Fuori dal coro: a Leggermente la sfida liberale di Alessandro Sallusti

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Alessandro Sallusti Leggermente Lecco eresia liberale
Alessandro Sallusti

Il direttore de “Il Giornale” presenta “L’eresia liberale” e denuncia: “In Italia è un pensiero minoritario”

Un racconto personale e politico che sfida le etichette ideologiche nel libro presentato in Palazzo del Commercio a Lecco

LECCO – Un dialogo serrato sul valore (e la difficoltà) di essere liberali in Italia. Alessandro Sallusti ha presentato il suo ultimo libro, “L’eresia liberale”, davanti a una platea attenta e partecipe riunitasi nel Palazzo del Commercio a Lecco nella serata di ieri, mercoledì. Un’opera che è insieme racconto autobiografico, riflessione politica e sfida intellettuale inserita nel calendario di Leggermente, la manifestazione di promozione della lettura organizzata da Assocultura Confcommercio Lecco. Il direttore de “Il Giornale”, con una lunga carriera giornalistica alle spalle, ha condiviso con il pubblico un percorso personale e professionale segnato dalla tensione tra il pensiero liberale e una società che, a suo avviso, è restia ad accoglierlo davvero. A tenere il filo del discorso e accompagnare Sallusti in questo denso e complesso viaggio Diego Minonzio, direttore La Provincia di Como, Lecco e Sondrio e di Unica Tv. Tra i due un arguto e provocatorio dibattito, in cui non sono mancati momenti di ironia.

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Alessandro Sallusti e Diego Minonzio

Il testo “non è un trattato di sociologia o filologia – ha esordito Sallusti – è un ragionamento sulla complessità del pensiero liberale in un Paese dove questa cultura resta minoritaria, dove porto anche la mia esperienza personale. Le idee che ognuno di noi ha sono frutto della nostra esperienza, non piovono dall’alto. Ognuno di noi nasce in una certa famiglia, fa incontri nella vita, cresce in una certa comunità. Proprio per questo nessuno di noi è uguale a un altro, siamo un unicum”. Per sottolinearlo l’autore ha preso come riferimento una vicenda intima riguardante il nonno di cui lui stesso è venuto a conoscenza solo in un successivo momento, tra i banchi di scuola, e che tutt’oggi lo porta a essere etichettato su Wikipedia come “fascista”.

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“Una storia che ha segnato la mia famiglia e che ho deciso di raccontare per spiegare perché scegliere di essere un liberale conservatore non vuol dire essere fascista o dover essere additato come tale – ha precisato il direttore de “Il Giornale” -. Appena scoppiata la guerra civile tra partigiani e nazifascisti mio nonno, ufficiale dell’esercito italiano, si ritrovò a dover condannare a morte quattro partigiani erbesi. Riuscì a salvarne tre ma uno di loro non ebbe scampo. Terminata la guerra mio nonno venne fucilato per questo gesto. In casa mia non si parlò mai della vicenda, la scoprii quando in un libro di scuola trovai una lettera che mio nonno scrisse a mia nonna la sera prima di essere fucilato, affiancata a un’altra lettera che il partigiano poi ucciso scrisse alla madre. In entrambi i finali degli scritti le ultime parole erano simili: entrambi si auspicavano che il loro sacrificio potesse servire a riappacificare il Paese”.

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Alessandro Sallusti

Uno dei punti centrali del volume, ribadito più volte durante l’incontro, è il concetto di verità come punto di vista. “Nessuno può rivendicarla in modo assoluto”, ha dichiarato Sallusti. A renderlo evidente il fatto che a scrivere la Storia siano sempre i vincitori. E anche qui l’autore ha illustrato un aneddoto personale per avvalorare la sua tesi: “Un mio antenato era capo dei briganti fedeli a Francesco II, re poi spodestato delle Due Sicilie, che si opponevano ai sabaudi intenzionati a unificare l’Italia. In realtà poteva essere considerato un semplice partigiano, ma i vincitori (che furono i sabaudi) fecero passare tutti quelli dell’altra parte (i perdenti) per briganti”.

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Ma “L’eresia liberale” è anche una riflessione politica: “Oggi essere un conservatore o un liberale significa essere indegno di partecipare alla vita democratica, di poter dire la sua. Ti devi assimilare”. Sallusti si è interrogato sulla debolezza culturale ed elettorale del pensiero liberale in Italia: dalla riflessione sull’evoluzione del centrodestra, dalla Lega di Bossi ad Alleanza Nazionale, fino al progetto mai compiuto della “rivoluzione liberale” berlusconiana, emerge la consapevolezza che il liberalismo non ha mai goduto di una base sociale ampia. “Berlusconi ha tenuto insieme ciò che non poteva stare insieme – ha detto – ma il progetto di un’alternativa vera alla sinistra è naufragato e rimasto sulla carta”. Anche il tentativo centrista del “Patto del Nazareno” volto a formare un “Partito della Nazione” tramite l’accordo tra Berlusconi e Renzi è stato evocato come occasione mancata.

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Diego Minonzio

Dalla politica (nel libro capitoli sono dedicati anche a Giorgia Meloni e Trump), passando per la religione (“il Cristianesimo nasce sul DNA del liberismo, l’unica religione che lascia il libero arbitrio”) fino alla deriva tecnologica che, sotto la maschera della libertà, conduce verso nuove forme di controllo: “Oggi i grandi algoritmi pretendono di decidere cosa vediamo, cosa pensiamo, cosa compriamo. Se non sappiamo a chi stiamo cedendo la nostra libertà, non c’è nulla di liberale in tutto questo. Anche la globalizzazione è un fenomeno apparentemente liberale: grazie a essa le autarchie in questi vent’anni si sono rafforzate e le democrazie indebolite”.

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Firmacopie

“L’eresia liberale” si apre con una citazione del filosofo francese Gustave Thibon: “L’uomo non è libero nella misura in cui non dipende da nulla o da nessuno: è libero nell’esatta misura in cui dipende da ciò che ama, ed è prigioniero nell’esatta misura in cui dipende da ciò che non può amare”. Una frase che sintetizza il desiderio di Sallusti di voler essere libero di amare il suo punto di vista, anche se non è quello dominante. Non solo un libro, ma una presa di posizione: quella di chi rivendica il diritto di esistere fuori dal coro.