Leggermente: Massimo Dona’, “Moby Dick” e la ricerca del fine ultimo

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Massimo Dona’

 

LECCO – Un grande classico della letteratura occidentale sotto i riflettori del palcoscenico di Leggermente martedì sera presso la sala conferenze di Palazzo Falck: si tratta di “Moby Dick”, il romanzo dello scrittore statunitense Herman Melville, pubblicato nel 1851. A darne una profonda rilettura è stato Massimo Dona’, filosofo e musicista veneziano ospite della VI^ edizione della kermesse lecchese che quest’anno ha come tema il viaggio.

Racconto di una caccia all’ultimo sangue, libro di avventura ma soprattutto grande enciclopedia della conoscenza umana, “Moby Dick” è stato riletto da Dona’ proprio nella sua chiave filosofica, come viaggio dell’essere umano verso il cosiddetto “orizzonte infinito” o “fine ultimo” che tanto gli uomini si sforzano di raggiungere e comprendere, rimanendo inevitabilmente delusi.

 

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“Il protagonista del romanzo si chiama Ismaele: un nome di un certo spessore, di fatti egli è uno dei personaggi della Genesi, figlio di Adamo e di una schiava, dal momento che la moglie di Adamo, Sara, non poteva avere figli. Se non che, un giorno Sara rimane inaspettatamente incinta e con la nascita di Isacco Ismaele viene messo in secondo piano. È dunque il simbolo dell’esclusione e, più generalmente nell’opera di Melville, il simbolo del nostro sentirci esclusi, forse estranei, dalla quotidianità che viviamo sulla terra. La stessa sensazione lo spingerà ad imbarcarsi, verso il mare, da sempre simbolo dell’origine del tutto” ha esordito il filosofo. “Ma Ismaele è il testimone del viaggio della Pequod, la baleniera comandata dal capitano Achab, essendo l’unico ad essersi salvato.”

Massimo Dona'_Leggermente 2015 (8)Attraverso i riferimenti ad alcuni dei più grandi pensatori della nostra storia, Talete, Socrate, Platone, Aristotele, Hegel, ma anche Leopardi e Karl Schmidt, alla mitologia e alla religione, Massimo Dona’ ha condotto la platea lungo l’intricato percorso della conoscenza e del significato di ricercare il “fine ultimo”, di cui il romanzo di Melville sarebbe una vasta metafora.

Così il tenebroso capitano Achab, nella sua ossessionata caccia a Moby Dick, la balena bianca che lo aveva mutilato, rappresenta l’uomo teso all’impossibile, che vuole porre fine all’insensatezza del mondo uccidendo il mostro marino: “Quello di Achab è il paradossale viaggio della conoscenza: ineludibile. La balena per lui è il fine ultimo. Per altri personaggi a bordo della Pequod è solo guadagno economico, altro fine ultimo.” L’unico a non definire mai la balena, ha ragionato il filosofo, è proprio Ismaele, definito come “la più grande affermazione dell’impossibilità, per l’uomo, di definire il fine ultimo, il principio che Aristotele definiva “archè”, quello sul quale il nostro universo infinito si fonda”: “Ismaele è il testimone dell’aporia, del viaggio impossibile di Achab, ma, e qui sta la grande filosofia di Melville, anche l’impossibile va detto. Il principio ultimo che il capitano della Pequod ricerca non si può definire e Ismaele denuncia questa impossibilità, che nel romanzo si concretizza poi con la vittoria della balena su Achab.”

 

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Prosegue intanto il ricco programma della sesta edizione di Leggermente: la serata di oggi (mercoledì) vedrà ospite presso il Teatro della Società Alberto Pellai che presenterà in anteprima nazionale il suo nuovo libro “Baciare, fare, dire”. L’appuntamento è alle ore 21.

Per consultare le programmazioni www.leggermente.com