Lecco, l’ultimo saluto al giovane Paolo: “Arrivederci a lassù”

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LECCO – “Non è facile fare una riflessione su ciò che è successo a Paolo, ma ciascuno di noi è fragile. A volte è vero, non abbiamo il coraggio di vivere”.

Don Giuseppe Buzzi, parroco del Caleotto, ha aperto con queste parole la funzione funebre per dare l’ultimo saluto a Paolo Marazzi, il 25enne scomparso martedì, investito da un treno sulla linea Lecco-Bergamo, a Pontida.

Gremita la chiesa dove si sono svolti i funerali del giovane, militante della Lega Nord (era nel direttivo cittadino) e studioso di Economia a Bergamo. Presenti papà Massimo, mamma Anna Rosa, insegnante alla scuola media Don Ticozzi di Lecco, e il fratello Matteo e poi ancora tanti parenti, amici, compagni di partito. Tutti stretti in un dolore che non trova spiegazione, di fronte alla morte di un 25enne gioioso, tenero, intelligente (“forse fin troppo” come lo ha ricordato affettuosamente Don Giuseppe) quale era Paolo.

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Paolo Marazzi

Un giovane “tenace, impegnato, raffinato, nobile, rispettoso dell’altro, aperto. Tutto umanamente perfetto – ha detto il sacerdote – e forse queste cose nella vita non vanno sempre bene. Non ci si trova, si è come disagiati, disadattati, a essere troppo perfetti con ideali forti e con sensibilità che va inoltre all’immaginabile. Qualcosa dentro ognuno di noi non è mai felice, a volte il coraggio di affrontare una sofferenza profonda ti porta quasi a distruggerti. A 25 anni uno non ha ancora tutta l’esperienza della vita, ma qualcuno è troppo avanti anche per capire quel che sente dentro. Paolo era un ragazzo tranquillo, militante in un partito abbastanza deciso e solido. Faceva cose ordinarie con tenerezza, ma nella bellezza anche in questo caso c’è una sofferenza che molti non sanno vedere, neppure chi lo viveva da vicino”.

Paolo con la sua morte ci dice che amare è sempre un rischio, significa diventare vulnerabili, feriti. Noi abbiamo fatto quello che si poteva, non si può prevedere il futuro, i sensi di colpa non servono, non dobbiamo sentirci in colpa”.

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“E’ grande tentazione – ha proseguito Don Giuseppe – fuggire dalla nostra sofferenza interiore, negarla. Siamo nell’Anno Santo della Misericordia, lasciatevi perdere un attimo, affidatevi a Gesù. Ditegli che siamo alla ricerca dell’amore, abbiamo una guida che può aiutarci e accompagnarci in questa sofferenza, usiamola. Dovremmo riuscire a guardarci dentro noi stessi, proveremmo compassione. Dobbiamo volerci bene anche se non accettiamo del tutto quello che siamo” è stato l’invito di Don Giuseppe, che ricordando affettuosamente Paolo ha fatto un appello finale: “Impegnatevi in una lotta bella, forte e decisa per la giustizia e la vera carità politica. Credo che questa sia la prima eredità che ci lascia Paolo. La seconda è l’invito ad utilizzare la sua conoscenza e affabilità per trattarci con maggiore nobiltà. Ciao Paolo, arrivederci a lassù“.

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