Ndrangheta: a Castello Brianza il capanno del “giuramento”

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CASTELLO B.ZA/ DOLZAGO –Da un lato lo stradone che porta da Dolzago al comune di Sirone, dall’altro via Pratobevera che diventa sterrata e che conduce ad una zona rurale; lì, ad un passo dalla provinciale 51 e dal centro abitato, era ubicato il casotto dove i “locali” dell’ndrangheta calolziese e comasca tenevano le loro riunioni, “battezzavano” e promuovevano i propri affiliati.

Questo secondo le indagini dell’Antimafia di Milano che è riuscita a filmare le “mangiate” degli ndranghetisti, come vengono definiti in gergo mafioso questi incontri, e per la prima volta in assoluto a registrare con immagini video i rituali del conferimento dei titoli agli associati del clan.

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Si tratta di una struttura fatiscente, circondata da un orto, separata dalla via principale da un breve sentiero tra i prati. Tavolini e sedie sono disposti sotto una veranda in legno proprio dove, come si vede dai filmati registrati dai carabinieri del ROS, si tenevano le riunioni tra i presunti affiliati.

Il casotto, adiacente ad un capannone industriale, è di proprietà della famiglia Panuccio di Dolzago che martedì è stata colpita da tre arresti: in carcere il figlio Albano, operaio 33enne, e suo zio Antonio, 57 anni; il padre Michelangelo Panuccio , 61 anni, è invece agli arresti domiciliari. Tutti sono accusati di essere affiliati al “locale” dell’ndrangheta di Calolzio, legata al clan calabrese di Giffone.

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In paese molti sapevano di quella baracca ma nessuno si sarebbe aspettato che, come ipotizzato dalla procura, si tenessero le riunioni di un’organizzazione criminale. “Quello è il terreno dei Panuccio – ci conferma un imprenditore della zona – ogni tanto li vedevo andare lì ma più che altro per lavorare all’orto”.

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Ancora oggi la piccola cittadina di Dolzago stenta a credere alla notizia degli arresti. “Sembravano persone come tante altre, li si incrociava spesso in paese” spiega un residente. Da decenni infatti Michelangelo Panuccio risiede a Dolzago insieme a moglie e ai due figli. Nella sua casa, durante le perquisizioni, gli uomini dell’Arma hanno rinvenuto una pistola detenuta illegalmente.

“Se fosse vero che erano legati all’ndrangheta sarebbe veramente qualcosa di grave – commenta un commerciante – che io sappia non si sono mai verificati in paese casi di estorsione, ma se fosse accaduto? Io ho famiglia e sicuramente avrei chiuso”.

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