Barzago ‘vicina’ a papà Afrim. Il legale di famiglia: “La situazione è complicata”

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Al centro il sindaco Ceroli insieme al vicesindaco Bianco e all'assessore Mantonico

Il Comune esprime la propria vicinanza ad Afrim Berisha e al piccolo Alvin

“Abbiamo attivato anche noi i canali possibili per aiutare la famiglia”

LECCO – “La nostra amministrazione è vicina alla vicenda di questo padre e speriamo tutti in una lieta conclusione”. All’indomani del servizio messo in onda da Le Iene di Italia Uno, il Comune di Barzago è voluto intervenire convocando una conferenza stampa in municipio per esprimere la propria solidarietà ad Afrim Berisha, papà del piccolo Alvin, bloccato in un campo profughi in Siria.

Una vicenda iniziata nel 2014 quando la madre Valbona ha rapito il bambino, all’epoca di soli sei anni, e lo ha portato via dalla loro casa di Barzago per aderire alla jihad dell’Isis.

“Abbiamo seguito dall’inizio questa vicenda e quando a luglio si è avuta notizia che il bambino era vivo abbiamo attivato nuovamente tutti i canali che potevamo, in particolare con i parlamentari del territorio, l’on. Fragomeli e il senatore Arrigoni, con loro c’è un contatto periodico ed entrambi hanno interessato ancora una volta la Farnesina, che già tempo si sta occupando della situazione” spiega il sindaco Mirko Ceroli insieme al vicesindaco Michele Bianco e all’assessore Francesca Mancantonico

Il sindaco di Barzago

“Anche se formalmente la nazionalità di Alvin è albanese, per noi è un bambino italiano, è nato qui e ha frequentato la nostra scuola” hanno proseguito.

Anche in paese, fanno sapere gli amministratori, “c’è sgomento per questa situazione. Tutti a Barzago conoscono Afrim e i nostri servizi sociali sono in contatto con la famiglia. Sappiamo di essere di fronte ad una situazione dai tempi incerti. Dobbiamo avere fiducia nella burocrazia che si sta muovendo, senza fare rumore”.

L’avvocato di Afrim: “Tutto è precipitato dopo l’attacco dei turchi”

Una situazione, quella del piccolo Alvin, resa più urgente e complicata dall’escalation militare dei turchi che stanno bombardando le zone al confine, non lontano dal campo di Al Hol dove si trova il ragazzino.

“Stiamo sperando in qualche timida possibilità di portarlo in un posto più sicuro – fa sapere l’avvocato Darien Levani, legale della famiglia Berisha, contattato telefonicamente – nei mesi scorsi era stato fatto un grande lavoro da parte dei governo kosovaro, un processo lungo e faticoso a livello diplomatico, che purtroppo è stato interrotto a seguito del conflitto con i Turchi. Oggi non riusciamo a comprendere con chi è necessario interloquire della diplomazia albanese, italiana, curda e turca. La cosa più urgente è quella di garantire delle cure al ragazzo”.

l’incontro tra Afrim e Alvin al campo profughi di Al Hol nel servizio trasmesso da Le Iene

“Stiamo lavorando su più fronti – prosegue il legale – e stiamo cercando di capire se vi possano essere altre vie possibili. Crediamo che l’intervento del Governo Italiano possa avere un peso rilevante nelle trattative, ritengo possibile che se l’Italia facesse leva sui motivi umanitari si potrebbe giungere ad un successo, che oggi non significherebbe riportare Alvin in Italia ma aprire una canale efficace di comunicazione, assicurarci delle condizioni del ragazzo e fornirgli le cure necessarie”.

Si deve fare in fretta, perché la situazione rischia di peggiorare. “Le ultime notizie di Alvin risalgono a qualche giorno fa ma sono difficili da confermare – spiega l’avvocato – il ragazzo sarebbe ancora dentro il campo. Il rischio di perderlo di vista c’è: in un campo profughi vicino, nel corso di una rivolta, sono fuggite oltre 700 persone. Che ne sarà del ragazzo se dovesse succedere a Al Hol? Si nasconderà o se ne andrà anche lui? Qualcuno lo prenderà con sé?”

La famiglia Berisha confida nella Farnesina: “Non sappiamo cosa stiano facendo ma è normale e giusto che sia così. Vorremmo solo avere qualche comunicazione in più, avere qualche riscontro per capire se c’è un canale aperto”.