Pusiano. La sensitiva: “Matteo mi ha parlato, cercatemi là”

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Rachele Ciappesoni, pranoterapeuta di Crebbio.
Rachele Ciappesoni, pranoterapeuta di Crebbio.

ABBADIA LARIANA – “Matteo mi ha parlato più di una volta negli ultimi due anni. Era disperato e non trovava pace. Si presentava in camera mia e mi diceva che soltanto io potevo aiutarlo. Mi chiedeva di fare il possibile perché i suoi cari potessero avere una tomba su cui pregare e dove portare un fiore. Poi aggiungeva: Ti dirò io il luogo esatto dove mi trovo. Indicalo ai sommozzatori e dì loro di cercarmi proprio lì, perché mi troveranno”.

Rachele Ciappesoni, la donna di Crebbio che dal 2010 si dedica a tempo pieno alla pranoterapia dopo aver lavorato per 15 anni alla Icma di Mandello, racconta così l’episodio che l’ha vista protagonista e che – alla luce di quanto accaduto nella giornata di ieri, domenica 7 giugno, nelle acque del lago di Pusiano – potrebbe a giorni restituire Matteo Pina ai suoi genitori.

Matteo è il ventitreenne di Suello che nel settembre 2004 si era inabissato proprio nelle acque del lago di Pusiano che lui stava attraversando in canoa in compagnia di un cugino. Una raffica di vento aveva capovolto l’imbarcazione e il ragazzo era stato inghiottito dal lago.

Nei giorni e nei mesi successivi i sommozzatori si erano immersi a più riprese, ma sempre senza esito, finché le ricerche erano state sospese.

“Io non conoscevo Matteo – spiega Rachele Ciappesoni – e non so perché lui si sia presentato proprio da me per chiedere aiuto. So soltanto che lo ha fatto. Una volta, un’altra e un’altra ancora. E io non potevo rimanere indifferente…”.

“Così, dopo che il giovane mi aveva detto di trovarsi sotto il lago, esattamente a metà dell’isola dei Cipressi sul lato che guarda verso Pusiano, dunque verso la strada che collega Lecco a Erba – spiega sempre la pranoterapeuta nella sua casa di Crebbio – sono andata a Suello a incontrare il padre di Matteo, ma lui mi ha detto che ormai aveva messo il cuore il pace. Insomma che aveva perso ogni speranza di poter trovare i resti di suo figlio”.

Rachele Ciappesoni, tuttavia, non si dà per vinta. Tra fine aprile e inizio maggio di quest’anno va per la quarta volta a Medjugorje e nel viaggio conosce Luigi, un appassionato di subacquea del C.P.A.S. “Sandro Lecchi” di Pescate. Gli riferisce quanto le è accaduto e lui la invita a parlarne con i responsabili della sua associazione.

Rachele incontra il presidente Fabio Visentin e insieme concordano un’uscita per domenica 7 giugno.

Ieri mattina alle 9, dunque, sette sommozzatori della società pescatese hanno raggiunto con un’imbarcazione il punto esatto indicato loro dalla donna e si sono immersi.

“Sono persone splendide – tiene a sottolineare Rachele – di grande sensibilità e disponibilità. Io sono rimasta sulla barca ad aspettare. Dopo circa un’ora ho sentito alcune grida e li ho visti riemergere con alcune ossa, molto probabilmente umane”.

Subito sono stati allertati i carabinieri e i vigili del fuoco, giunti sul posto con due sommozzatori che nel pomeriggio si sono immersi a loro volta e dal fondale hanno recuperato altri reperti, poi trasportati al “Sant’Anna” di Como per essere sottoposti alle analisi del caso.

“Ho provato una grande emozione – conclude Rachele Ciappesoni – anche perché, per ammissione degli stessi sommozzatori dei vigili del fuoco, tra i resti recuperati potrebbero esserci un osso della spalla, una tibia e un perone. Se così fosse, pur nella tragedia e nel dolore incancellabili di undici anni fa, sarebbe un grande sollievo poter dire tra qualche giorno a quella madre e a quel padre che ora hanno una tomba su cui pregare. E dove deporre un fiore, come voleva Matteo”.