il cosiddetto antifascismo militante era sicuramente più presente. Una scelta che si basa nella continuazione di un’Anpi che, nelle diverse situazioni, si pone il problema di costruire ambiti unitari dove poter offrire agli altri soggetti dell’antifascismo il proprio patrimonio di conoscenza della resistenza. Siamo consapevoli di non avere il monopolio dell’antifascismo perciò siamo aperti al confronto e rispettosi delle visioni altrui. Questo patrimonio di conoscenza è lo strumento che oggi useremo davanti a questo monumento”.
Dopo questo discorso, però, dalla platea sono nate delle contestazione e l’esortazione a non rimanere immobili, ma a muoversi per il centro città e verso lo stadio e così, una parte della platea, ha imboccato corso Matteotti dove è stata bloccata da un cordone di Polizia e Carabinieri. Quindi il gruppo è ridisceso verso via Balicco dove è stato fermato di nuovo, quindi si è spostato davanti al comune dove erano in corso i lavori del consiglio comunale che è stato sospeso per alcuni minuti. Alcuni manifestanti hanno tentato di entrare cercando di sfondare il cordone della polizia e si sono vissuti attimi di tensione.
Contemporaneamente, invece, si sono svolte (come da molti anni a questa parte) la fiaccolata e la commemorazione dei caduti della Repubblica Sociale sotto la targa che ricorda le vicende culminate con l’uccisione di 16 ufficiali e sottufficiali della Repubblica Sociale Italiana. Qui, Antonio Pasquini, sindaco di Casargo e consigliere delegato della provincia di Lecco, ha citato un brano del discorso di insediamento come presidente della Camera di Luciano Violante nel maggio 1996: “Mi chiedo se l’Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà. Questo sforzo, a distanza di mezzo secolo, aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la liberazione come valore di tutti gli italiani, a determinare i confini di un sistema politico nel quale ci si riconosce per il semplice e fondamentale fatto di vivere in questo paese, di battersi per il suo futuro, di amarlo, di volerlo più prospero e più sereno. Dopo, poi, all’interno di quel sistema comunemente condiviso, potranno esservi tutte le legittime distinzioni e contrapposizioni”.
“Il Presidente della Camera di allora, che certo non appartiene alla mia storia politica, chiedeva di capire le ragione dei vinti e costruire una identità comune per rendere questo paese più prospero e più sereno – ha detto Pasquini -. Noi, oggi, siamo qui a ricordare 16 ragazzi, militari, che quando sono morti hanno pronunciato le parole ‘viva l’Italia’. Non voglio entrare nelle polemiche di queste ultime ore, ma una cosa ci tengo a dirla: ho letto da qualche parte che sarebbero stati raffigurati simboli di chiara matrice fascista, ma nella cripta del Sacrario della Vittoria, sotto quelle che sono croci cattoliche, ci sono sepolti caduti della Prima Guerra Mondiale, della Guerra in Abissinia, della Seconda Guerra Mondiale, militari della Repubblica Sociale Italiana e Partigiani. Non deve mai venire meno la pietas nei confronti dei morti. Amate sempre l’Italia e il Tricolore, che è il fondamento di tutti noi e ci rappresenta tutti. Dobbiamo costruire il futuro dell’Italia al di là delle polemiche”.