Quella lettera di Gigi alla moglie: “Aurora, sei stata la mia vita”

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Aurora, moglie di Gigi Alippi, morta nel 2012.
Aurora, moglie di Gigi Alippi, morta nel 2012.

PIANI RESINELLI – Il 10 maggio 2012, dopo una lunga malattia, morì Aurora, la moglie di Gigi Alippi, donna eccezionale, splendida padrona di casa, sempre pronta a offrire ospitalità, simpatica e affabile compagna di tavola.

Qualche tempo dopo Gigi Alippi le scrisse questa tenera “lettera aperta”:

“Desideravo proprio scriverla questa lettera, pur sapendo che non te l’avrei potuta spedire, che ormai non l’avresti più potuta leggere. È uno sfogo che rimane con me, insieme a tanti altri ricordi che qui non ti riporto: e forse non sono nemmeno quelli qui rievocati che hanno contato di più nella nostra vita. Ma certamente questi mi aiutano a sentirti a me vicina, quasi con una presenza fisica che mi conforta e mi rende meno dolorosa la tua mancanza.

Cara Aurora, ti avevo conosciuto quando, ancora fanciulla, avevi dovuto lottare contro le asprezze e le amarezze della vita, che con te sembrava aver scatenato le prove più dure e antipatiche. Non potè essere facile per te, così giovane, rimanere in casa, sola con la tua mamma, a causa di una divisione incomprensibile in quei tempi, quella di un padre che improvvisamente abbandonava la sua famiglia.

Quanti problemi ti attendevano per tirare avanti, per non parlare delle ingenerose considerazioni della gente che non esitava a guardarvi come una cellula stonata nella loro comunità. Non pensavi che altre simili pene di cuore ti avrebbe riservato il nostro stesso amore…

E sì che tu eri stata abituata ben presto alle fatiche e alle preoccupazioni di una famiglia dove manca l’apporto di un uomo. Mi commuovo ancora nel ricordare le ripetute e dure camminate di tua mamma per salire da Premana alla Bocchetta di Trona, portando sulle spalle un carico di ben 30 chili, i viveri che erano attesi al convitto dei Salesiani.

Non c’è dubbio che questa tua giovinezza travagliata, da te accettata con coraggio e dignità, ti ha fatto maturare precocemente e ti ha consentito di conquistare quelle doti di carattere e di umanità, che io ho ammirato in te fin dal primo momento e che ho continuamente riconosciuto per tutti quei tanti anni, quasi cinquanta, che ho vissuto accanto a te.

Anche questo tuo stupendo carattere è stato uno dei motivi per cui mi sono innamorato di te: ci siamo subito voluto un gran bene, ed è per me ancora tanto emozionante ricordare il giorno in cui ci siamo sposati.

Gigi Alippi
Gigi Alippi

Una cosa semplice, riservata tutta per noi due, in quella cappella solitaria di montagna, dove come unici spettatori ci sono stati quei pochi contadini che, con la gerla in spalla, si erano avvicinati incuriositi dell’insolito movimento. Per tutta la nostra vita abbiamo continuato ad apprezzare e ridere per tante piccole cose, come quando ci siamo fermati a guardare i nostri amici che facevano il pediluvio nel vicino ruscello, reduci da una scalata sul Medale.

Altra cosa invece quando è nata la nostra Moira, sorpresi e esitanti di trovarci di fronte un affarino esile esile e rosso come un gambero. Ricordo poi quanto fosti orgogliosa alla nascita del nostro Stefano, contenta dell’arrivo di un maschio. Sei stata davvero brava ad inculcare nei nostri figli i giusti valori, quelli che erano i nostri stessi valori: anche per questo non finirò mai di dirti il mio grazie.

Hai anche voluto spesso accompagnarmi nelle mie scorribande in montagna: conservo sempre nel cuore il bacio tenero, felicissimo, che mi desti nel raggiungere la cima al Kenya. Avevi la faccia gonfia come un pallone per colpa della quota, ma ti vedevo felice e eccitata.

Proseguimmo, e dopo pochi giorni ci trovavamo all’ultimo bivacco del Kilimanjaro. Gli ospiti avevano iniziato ad armeggiare per la partenza, che non era ancora mezzanotte. La “volpe” Casimiro non si fece problemi ad annunciarmi: “Lasi nà, quant i è nà tucc, se invium nun” (lasciali andare quando se ne sono andati tutti ci avviamo noi).

Noi siamo partiti due ore dopo, li abbiamo raggiunti e superati e ci siamo sistemati sulla vetta, aspettando l’alba e il sole per poterci scaldare.

Ti rivedo lì, quella volta che ci avventurammo fino allo stretto di Magellano, con quelle acque gelide e tumultuose che ribollivano spaventosamente sotto i nostri piedi. Fu straordinariamente emozionate allora trovarci abbracciati in balia del fortissimo vento patagonico, che ci costringeva a guardare, oltre lo stretto, la verdissima Terra del Fuoco. Mi ricordo che ti additai il Buckland, la montagna che, molti anni prima, avevo scalato insieme al Bigio.

Poi fu la volta dell’Island Peak, da dove ci fermammo ad ammirare i troneggianti ottomila: ma anche tu non eri tanto più in basso, coraggiosa e ostinata ad accompagnarmi fin oltre quota 6000! Queste doti te le ritrovai anche quella bellissima estate in cui ti proposi di staccare finalmente da un lavoro, ai Resinelli, che ci aveva resi stanchi e stremati, per sollevare spirito e corpo al cospetto del Campanile Basso in Brenta.

Era venuto con noi anche il giovanissimo Marco, e, giunti all’attacco, guardai rapito verso l’alto. “Il Basso l’ho salito un po’ da tutte le parti, mi manca però ancora la Fehrmann: andiamo alla Fehrmann?”. Nessuna obiezione: fatte due “filate”, chiediamo a due alpinisti che vediamo passare sotto di noi se sanno indicarci dove sale la Fehrmann. Devono consultare la loro guida per farci poi sapere che ci troviamo fuori via: dobbiamo attraversare a sinistra e prendere il grande diedro.

Sei stata bravissima: ti ricordi che, per tutta la salita, solo una volta ti sei sentita un brivido? Fu su quella placca secca di 5°: ma una premanese non molla mai! Giunti sul “Provinciale” ti dissi che la via era terminata lì, mentre la vetta era lontana ancora 120 metri: non molti, ma il ritorno sarebbe risultato difficile per via di tre corde doppie da 40 metri da fare nel vuoto. Non esitasti a dirmi, con decisione e tenerezza: “Per le doppie ci sei tu che mi fai sicurezza”. Porterò sempre nel cuore quel bacio che mi donasti vicino alla campana della cima.

Sicurezza ho cercato di offrirtela ogni giorno della nostra vita insieme, ma tu me l’hai ripagata in uguale misura. Anche adesso che non ti trovo più al mio fianco, in questo momento triste della mia vita in cui ne ho più bisogno, sento che tu mi sei vicina per darmi continuamente una sicurezza che è insieme serenità.

Per questo ho voluto scriverti, con il bisogno di ricordarti che tu sei stata la mia vita e per dirti ancora una volta: grazie, mia dolce Aurora.

Gigi