Quando mamma e papà si separano: le reazioni di un figlio

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RUBRICA – SEPARARSI INFORMATI E NON SOLO… LA FAMIGLIA ED I MINORI –

Proviamo per un attimo a metterci nei panni di un bambino che, dopo aver assistito ai litigi di mamma e papà, essersi tappato le orecchie per non sentire brutte parole, aver respirato il gelo che scende in cucina dopo una discussione, o semplicemente aver visto mamma e papà sempre più distanti tra loro, riceve la notizia che i suoi genitori hanno deciso di lasciarsi. Quale sarà la sua reazione? Come si sentirà? Quali saranno i suoi pensieri? Proviamo a dare qualche risposta.

Innanzitutto conviene ricordare sempre che, a prescindere dalla delicatezza e dalla sensibilità dei genitori che decidono di separarsi, il bambino è comunque coinvolto in queste dinamiche, visto che la separazione dei genitori porterà inevitabilmente ad una serie di cambiamenti anche nella sua quotidianità, nel suo modo di relazionarsi a mamma e papà, nel tempo che potrà trascorrere con ciascuno di loro.

Allo stesso tempo diverse evidenze rivelano che i disagi emotivi e comportamentali che si manifestano nei figli di genitori separati non siano tanto in correlazione con la separazione in sè quanto piuttosto con il livello di conflittualità e le difficoltà relazionali tra figlio e genitori (Ercolani e Francescato, 1994); in altre parole la tipologia e la qualità delle relazioni familiari che si stabiliranno dopo la separazione risultano di primaria importanza nel generare o meno uno stato di malessere nei figli, piuttosto che la separazione in quanto tale (Cigoli).

Indubbiamente l’età del minore al momento della separazione, la sua personalità, la capacità di resilienza, il livello di conflittualità coniugale, le modalità con cui i genitori gestiranno la separazione, sono tutti fattori che incidono notevolmente sulla tipologia e l’intensità delle reazioni alla nuova condizione familiare. Non sembra però possibile individuare una linea di causalità diretta tra separazione e sviluppo di un disturbo specifico nei figli; si può parlare tutt’al più di reazioni più o meno frequenti alla separazione.

Infatti per valutare l’effettiva vulnerabilità del bambino bisognerebbe analizzare l’interazione tra fattori di rischio e fattori protettivi presenti nel suo ambiente familiare e sociale (es. elevata conflittualità vs cooperazione genitoriale; forte distacco da uno dei due genitori vs mantenimento di ampi spazi di frequentazione; alta autostima del bambino vs bassa autostima; ambiente sociale come risorsa vs ambiente degradato, ecc.).

Quando il bambino è molto piccolo (0-3 anni) in genere non ha ancora sviluppato gli strumenti cognitivi adeguati per comprendere l’accaduto nelle sue motivazioni razionali e obiettive, del resto assorbe la risonanza emotiva dell’evento, che potrebbe apparire di minaccia rispetto alla “base sicura” che la coppia genitoriale dovrebbe sapergli garantire. In questi casi potrebbe sviluppare un senso di allarme e paura di fronte alla percezione di un mancato accudimento, e il bambino può rispondere con atteggiamenti regressivi, disturbi del sonno e dell’alimentazione o comportamenti

“esibiti” (urla, capricci, ecc.) che hanno la funzione di “richiamare” il genitore che si teme di perdere.

Nella fascia di età successiva (3-5 anni), fino a quando lo sviluppo cognitivo non riesce ancora a sopperire appieno alla comprensione dei motivi della separazione, spesso questi vengono fraintesi e reinterpretati nell’ottica di una auto-colpevolizzazione (è colpa mia se mamma e papà si sono lasciati), oppure di un’espressione diretta di ostilità dei genitori nei confronti del figlio (papà non mi vuole più bene, è arrabbiato con me). Frequenti anche le fantasie magiche di riunione del nucleo familiare. Nuovamente possono comparire atteggiamenti regressivi, enuresi notturna, ma anche rabbia e aggressività manifesta.

In età scolare accade di frequente che un pessimo rapporto con uno dei due genitori generi vissuti di insicurezza, imbarazzo, senso di “perdita” e incapacità legati alla mancanza di una guida, di una figura che stimi il bambino e lo riconosca, che sia al suo fianco in modo continuativo. In questa fase inoltre la dimensione scolastica e il gruppo dei pari assumono un ruolo di maggiore rilievo e possono fungere tanto da fattori protettivi quanto da stressors, a seconda dei legami che il bambino riuscirà a costruire. Nei casi di “cattiva” separazione compaiono con una certa frequenza nel bambino somatizzazioni, umore depresso, difficoltà scolastiche e di socializzazione.

Sembra che la fascia di età a maggior rischio di sviluppare condizioni di disagio psicoemotivo in caso di separazione genitoriale sia costituita dai ragazzi e le ragazze preadolescenti (11-13 anni) (Salerno, 2004). Questa fascia di età è già di per sè molto delicata in virtù della ridefinizione identitaria e sessuale a cui i ragazzi andranno incontro; verosimilmente la minaccia di perdita di uno dei due genitori dovuta ad una separazione “mal condotta”, in questo particolare momento evolutivo più che in altri può condurre a problemi d’ansia, abbassamento del tono dell’umore, problematiche comportamentali e legate alla costruzione dell’identità. Non sono infrequenti “inversioni di ruoli” in cui il figlio si schiera con il genitore percepito come fragile ed emotivamente bisognoso e cerca di sostenerlo, a discapito del proprio benessere emotivo.

In adolescenza e giovinezza il rapporto con i genitori subisce di per sè dei cambiamenti e delle modifiche in virtù di una maggiore separazione e definizione della propria identità da parte del ragazzo/a. In questo frangente, laddove ci sia una separazione, non sono infrequenti comportamenti apertamente ostili verso uno dei due genitori o verso entrambi, percepiti come “adulti deludenti” e quindi modelli inadeguati in cui identificarsi. A livello comportamentale si possono verificare allontanamenti accelerati dalle figure di riferimento oppure difficoltà nel maturare una reale emancipazione, con particolare riferimento al genitore percepito come più debole e bisognoso. Dal punto di vista emotivo il senso di perdita e vuoto lasciato dalla coppia che si è “mal separata” può portare il ragazzo/o a ricercare al di fuori della famiglia situazioni che lo facciano sentire accolto e parte di “un tutto” solido e accogliente (es. con il gruppo dei pari, con un fidanzato/a, ecc.).

In tutti questi casi vale la pena ribadire come non sia tanto la separazione in sè a determinare in modo certo una serie di disagi nei figli, quanto piuttosto il complesso intreccio di fattori emotivi, cognitivi, relazionali presenti dentro e fuori la famiglia, che possono fungere da elementi protettivi o di rischio. Del resto una famiglia in cui non c’è una separazione coniugale di fatto, ma la conflittualità è comunque molto relazione stretta e constante elevata, manca un buon aggancio relazionale tra genitori e figli e la dimensione dell’accudimento è incerta o assente, genereranno comunque uno stato di malessere nei minori.

E’ importante ricordare che i genitori separati hanno un ruolo fondamentale nell’aiutare i figli ad adattarsi alla nuova realtà familiare. In particolare per cercare di ridurre i possibili segnali di disagio sarebbe importante:

  • spiegare con chiarezza ai figli quello che sta succedendo (con modalità e contenuti chiaramente consoni all’età del figlio), sottolineando che i minori non sono responsabili della separazione;

  • garantire una relazione significativa e continuativa tra ciascun genitore e i figli anche dopo la separazione;

  • mantenere aperto il dialogo e la disponibilità a mediare tra ex coniugi;

  • mantenere separata la dimensione coniugale (con annessi legali, economici, ecc.) da quella genitoriale;

  • non alimentare false speranze (es. riunione di mamma e papà) o false credenze riguardo l’altro genitore (es. che è stato violento quando non è vero, che non ama più i figli, ecc.)

  • essere disponibili a sintonizzarsi emotivamente con i minori e con il loro eventuale disagio, ascoltandoli e invitandoli ad esprimere i loro vissuti;

  • non attribuire ai figli il ruolo di “confidenti intimi” o sostituti del partner perso;

  • introdurre con gradualità ogni ulteriore cambiamento (es. conoscenza di nuovi partner, trasferimenti, ecc.).

Laddove si ravvisino segnali di disagio nei figli o ci si renda conto di essere in difficoltà nel gestire la propria separazione, è bene ricordare che è sempre possibile chiedere aiuto a figure professionali specifiche, deputate tanto al sostegno dei minori che della coppia in fase di separazione.

Dr.ssa Erika Riva
Psicologa, Psicoterapeuta
Esperta in Psicodiagnosi

Consulente Tecnico del Tribunale di Milano
Per info ; segreteria@figlipersempreonlus.org
0331 28 13 80


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