Metastasi. “Il boss impartiva ordini dal carcere”

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    Franco Coco Trovato

    FRANCO COCO TROVATOLECCO – Nonostante l’arresto nel 1992 e la condanna all’ergastolo, per gli inquirenti della Guardia di Finanza di Milano, Franco Coco Trovato resta “il ‘capo’ riconosciuto e ‘naturale’ del sodalizio criminale.

    Un ruolo “indiscusso”, si legge nella relazione del GICO sull’inchiesta Metastasi, che “non è venuto mai meno, neanche a seguito del suo arresto, sebbene sia stata attribuita la ‘reggenza’ del sodalizio a suo fratello Mario.

    Quest’ultimo, in carcere ad Opera dallo scorso 2 aprile, per la Guardia di Finanza di Milano, era il “reggente” del clan, visto gli elementi raccolti nel corso dell’indagine dai quali risulterebbe “aver sostituito il fratello Franco nella gestione degli affari illeciti della famiglia”.

    “In tale veste – spiegano gli inquirenti – esercitava un efficace controllo del territorio su Lecco ed il suo hinterland; attraverso i suoi contatti politici, in particolare con Ernesto Palermo – il consigliere comunale di Lecco arrestato nello stesso giorno di Mario Trovato e del sindaco di Valmadrera, Marco Rusconi – riusciva altresì ad influenzare a proprio favore le decisioni di organi politici presenti sul territorio”.

    Non solo appalti pubblici, per i quali il fratello del boss “riusciva ad influenzare le gare”, ma “con il suo appoggio nella città di Lecco – secondo gli inquirenti – si poteva diventare consigliere comunale o assessore”.

    Diffusi, secondo quanto emerso dalle indagini, gli interessi del clan sul territorio: “attività dei videogiochi illegali”, “prestanome per il controllo di società”, richieste di “pizzo a commercianti” e “compensi dagli spacciatori che operavano a Lecco” e che lo stesso Mario Trovato avrebbe utilizzato come “manovalanza per incutere paura e per le intimidazioni”.

    Guardia di finanzaNove gli affiliati diretti al clan individuati dai finanzieri, tre i prestanome ma complessivamente sono 108 i soggetti interessati dall’inchiesta di cui 57 a carico dei quali è stata effettuata una comunicazione di notizia di reato.

    “Gli associati – secondo l’accusa – usavano riunirsi periodicamente al fine di discutere sulle attività da intraprendere e per mantenere e rinsaldare i rapporti tra loro”.

    Al di sopra di tutti, anche del fratello, restava Franco Coco Trovato che, secondo le indagini, nonostante la detenzione sarebbe comunque riuscito negli anni a comunicare con il fratello. Mario Trovato, spiegano i finanzieri nella loro relazione, “confidava ai suoi complici che il fratello Franco, proprio per non attirare l’attenzione delle Forze di Polizia sull’attuale ‘reggente’, aveva disposto che non avrebbe mai dovuto fargli visita in carcere a Terni”.

    A fare da tramite sarebbe quindi i parenti strettissimi in “assidui e sistematici” incontri alla casa circondariale “avevano il compito di far trapelare all’esterno, in particolare a Mario Trovato ed agli altri appartenenti al sodalizio criminale in stato di libertà, i voleri, gli ordini e le determinazioni del “boss” detenuto”.