Tra le macerie di Amatrice, il racconto di un soccorritore lecchese

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I tecnici del Cnsas Lombardo impegnati nelle operazioni di ricerca ad Amatrice: tra di loro anche cinque volontari della XIX Delegazione Lariana

 

LECCO – Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Soccorso Alpino, Croce Rossa, Corpo Forestale e moltissimi altri: tanti, tantissimi i volontari che in questi giorni stanno lavorando senza sosta nei paesi colpiti dal terribile sisma che la notte del 24 agosto ha colpito il centro Italia, radendo praticamente al suolo i paesi di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto. Quasi 290 i morti accertati, tantissimi i feriti, oltre duemila le persone rimaste senza una casa.

Tra i tantissimi volontari che hanno dato il loro aiuto per fronteggiare l’emergenza anche i tecnici del Soccorso Alpino, giunti da tutta Italia, per aiutare nelle ricerche delle persone rimaste sepolte sotto ai detriti, per cercare di tirarle fuori, vive, da quell’inferno. Tra di essi anche alcuni membri della XIX Delegazione Lariana del Cnsas, rientrati proprio oggi, sabato 27 agosto, dalle zone terremotate, dove hanno dato il loro supporto nella prima emergenza.

Mario Milani Direttore Scuola Medici CNSAS
Mario Milani

Abbiamo raccolto la testimonianza di Mario Milani, tecnico e medico del Soccorso Alpino lecchese, partito giovedì mattino insieme ad altri quattro soccorritori per raggiungere Amatrice e supportare le operazioni di ricerca.

Rientrato a Lecco poco dopo le 13.30, il soccorritore ha trascorso i primi due giorni nel nucleo di Amatrice, affiancando la squadra di ricerca per l’assistenza a feriti ed effettuare le constatazioni di decesso.

“Sono nel Soccorso Alpino dal 1989, è la prima volta che mi trovo ad operare in una zona colpita da un terremoto così violento. Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, sono paesini vecchi, dei borghi arroccati, le case potrebbero essere assimilate alle nostre vecchie baite, un sasso sopra l’altro con un po’ di malta a tenerle insieme: la scossa ha fatto cedere i muri, quello che ne è rimasto, come sicuramente avrete visto nelle immagini dei telegiornali, sono solo montoni di sassi. Anche questo spiega l’alto numero di morti e il minor numero di feriti, le case sono letteralmente crollate per strada”.

Un’atmosfera surreale, quella respirata nei paesi colpiti e distrutti dal sisma di magnitudo 6.0 del 24 agosto: “Io e la mia squadra siamo arrivati ad Amatrice giovedì – ha continuato Milani – purtroppo abbiamo visto tanti morti, tutto si è giocato nelle prime 24 ore dal terremoto. I primi a giungere sul posto sono ovviamente stati i soccorritori delle zone vicine, noi siamo stati inviati ad aiutare dal giovedì”.

 

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“Abbiamo operato subito ad Amatrice, il centro più colpito, quindi ieri e oggi abbiamo effettuato una ricognizione con l’ausilio degli elicotteri della Forestale, eravamo in 39 squadre: abbiamo perlustrato altrettanti borghi, per verificare lo stato dei luoghi, censire la popolazione residente e distribuire medicinali e cure di prima necessità. Purtroppo oltre ai paesi anche la rete viabilistica, paragonabile alle nostre stradine di montagna, è stata fortemente compromessa dal sisma, si raggiungono i paesini colpiti solo da Campotosto, che è già verso l’Aquila. Un problema in più per i soccorritori i primi giorni”.

Quanto visto nelle zone terremotate rimane impresso negli occhi e nella mente, consapevole che, terminata la fase di prima emergenza, il lavoro da fare è ancora tantissimo.

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Cammini per quella che credi sia la strada, sopra le macerie, e ti rendi conto di stare lavorando sopra al tetto di una macchina, completamente sfasciata dal crollo. Attraversi gli scheletri della case e dei palazzi, vedi dentro, vedi attraverso, percepisci la storia che c’è dietro, la immagini. Questa è la parte più drammatica, la cosa più pesante – è stato l’ultimo commento del medico – sono paesi che hanno un tessuto sociale molto stretto, che è stato disgregato: una ferita profonda, difficile da rimarginare. E’ difficile ricostruire da zero un luogo di aggregazione come un paese. La ferita più grande è questa, ed è immediatamente percepibile camminando per quelle che un tempo erano le strade e guardando la gente che qui non ha più niente”.

 

 

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