Il Premio Manzoni a Manfredi: “Con la storia comunico emozioni”

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Valerio Massimo Manfredi, 75 anni, vincitore del Premio Manzoni alla Carriera 2017

 

LECCO – “Non possiamo ignorare la storia, fa parte di noi. Solo Dio potrebbe scrivere un romanzo non storico, perchè si suppone esista prima e dopo la storia”. Con questa frase Valerio Massimo Manfredi, vincitore del Premio Letterario Alessandro Manzoni alla Carriera, ha aperto la serata di cui è stato protagonista venerdì sera in Camera di Commercio.

Con Vittorio Colombo (a sinistra) ed Ermanno Paccagnini

 

Lo scrittore e storico emiliano è il decimo vincitore del Premio, istituito nel 2008 dall’Associazione 50&Più di Confcommercio Lecco. Prima di lui da Lecco sono passati grandi autori e personaggi quali Umberto Eco (2008), Ermanno Olmi (2009), Luca Ronconi (2010), Mario Botta (2011), Emanuele Severino (2012), Paolo Conte (2013), Giulia Maria Crespi (2014), Luis Sepulveda (2015) e Dacia Maraini (2016).

Attraverso le tradizionali domande ‘alfabetiche’ del giornalista Vittorio Colombo (La Provincia di Lecco) e di Ermanno Paccagnini, Manfredi ha condotto la platea in un viaggio profondo, attraverso le diverse sfaccettature dei suoi libri, ma non solo: durante la serata c’è stato il tempo per parlare della propria infanzia, dei propri ricordi, dell’amore per la storia, per le storie, quelle che era solito raccontargli il nonno, per la letteratura. E, soprattutto, per il proprio paese: “Tutte le regione italiane sono meravigliose, ma volete mettere l’Italia? Abbiamo una dignità da vendere, invece, purtroppo, spesso ci vergogniamo, e preferiamo passare il tempo a litigare, ad insultarci. E’ ridicolo, e profondamente triste” ha dichiarato lo scrittore.

Pur trattando prevalentemente di storia antica, Manfredi, parlando dell’Ultima Legione (2002) ha confessato di avere un pensiero ricorrente sulla contemporaneità: “Mi chiedo cosa ne sarà del nostro attuale impero d’occidente. Cosa sopravviverà della democrazia e dei diritti umani? Della libertà di apprendere, di dire di no, di studiare, di insultare i potenti, di creare. Dell’Impero Romano è sopravvissuto un codice di leggi che è alla base di tutte le civiltà occidentali, poderose tecniche di costruzione, il modo di comunicare. Era qualcosa di straordinario, con più splendore che macchie, e in qualche modo è sopravvissuto”.

La chiaccherata ha toccato anche la trilogia forse più famosa al mondo, Alessandro, capolavoro dell’autore. “Come ti piace ricordarlo?” la domanda. “Alessandro è per me un ragazzo di 15 anni che vive nel campus che gli ha costruito il padre, un posto bellissimo, immerso nella natura, dove ci sono anche i suoi amici – ha risposto Manfredi – con i quali, ad un certo punto, progetta di conquistare il mondo e di ribaltarlo come un calzino. E’ l’unico mio grande personaggio, tutti i protagonisti degli altri romanzi sono minori, almeno apparentemente. Nelle Idi di Marzo (2008, ndr) è un centurione dell’esercito che tenta invano di salvare Cesare dalla congiura. Nel Teutoburgo il fratello di Marco Celio che parte a piedi dall’Italia per cercare le sue ossa sul campo di battaglia dov’è caduto per l’Impero. Alessandro è il simbolo dell’amicizia e della fedeltà, della forza. Ma dopo la sua caduta i suoi grandi amici iniziano a farsi la guerra per ereditare e smantellare il vasto Impero che il condottiero era riuscito a creare. Il litigio che distrugge, una storia che purtroppo si ripete anche oggi”.

Tra i fan di Alexandros anche Fidel Castro, incontrato nel 2000 proprio a Cuba, dove Manfredi era stato invitato: “Avevo da poco terminato l’ultimo libro della trilogia – ha ricordato – quando arrivai alla cena che aveva organizzato mi venne incontro in uniforme. Sotto braccio teneva i tre libri di Alessandro. Parlammo tutta la notte di quello, Fidel aveva regalato la trilogia al figlio per il suo compleanno. Volle sapere tutto. Alessandro era il suo mito”.

Con Giovanni Priore, presidente Acel Service, sponsor della manifestazione

 

Prima di ricevere il Premio Manzoni alla Carriera Manfredi ha consegnato al pubblico lecchese la sua riflessione sulla letteratura: “Credo che una storia raccontata sia una benedizione di Dio. Attraverso la storia io non voglio comunicare informazioni, ma emozioni. Ognuno di noi ha bisogno di qualcuno che racconti storie, la verità. Questo è quello che cerco di fare scrivendo“.

La consegna del Premio alla Memoria a Gianfranco Baldazzi

 

Durante la serata è stato assegnato anche un Premio alla memoria a Gianfranco Baldazzi, giornalista, scrittore e paroliere scomparso nel 2013 (lavorò tra gli altri per Mina, Gianni Morandi e Lucio Dalla).

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