San Pietro al Monte prepara la sua candidatura all’Unesco

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San Pietro al Monte
Da sinistra: Ruggiero Longo
Da sinistra: Ruggiero Longo, Carlo Capponi, Cesare Alzati, Mario Romano Negri, Francesca Riccio e Marco Rossi

 

LECCO – E’ stato illustrato, martedì sera presso la camera di commercio, “Il Paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia Medievale” il progetto di sito seriale, comprendente San Pietro al Monte, che agli inizi dell’anno è entrato ufficialmente nella “Tentative List” ( Lista propositiva UNESCO): il primo, decisivo passo verso la meta del riconoscimento ufficiale come patrimonio dell’umanità.

Il progetto è stato promosso dalla Fondazione della provincia di Lecco con l’appoggio dell’Abate Presidente della Congregazione benedettina sublacense-cassinese, Don Bruno Marin, e il patrocinio dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana Treccani.

“L’incontro di questa sera ha l’obbiettivo di illustrare il progetto e fare il punto della situazione per capire a che punto siamo giunti – ha esordito Giorgio Cortella – in questo progetto legato agli insediamenti benedettini nel paesaggio culturale italiano medievale la Chiesa di San Pietro al Monte di Civate si colloca con grande importanza e alla pari di altre 7 realtà inerenti al mondo di San Benedetto e alla sua regola”.

“L’iniziativa prende avvio dall’esaurirsi di un precedente progetto di proporre San Pietro come patrimonio dell’Unesco. Dopo la formazione di un team di esperti e personale qualificato – ha spiegato Mario Romano Negri presidente della fondazione Provincia di Lecco – è parso subito chiaro che un insieme di monasteri medievali rappresentativi dello spettacolare fenomeno del monachesimo benedettino potesse avere i requisiti per aspirare al riconoscimento Unesco, ed è scaturita così la proposta di un sito seriale. Dopo un iter non indifferente, ha preso corpo la proposta di un sito collettivo denominato “Il Paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia Medievale” comprendenti 8 edifici medievali (Complesso benedettino di Subiaco, Abbazia di Montecassino, Abbazia di San Vincenzo al Volturno, Sacra di San Michele, San Vittore alle Chiuse, Sant’Angelo in Formis, Abbazia di Santa Maria di Farfa e San Pietro al Monte di Civate) e che all’inizio dell’anno è entrato ufficialmente nella tentative list (la lista propositiva dell’Unesco). Ora inizia la parte più impegnativa del progetto, la stesura del dossier per la candidatura, per cui la fondazione stanzierà ulteriori fondi. Lavoriamo quindi ad una iniziativa di grande prestigio e di enormi potenzialità per il turismo culturale del territorio lecchese – ha concluso Mario Romano Negri – la quale richiede una condivisione corale di tutte le realtà istituzionali e civili del territorio lecchese”.

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Il complesso di San Pietro al Monte

Al termine dell’intervento del presidente Negri un gruppo di relatori preparati e qualificati hanno illustrato al numeroso pubblico presente nell’auditorium, le motivazioni per cui si è deciso di intraprendere questo progetto che, si spera, porterà al riconoscimento ufficiale della Chiesa di San Pietro al Monte come patrimonio dell’umanità.

“La chiesa di San Pietro al Monte è un monumento che merita moltissimo – ha spiegato Ruggiero Longo coordinatore responsabile unico del progetto – e rientra nei canoni della candidatura a patrimonio dell’umanità grazie al suo valore universale, al suo essere una testimonianza unica del medioevo europeo, al suo enorme valore estetico e paesaggistico, al suo apparato decorativo e infine per la sua importanza nei confronti del romanico benedettino”. Requisiti non indifferenti dunque a cui però va aggiunto un tassello molto più importante e che “Rappresenta il punto forte della Chiesa di San Pietro al Monte: il rapporto con il territorio e il suo essere un vero e proprio paesaggio culturale”.

 

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Un luogo quindi che è parte integrante della comunità civatese e di tutto il territorio limitrofo, e che attraverso le sue pietre parla ai suoi visitatori “ricordando loro la nostra storia – ha spiegato Cesare Alzati referente scientifico del progetto – permettendogli di riscoprire i fondamenti della nostra umanità, fondamenti che, purtroppo, molte volte sono persi di vista dalla nostra società”.
“Pietre che però devono essere ascoltate, altrimenti l’opera non avrebbe più significato – ha sottolineato Marco Rossi referente scientifico – rischio che però la Chiesa di San Pietro al Monte fortunatamente non corre, è un luogo amato dai volontari, dalle associazioni, dall’amministrazione e dai cittadini stessi e ciò è comprensibile grazie alla cura con cui viene mantenuto”. Cura e dedizione che deve continuare ad esserci per “poter aprire maggiormente il patrimonio culturale di San Pietro al turismo, facendolo conoscere in giro per il mondo” ha concluso il professor Rossi.

“La cura con cui i volontari si prendono cura della chiesa è strabiliante – ha commentato Carlo Capponi responsabile della Curia di Milano – all’interno dell’edificio si percepisce come ‘ ogni arnese del monastero sia trattato come i vasi sull’altare’ rispettando una delle regole chiave del monachesimo benedettino”.

 

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“Ma concretamente, quante possibilità ha la Chiesa di San Pietro al Monte di divenire patrimonio dell’Unesco?” ha incalzato Giorgio Cortella rivolgendosi a Francesca Riccio del coordinamento generale Unesco e del ministero degli interni.

“L’Italia ha il primato per quantità di patrimoni dell’Unesco e la volontà dell’Unesco negli ultimi anni è stata quella di ‘equilibrare la lista’ a favore di stati poco rappresentati – ha spiegato l’architetto Riccio – elementi quindi che si pongono a sfavore della candidatura di San Pietro al Monte, ma nonostante ciò il progetto ci è sembrato più che fattibile e per questo abbiamo deciso di provarci. La chiesa di per sé ha tutti i requisiti per la candidatura, ma dopo il sopralluogo di quest’oggi, ho scoperto che ha un asso nella manica non indifferente: il coinvolgimento e la partecipazione da parte della comunità civatese e non, nella gestione dell’edificio dimostrata: dai volontari che oggi ci hanno guidato nel sopralluogo che hanno dimostrato di essere lì non perché erano presenti delle autorità, ma perché sono lì da sempre, ma soprattutto lo dimostra questo auditorium affollato. L’iter che dovremo affrontare con l’Unesco sarà lungo e tortuoso, passeranno anni prima che i diversi stati si riuniscano per prendere una decisione definitiva, ma siamo consapevoli che dovremo impegnarci a fondo per dimostrare loro il valore della Chiesa di San Pietro e le motivazioni per cui dovrebbe entrare a far parte dell’Unesco”.

Un iter lungo e tortuoso dunque, ma   la Chiesa di San Pietro al Monte ha tutte le carte in regola per poterlo affrontare e concluderlo, si spera, nel migliore modo possibile, entrando a far parte della lista dei patrimoni dell’Unesco.