Tra ironia, storia e saggezza popolare, il dialetto lecchese incanta il pubblico
LECCO – Un pubblico attento ha fatto da cornice alla quarta serata del ciclo Archivi “per” Lecco, promosso dall’Associazione Giuseppe Bovara – “Archivi di Lecco e della Provincia”, tenutasi ieri sera, sabato, all’Officina Badoni, luogo simbolico della memoria industriale cittadina. Al centro dell’incontro, il dialetto lecchese, definito con efficacia “la lingua del lavoro”, protagonista di un percorso culturale che ha saputo unire memoria, identità e una buona dose di ironia.
A dare il benvenuto è stata Maria Grazia Nasazzi, presidente della Fondazione Comunitaria del Lecchese. Subito dopo, Pietro Dettamanti ha ricordato l’impegno decennale dell’editore Paolo Cattaneo – rappresentato per l’occasione dal figlio Marco Cattaneo – nel sostenere la diffusione di studi e pubblicazioni dedicate alla grammatica e alla cultura del dialetto. “Una parlata che al tempo stesso è riflesso e testimonianza di un mondo pratico, schietto e vivace nei rapporti umani”, ha sottolineato Dettamanti.
Con la moderazione di Umberto Calvi si è aperta la tavola rotonda che ha visto protagonisti studiosi ed esperti del settore. Tra questi, il professor Felice Bassani ha tracciato una panoramica dell’evoluzione linguistica del dialetto, sottolineandone la matrice latina condivisa con molte altre varianti regionali. Un’eredità che si manifesta ancora oggi in particolari fonetici e lessicali, spesso diversi anche tra paesi vicini. “Un esempio chiaro è la Valsassina», ha spiegato Bassani, «dove il dialetto si diversifica in numerose varianti, influenzate dalle specificità lavorative di ciascun borgo”.
A dare concretezza al racconto è intervenuto Marco Sampietro, che ha illustrato il lavoro di autori e linguisti impegnati nella trascrizione delle parlate valsassinesi. Un lavoro di documentazione prezioso, arricchito da riferimenti alla vita dei minatori del territorio, il cui linguaggio tecnico e quotidiano racconta una storia di fatica e resilienza.
Il collegamento tra lavoro e identità dialettale è stato al centro dell’intervento di Gianfranco Scotti, che ha riportato alla memoria collettiva la figura di Luigi Manzoni, poeta vernacolare autore di numerosi componimenti in dialetto lecchese. La sua opera El Cavalier Gerenzon è stata definita da Scotti “un vero e proprio capolavoro letterario”, capace di raccontare in versi il mondo vivace delle officine e delle industrie che, fino a non molto tempo fa, animavano le sponde del Gerenzone. Alcuni estratti della raccolta sono stati recitati dallo stesso Scotti, suscitando emozione e sorrisi tra i presenti, grazie a una lingua capace di far rivivere luoghi, nomi e atmosfere di un’epoca.
A concludere la serata è tornato Felice Bassani, regalando al pubblico una selezione di detti e proverbi dialettali. Un momento leggero e divertente che ha strappato risate e consensi, ma che ha anche rimarcato l’importanza del dialetto come veicolo di saggezza popolare e di memoria condivisa.
Per chi non avesse potuto partecipare, l’intero incontro sarà disponibile a breve sul canale YouTube dell’Associazione Giuseppe Bovara.