“L’Italia nel bicchiere”. Alla scoperta del vitigno Viogner

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Roberto Beccaria
Roberto Beccaria

RUBRICA – Cari amici, penso di essere ancora in tempo per augurarvi un piacevole 2018 all’insegna del bere moderato e di qualità. Visto che primo vino del nuovo anno degustato con attenzione è stato un vino bianco ottenuto col vitigno Viogner, approfitto per parlarvi di questo vitigno tanto di moda.

Anche se le sue antiche origini sembra siano Dalmazia / Croazia, la sua provenienza recente è sicuramente l’alta Valle del Rodano e attualmente si è diffuso anche in Italia, specialmente in Piemonte, Toscana e Sicilia.
Quest’uva è letteralmente esplosa negli ultimi 30 anni, visto che dopo il disastro della fillossera ed i conflitti mondiali la superficie ufficialmente coltivata a Viogner era inferiore ai 10 ettari. In seguito, grazie alla lungimiranza di alcuni vignaioli che hanno valorizzato il vitigno col prestigioso Condrieu – il padre di tutti i Viogner – si è arrivati alla sua diffusione planetaria dall’Europa alla California, dall’Australia, in cui è l’uva bianca più coltivata, fino al Sudafrica.

Il Viogner è una varietà a bacca bianca mediamente produttiva, buccia piuttosto spessa in rapporto alla polpa, ed è leggermente tardiva. I vini che ne derivano hanno decisi profumi floreali e fruttati e sono generalmente strutturati e corposi.

La sua versatilità permette la produzione di ottimi vini “quotidiani” al giusto costo, da bere nell’arco di un paio d’anni, ed anche diversi vini d’élite che migliorano col tempo. Davvero sorprendente (e convincente) la versione Metodo Classico.

Terre Lariane millesimato che produce il buon Mario Ghezzi di Terrazze di Montevecchia: assolutamente da provare. Inoltre è un’uva particolarmente adatta ad essere assemblata ad altre per ottenere degli “uvaggi” davvero sfiziosi ed interessanti.

Il mio approccio degustativo col Viogner risale ad una ventina d’anni fa allorchè un grande “signore” del vino che si chiama Marziano Abbona, famoso soprattutto per il suo Dogliani “Papà Celso” DOCG, m’ha fatto assaggiare alla cieca uno straordinario vino bianco chiamato “Airone Cinerino” ottenuto da un vigneto sperimentale di Viogner, che allora non era neppure elencato nelle varietà di uve permesse dai disciplinari di Langa. Ancor oggi il Cinerino è uno dei Viogner di riferimento anche se si differenzia per la sua vinificazione ed il suo garbato affinamento in barrique: il 2016 appena degustato è davvero un’insieme di potenza e complessità a cui si aggiungono equilibrio e finezza.

Tra i vini dai costi moderati assaggiati recentemente posso citare senza esitazione il Viogner di Sicilia di Mandrarossa e quello del Lazio di Casale del Gliglio, tra gli uvaggi il “Bouquet” di Rapitalà con Viogner, Sauvignon e Grillo.

Nella fascia media , oltre al Langhe Cinerino , mi sono piaciuti il Maremma “Montedonico” di Terenzi e il “Bianco del Borgo” di Ten.d’Alessandro a Cortona mentre tra quelli prestigiosi ,e forse anche un po’ troppo costosi, il “Fontarca” sempre di Tenimenti d’Alessandro e “La balena” di Petra a Suvereto (LI).

Per quanto concerne gli accostamenti, prenderei seriamente in considerazione quello spumante Terre Lariane per un aperitivo sfizioso o una cena-buffet magari a base di prodotti del territorio… perchè no!

Poi, in base alla struttura e alla complessità dei vini, li si potrà abbinare a salumi, risotti e paste ripiene , carni bianche e formaggi (anche freschi di capra).

Ho a casa un paio di Viogner che vengono dalla Languedoc-Roussillon e non vedo l’ora di compararli ai nostri , per cui vado su a Castello dal Christian del Filet dove una bresaolina di Isacchi, un Prosciutto di Parma stagionato 24 mesi o una pancetta di Sauris non mancano mai e mi metto subito “al lovoro”.

Degustare per credere
Roberto Beccaria

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