Gilardoni. Al processo parlano i sindacati: “Abbiamo visto lavoratori piangere”

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Emilio Castelli (Fim Cisl) e Fabio Anghileri (Fiom Cgil) davanti al municipio di Mandello durante una protesta organizzata dai lavoratori della Gilardoni

Il processo per le presunte vessazioni subite dai dipendenti della Gilardoni Raggi X

Al banco dei testimoni Castelli della Fim Cisl, Oreggia e Anghileri della Fiom Cgil

LECCO / MANDELLO – Continua il processo sul caso Gilardoni Raggi X: se nell’ultima udienza è stata sancita l’uscita di scena della principale imputata, l’ex presidente Maria Cristina Gilardoni, a affetta da una grave forma di alzheimer, il procedimento continua per gli altri imputati e per accertare la verità su quanto accadeva tra le mura della nota azienda di Mandello.

Mercoledì sono stati chiamati a testimoniare i rappresentanti sindacali che hanno seguito da vicino le vicende della Gilardoni negli ultimi anni, assistendo i lavoratori; un ruolo fondamentale quello dei sindacati della categoria dei metalmeccanici, è grazie alla loro attività di coinvolgimento delle istituzioni locali (Comune di Mandello e Prefettura in primis) che la questione ha potuto emergere al di fuori della fabbrica.

Un ruolo che ha i volti di Emilio Castelli della Fim Cisl e di Fabio Anghileri della Fiom Cgil, entrambi sindacalisti di riferimento per i lavoratori della Gilardoni Raggi X dal 2014 fino ad oggi, e prima ancora di Maurizio Oreggia della Fiom, tra il 2011 e il 2014.

“Dal momento in cui mi è stata data in carico l’azienda, mi sono reso conto che l’attività sindacale era nulla, le uniche cose che riuscivamo a svolgere erano l’assistenza ai lavoratori sottoposti a provvedimento disciplinare e le assemblee che si svolgevano però in un clima particolare” ha spiegato Castelli, rispondendo alle domande degli avvocati Alessandra Maggi e Maria Grazia Corti, legali delle organizzazioni sindacali.

Il capo del personale all’assemblea sindacale

Il clima anomalo, ha proseguito Castelli, era dovuto alla presenza in assemblea anche del dirigente a capo dell’ufficio personale, Roberto Redaelli, “che partecipava in quanto dipendente, ma che appuntava su block notes e penna ciò che si diceva. I lavoratori in queste assemblee non fiatavano e se parlavano, subito dopo, arrivavano le contestazioni, le lettere di provvedimento”.

Roberto Redaelli

Anche per questo motivo, i sindacati ad un certo punto hanno deciso di fare altrove le riunioni, nella sala civica messa a disposizione dal Comune oppure di ricevere i singoli lavoratori presso le proprie sedi.

“Quando li guardavi negli occhi coglievi il loro spavento, arrivati nei nostri uffici molti si lasciavano andare, piangevano come bambini – ha raccontato il sindacalista della Cisl – In tanti anni non avevo mai visto una cosa del genere, uomini di una certa età e padri in lacrime, così come giovani ragazze neo assunte. Motivavano il loro stato per la pressione che veniva messa loro da delle azioni che in quell’azienda, puntualmente, avvenivano. Chi non era in linea subiva delle contestazioni, sempre vessatorie, che cercavano di affondare il lavoratore”.

Gli incontri tra sindacati e azienda avvenivano, ha spiegato Castelli, “alla presenza del sig. Redaelli e del dott. Alberto Comi” quest’ultimo, accusato di abuso della professione di consulente del lavoro (non essendo iscritto all’albo) ha già patteggiato un mese e dieci giorni di pena.

“La grande contraddizione – ha proseguito il sindacalista – era avere il capo del personale alle assemblee sindacali, la stessa persona che poi ci trovavano di fronte quando c’era da discutere su i provvedimenti disciplinari nei confronti di un lavoratore. La signora Gilardoni, invece, non ho mai avuto occasione di incontrarla”.

Ferie e permessi

“Agli incontri sindacali parlavano sempre con l’ing. Redaelli e il dott. Comi” ha confermato Maurizio Oreggia della Fiom che dal 2011 aveva tentato di avviare una trattativa per rinnovare il contratto aziendale, scaduto l’anno precedente.

Maurizio Oreggia (FIOM)

“Avevamo raccolto le richieste dei lavoratori, dalle questioni generali e quotidiane a quelle normative ed economiche, abbiamo quindi elaborato una piattaforma poi sottoposta all’azienda. Capita generalmente che la controparte non sia d’accordo su qualche punto. In quel caso, però, la Gilardoni respinse ogni nostra proposta, avanzando delle richieste che ritenemmo inaccettabili, che complicavano per esempo il coinvolgimento e la verifica dell’attribuzione del premio di risultato”.

Sindacati e lavoratori chiedevano già allora chiarezza all’azienda anche in materia di permessi e ferie. “Spesso i dipendenti facevano presente le problematica sui respingimenti delle loro richieste di ferie e permessi per legge 104 e donazioni di sangue, soprattutto se coincidevano con le giornate di lunedì e venerdì. Non c’era un criterio oggettivo e le ragioni dei respingimenti erano spiegate in maniera non convincente”.

Solo nel 2018, dopo il cambio di presidenza affidata a Marco Gilardoni (figlio di Maria Cristina), si è potuto giungere ad un accordo sul contratto aziendale.