Evasione fiscale e ‘ndrangheta: a Casatenovo il principale indagato

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Casatenovo al centro dell’operazione della Guardia di Finanza e della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano

In carcere 53enne, per gli inquirenti il capo dell’associazione criminale. Arrestata anche la compagna e un altro soggetto

CASATENOVO – E’ un imprenditore 53enne di origini pisane residente nel comune di Casatenovo il principale indagato dalla maxi operazione coordinata dalla Dia di Milano e condotta dai Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Milano e Lecco e dello S.C.I.C.O. di Roma. Venti le persone destinatarie delle misure di custodia cautelare contenute nell’ordinanza emessa dal Gip del tribunale di Milano.

L’operazione, condotta dalle Fiamme Gialle, ha permesso di smantellare un sodalizio dedito a una frode fiscale di oltre 160 milioni di euro e di svelare i rapporti di quest’organizzazione con la criminalità organizzata.

Al principale indagato, A.M., classe 1967,  viene anche contestato, tra gli altri reati, il 416 bis 1, ovvero l’aggravante mafiosa. A lui sono stati infatti imputati, in qualità di dominus dell’associazione, plurimi episodi di usura e connesso auto-riciclaggio, nonché un’estorsione commessa, con tipiche modalità mafiose, a Cambiago, in provincia di Milano, nel 2018. L’imprenditore è stato tradotto in carcere in attesa dell’udienza preliminare che si terrà nei prossimi giorni.

Sempre in carcere sono finiti altre due persone residenti a Casatenovo. Si tratta della compagna del 53enne, L.L., classe 1986 e di un altro uomo, A.Z., del 1961. A loro vengono contestati a vario titolo i reati di frode fiscale, usura e auto- riciclaggio.

La frode messa in atto dalla compagine guidata dall’imprenditore toscano, operante nell’ambito della vendita di servizi telefonici,  trapiantato in Brianza, è di quelle classiche del sistema ‘carosello’. Prevede cioè l’emissione di una catena di fatture con l’obiettivo di eludere il pagamento dell’Iva attraverso l’utilizzo di una fitta rete di società “cartiere” (fantasma dal punto di vista tributario) e filtro, ovvero appositamente create per porre uno schermo tra la società cartiera e il soggetto destinatario dei servizi o della merce. Società, situate in paesi europei o extraeuropei, intestate a prestanome con precedenti anche per associazione di stampo mafioso e traffico di stupefacenti.

Il giro di “affari” ha consentito al sodalizio di evadere, dal 2015 al 2018, mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per oltre 160 milioni di euro, le imposte ai fini Iva e Ires per oltre 34 milioni di euro. Le operazioni non si sono svolte esclusivamente in Italia, ma hanno superato i confini nazionali arrivando in Croazia, dove sono stati sequestrati diversi conti correnti e in Svizzera, dove risultavano localizzate diverse società e, almeno formalmente, alcune persone fisiche.

Non solo. Le investigazioni condotte hanno permesso, inoltre, di riscontrare dei legami tra l’organizzazione fraudolenta e una nota cosca ‘ndranghetista, attiva nella zona a Nord Ovest di Milano. Due coniugi esponenti di questa nota famiglia mafiosa e un soggetto condannato per reati di mafia, erano stati infatti assunti all’interno di imprese coinvolte nel meccanismo fraudolento.

 

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